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Giovanni Pascoli e l’incanto della natura della poesia “Il bosco”

In occasione della Giornata europea di sensibilizzazione contro gli incendi boschivi, vi proponiamo “Il bosco”, una bellissima poesia in cui Giovanni Pascoli descrive un ambiente incantevole, quasi magico.

“Il bosco”, scritta da Giovanni Pascoli e contenuta nella raccolta “Myricae” (1903), è una poesia che ha qualcosa di magico: in essa, l’autore descrive un ambiente a dir poco ammaliante, pregno di odori, di colori vivaci, e perfino di creature mitologiche che ricordano le atmosfere shakespeariane di “Sogno di una notte di mezza estate”.

Si tratta, nello specifico, di un sonetto composto da 2 quartine e 2 terzine di endecasillabi piani, caratterizzati dalla musicalità delle rime incrociate.

È proprio in occasione della Giornata europea di sensibilizzazione contro gli incendi boschivi, che vogliamo condividere con voi questa incantevole poesia di Giovanni Pascoli, per ricordarci che i boschi sono luoghi fondamentali per la nostra vita, non solo per il loro ruolo nel benessere ambientale, ma anche per la loro bellezza intrinseca, che ha ispirato miti, leggende e capolavori artistici e letterari di ogni genere.

Il bosco di Giovanni Pascoli

O vecchio bosco pieno d’albatrelli,
che sai di funghi e spiri la malìa,
cui tutto io già scampanellare udìa
di cicale invisibili e d’uccelli:

in te vivono i fauni ridarelli
ch’hanno le sussurranti aure in balìa;
vive la ninfa, e i passi lenti spia,
bionda tra le interrotte ombre i capelli.

Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
or sì or no, che se il desìo le vinca,
l’occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.

Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
viva sempre nè fior della pervinca
e nelle grandi ciocche dell’acacia.

Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia agiata. Il padre, Ruggiero, è fattore presso una delle tenute dei principi di Torlonia. La famiglia è molto numerosa: Giovanni è, infatti, il quarto di dieci figli.

L’infanzia di Giovanni trascorre in modo abbastanza sereno fino al 10 agosto 1867, quando una tragedia colpisce la casa: mentre torna dal mercato di Cesena, il padre di Giovanni Pascoli viene ucciso da alcuni spari. Comincia così un periodo di tristezza e difficoltà economiche, culminato con il trasferimento a San Mauro e poi a Rimini, dove il fratello maggiore di Giovanni ha trovato un ottimo lavoro.

Intanto, però, i lutti si susseguono rapidamente: nel 1868 muoiono la madre e la sorella maggiore, nel ’71 il fratello Luigi, nel ’76 Giacomo. Nonostante le grandi difficoltà economiche, Giovanni Pascoli riesce a completare i suoi studi classici e ad iscriversi alla facoltà di lettere con una borsa di studi all’Università di Bologna.

Gli anni universitari sono un po’ turbolenti: il giovane partecipa a manifestazioni socialiste contro il governo e nel 1979 viene arrestato. La permanenza per qualche mese in carcere segna il definitivo distacco dalla militanza politica.

Da questo momento in poi, Giovanni Pascoli si dedica esclusivamente alla poesia e alla sua famiglia, in particolare alle due sorelle Ida e Mariù, con cui vive a Massa dal 1884, per ricostruire il nido familiare distrutto dai lutti. Nel 1887 la famiglia si trasferisce a Livorno, dove Giovanni Pascoli ottiene l’incarico di insegnante.

Le nozze di Ida e un nuovo incarico, stavolta come insegnante all’Università, stravolgono un’altra volta la vita del poeta, che si trasferisce con Mariù prima a Bologna e poi a Messina, dove ottiene l’incarico di professore di latino nell’ateneo siciliano. Nel 1905, infine, viene nominato professore di letteratura italiana all’Università di Pisa, sostituendo il suo stesso maestro, Giosuè Carducci.

Gli ultimi anni sono per Pascoli anni schivi e impegnati soprattutto nella scrittura. È ormai un poeta noto agli italiani. Scrive discorsi pubblici e componimenti patriottici. Muore il 6 aprile 1912 a causa di un tumore allo stomaco.

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