Febbraio di Giuseppe Ungaretti è una poesia che mette in scena attraverso i grandi quesiti che il poeta si pone nei confronti di che cosa sia la morte, il senso della ciclicità della vita e che il “gran silenzio” sia solo un momento di passaggio verso la rinascita.
Una poesia di grande significato esistenziale, perché in fondo dà voce ad un grande sentimento religioso, ovvero che possa esserci qualcosa che conduce ad esistenza, seppur diversa rispetto a come noi immaginiamo all’apparenza. Il mese di febbraio diventa il contesto metaforico che stimola il poeta alla riflessione sul vero senso della vita e della morte.
Febbraio è una poesia che fa parte della raccolta Il taccuino del vecchio di Giuseppe Ungaretti, pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore nel 1960. In realtà la poesia è una parte di un meta racconto poetico che ha come titolo Ultimi cori per la terra promessa, in cui il poeta sembra fare il bilancio della propria vita per affrontare temi importanti come la fragilità dell’uomo, la solitudine, la nostalgia per l’innocenza che solo la morte riuscirà a restituire. L’inverno sembra il tema dominante della raccolta.
Leggiamo adesso questa poesia di Giuseppe Ungaretti per viverne l’atmosfera di febbraio e apprezzare la sensibilità del suo autore.
Febbraio di Giuseppe Ungaretti
Ogni anno, mentre scopro che Febbraio
è sensitivo e, per pudore, torbido,
Con minuto fiorire, gialla irrompe
La mimosa. S’inquadra alla finestra
Di quella mia dimora d’una volta,
Di questa dove passo gli anni vecchi.
Mentre arrivo vicino al gran silenzio,
Segno sarà che niuna cosa muore
Se ne ritorna sempre l’apparenza?
O saprò finalmente che la morte
Regno non ha che sopra l’apparenza?
Nessuna cosa è destinata a morire
Febbraio è una poesia di Giuseppe Ungaretti che, in coerenza con la raccolta di cui fa parte, che spinge a riflessioni di grande significato filosofico, ci offre un grande messaggio di speranza e di rinascita.
Il poeta scrive la poesia in età ormai matura, siamo negli anni ’50 del secolo scorso, e come molte volte accade in questa fase della vita, i quesiti insorgono su cosa sia la vita e su cosa ci sarà dopo la morte. I dilemmi iniziano a diventare evidenti in tantissime persone, e neppure Ungaretti è scevro da questi dubbi, anzi vi s’immerge profondamente inj termini filosofici e religiosi.
La fine della vita è qualcosa che rende fragili, è inutile dirlo, pone quesiti, dubbi, timori e Giuseppe Ungaretti con Febbraio dona sensazioni di speranza, offrendo nella poesia un’immagine tangibile che in natura ogni cosa è ciclica e destinata a rinascere.
Ungaretti inizia la poesia individuando nel mese di febbraio, il momento ideale per “immaginare” cosa possa essere la morte e riflettere sulla sua essenza. “Febbraio è sensitivo” ovvero riesce a dare espressione alla fragilità dell’emotività e riesce a percepire i lati più profondi della sensibilità umana.
Non dimentichiamo che febbraio è il mese in cui l’inverno raggiunge il suo culmine, per poi dare spazio all’arrivo della primavera. In questo mese in cui si arriva al punto più buio, in relatà ci si prepara alla rinascita primaverile.
“Febbraio” è pudico e torbido, timido e insicuro, proprio come l’uomo che si approccia alla fine della vita. Il timore prende il sopravvento e si diventa fragili. Ungaretti si identifica in quel momento della sua vita, fa coincidere la meteorologia del mese più freddo dell’anno, con il suo stato d’animo. Ma non c’è tristezza in lui, non c’è paura, ma un lampo si accende nel suo pensiero.
Con minuto fiorire, gialla irrompe
La mimosa.
Come per incanto Ungaretti in quel clima tipico dell’inverno dalla finestra della casa d’infanzia vede fiorire la mimosa. Quel fiore giallo irrompe nel grigiore del freddo mese offrendo la sensazione che una nuova vita prende forma. L’albero infatti fiorisce ogni anno a febbraio e nella riflessione del poeta diventa il simbolo della rinascita e della ciclicità che ogni essere vivente sembra avere. In chiara contrapposizione con quell’immagine del contesto invernale che sembra invece offrire il senso della fine.
L’immagine della finestra della casa dell’infanzia che adesso è diventata il luogo dove il poeta vive la sua età matura, collega in modo chiaro il passato al presente. La mimosa che fioriva era presente quando era giovane e anche adesso, testimoniando di una continuità nonostante il passare degli anni, del tempo.
E il poeta continua affermando che mentre arriva agli ultimi anni di vita, “vicino al gran silenzio”, è evidente che la natura ci dona un messaggio che nessuna cosa muore, tutto ritorna sempre in vita. la rinascita e il concetto ciclico della vita diventano evidenti nei versi del poeta.
Segno sarà che niuna cosa muore
Nel verso successivo “E Se ne ritorna sempre l’apparenza?” esprime un dubbio esistenziale profondo, ciò che sembra scomparire, in realtà ritorna sempre sotto una nuova forma? Ovvero la natura gli esprime qualcosa che è evidente, ma il dilemma dell’uomo nei riguardi della morte non possono che lasciare aperta la domanda, nell’essere fonte di dubbi.
Giuseppe Ungaretti conclude la poesia in mondo magico. Legandosi ai versi precedenti il poeta dice:
O saprò finalmente che la morte
Regno non ha che sopra l’apparenza?
Dalle sue parole sembra rafforzare ciò che diceva prima riguardo alla vera natura della morte. Ungaretti sembra suggerire che la morte non abbia potere assoluto, ma possa agire solo su ciò che è visibile, sull’apparenza.
Se tutto ciò che esiste si trasforma e ritorna in altre forme, come la mimosa che rifiorisce ogni anno, allora forse la morte non è definitiva, ma colpisce solo ciò che vediamo, senza toccare l’essenza più profonda della vita.
Quindi, la morte seguendo il suo ragionamento non è che un momento di passaggio e il suo dominio sull’umanità è limitato all’aspetto esteriore delle cose, mentre qualcosa di più profondo e sensibile continua ad esistere.
Giuseppe Ungaretti non lo dice in modo affermativo, nessun umano può avere la certezza riguardo alla fine e a cosa sarò dopo, ma il pensiero che ci dona non può che essere un dono di speranza.