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Perché dobbiamo leggere Catullo per capire il rapporto fra odio e amore

Perdutamente innamorato della sua Lesbia, ma anche ferito e vulnerabile, Catullo ci racconta il conflitto insanabile fra amore e odio

Odi at amo. Ti odio e ti amo. Davvero l’odio è il compagno inevitabile dell’amore? Gli uomini si interrogano sulla natura dell’amore e la sua fenomenologia sin dall’antichità. E l’odio ritorna in ogni epoca, come compagno e nemico dell’amore, come sua manifestazione e come sua negazione. Impossibile, ad esempio, non citare il celeberrimo carme 85 del poeta latino Catullo, forse l’epigramma più noto di tutto il suo Liber

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così e mi tormento.

Catullo, il primo poeta d’amore

Il carme 85 di Catullo è un testo emblematico di tutta la poetica catulliana. Qui, il poeta condensa in soli due versi l’intera esperienza amorosa nei confronti di Lesbia. E ribadisce l’importanza assoluta dell’amore e della passione in contrapposizione con il mos maiorum della società romana, ovvero l’austerità dei costumi. Catullo è, infatti, il primo poeta latino a mettere l’amore e la passione al centro di tutta la sua poetica, ispirandosi a Callimaco e agli Alessandrini in generale. Poeta d’amore per antonomasia, Catullo canta la travolgente passione per l’infedele Lesbia (pseudonimo di Clodia), scavando nel profondo dei sentimenti e mettendo a nudo la propria anima. Ed è, proprio nel sentiero accidentato dell’amore, che Catullo scopre quel binomio fra amore e odio, anticipato nella mitologia greca dalla lotta fra Eros e Thanatos (amore e morte). 

Perché odiamo in amore

Chi ama davvero, mette in gioco sé stesso, rendendosi estremamente vulnerabile. In amore, “la posta in gioco siamo noi”, afferma Umberto Galimberti nel suo libro “Le cose dell’amore“, edito da Feltrinelli. L’aggressività che si manifesta nella passione amorosa è “il riflesso dello stato di pericolo in cui versa la persona che ama”. La persona amata, infatti, acquista un straordinario potere su chi ama, di fronte al quale l’innamorato si sente sempre più indifeso e vulnerabile. L’odio nasce, dunque, dal tentativo disperato di riscattarci dalla nostra dipendenza, “una dipendenza che sentiamo lesiva della nostra dignità”, continua Umberto Galimberti.

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Il conflitto insanabile fra amore e odio

Allo stesso modo, l’amore di Catullo si trasforma in odio, nel momento in cui il poeta capisce di essere stato tradito, ferito, di essere vulnerabile di fronte a Lesbia e al suo stesso sentimento d’amore. L’odio, continua Galimberti, “è una realtà, da cui ci difendiamo con il potere di ferire colui che ha turbato la nostra serenità, derubato della nostra dignità”. Solo quando si ama, infatti, si odia veramente, perché l’odio è la risposta alla minaccia dell’amore. A esprimere questo conflitto insanabile fra amore e odio è un altro componimento di Catullo, il carme 8, quando il poeta sembra deciso a lasciarsi per sempre alle spalle il suo amore ostinato per Lesbia. 

Povero Catullo, smetti di impazzire
e ciò che vedi perduto, consideralo perduto.
Un tempo brillarono per te splendidi soli,
quando andavi dove ti conduceva la ragazza
amata da noi quanto nessuna sarà amata mai.
Là si facevano molti giochi
che tu volevi e che la ragazza non disdegnava.
Brillarono per te davvero splendidi soli.
Ormai ora quella non vuole: anche tu, impotente, non volere,
e non inseguirla se fugge, non vivere infelice,
ma con mente ostinata sopporta, resisti.
Addio, ragazza, Catullo ormai resiste,
non ti cercherà né pregherà te che lo rifiuti.
Però tu soffrirai, quando non sarai pregata.
Disgraziata, guai a te. Che vita ti rimane?
Chi ti si avvicinerà ora? A chi sembrerai bella?
Chi amerai ora? Di chi dirai di essere?
A chi darai baci? A chi morderai le labbra?
Però tu, Catullo, ostinato, resisti.

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