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“Il discorso sulla pace”, la poesia di Prévert che parla di pace e guerra

“Il discorso sulla pace” di Jacques Prévert è un’irriverente poesia che mette in luce i lati oscuri della politica e parla, in pochi versi, della guerra e dei motivi per cui essa esiste.

Quando Jacques Prévert scriveva le sue poesie, amava non solo celebrare l’amore, la natura, la bellezza e le emozioni umane, ma anche creare dei versi giocosi e irriverenti per esprimere forti messaggi di dissenso. “Le discours sur la paix”, conosciuta in italiano come “Il discorso sulla pace”, è una di queste poesie: metricamente e stilisticamente elaborata, ricca di immagini e figure retoriche, “Il discorso sulla pace” evidenzia l’ipocrisia dei politici, che fanno bei discorsi sulla pace e in verità si dedicano alla guerra per il denaro.
Leggiamola insieme.

Il discorso sulla pace

Verso la fine di un discorso estremamente importante
il grande statista incespicando
davanti al vuoto di una bella frase
ci casca dentro
e smarrito con la bocca spalancata
ansimante
mostra i denti
e la carie dentaria dei suoi pacifici ragionamenti
mette a nudo il nervo della guerra
la delicata questione di denaro.

La politica e l’azione

“Il discorso sulla pace” è incisivo già a partire dal titolo. Ci immagineremmo dei versi incentrati sulla bellezza della pace, o quantomeno sull’inutilità e la violenza della guerra. Ci aspetteremmo parole spese per difendere la vita dell’uomo e ripudiare il conflitto. E, in più, penseremmo di andare incontro ad un lungo componimento, un vero e proprio discorso. Invece ci troviamo dinanzi a versi che, apparentemente, hanno poco o nulla a che fare con la pace, in cui non si parla di alti valori e che sono, tra l’altro, brevi e concisi.

Prévert ama giocare con le sue poesie, e ama usare la sua maestria per fare satira o per veicolare messaggi sociali. In questo breve componimento, ci imbattiamo nella figura di un uomo, sicuramente una personalità politica importante, che sta concludendo il suo discorso sulla pace. Proprio mentre pronuncia le parole conclusive, l’uomo “incespica […] davanti al vuoto di una bella frase e ci casca dentro”.

Cosa sono i bei discorsi se poi non si trasformano in azioni concrete? Rimangono soltanto parole vuote, belle, ma assolutamente vuote. E infatti, da questo punto si sviluppa il punto focale della poesia, che mostra un uomo annientato dallo stesso vuoto della frase pronunciata, bloccato con la bocca spalancata che svela i denti non curati e la carie profonda. A questo punto, mostrando la dentatura in un gesto che ha qualcosa di animalesco, cerca di rimettersi in sesto e mascherare l’imbarazzo. Sorride.

È in questo momento che l’uomo “mette a nudo in nervo della guerra”, il motivo per cui tutte le guerre esistono e non hanno fine facilmente: il denaro, la speculazione, gli interessi di qualcuno che guadagna sulla pelle degli innocenti. Una poesia lucida, che mostra come sia contraddittorio il mondo in cui viviamo.

Jacques Prévert

Nato a Neuilly-sur-Seine nel 1900, Jacques Prévert si mostra sin da piccolo amante della letteratura e dell’arte in generale. Conduce un’infanzia tranquilla con la sua famiglia, e dopo il servizio militare si trasferisce a Parigi, al 54 di Rue del Château a Montparnasse, dove insieme al fratello ospita gli incontri del movimento surrealista.

L’intensa attività teatrale, congiunta a quella cinematografica, lo rendono famoso anche fuori dalla Francia. Collabora con fotografi e artisti del calibro di Picasso e Mirò, e si dedica instancabilmente alla sua produzione artico-letteraria anche dopo l’incidente avvenuto nel 1948, quando cade accidentalmente dalla finestra di casa. La sua poetica, legata soprattutto al concetto di amore come unica forza in grado di salvare il mondo, ha ispirato gli intellettuali di ogni parte del mondo e mescola i temi del simbolismo al linguaggio e al ritmo comune. Muore nel 1977.

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