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“Conchiglia” (1926), la poesia estiva di García Lorca che celebra i residui della nostra infanzia

I bambini riescono a vedere cose che a noi adulti sfuggono. "Conchiglia" di Federico García Lorca ci invita a ritrovare questa capacità perduta.

Una conchiglia: nulla di più semplice e naturale; nulla di più quotidiano, soprattutto in estate. È forse uno degli oggetti più comuni che esistano. Nella sua poesia, Federico García Lorca ci invita a ritrovare una capacità che abbiamo lasciato atrofizzare dentro di noi crescendo: quella di saper guardare al reale con occhi sempre nuovi, aperti alla bellezza e alla vita immaginaria.

Conchiglia” è tratta dalla raccolta Canciones (1927), che in versione italiana si può ritrovare all’interno del volume che ingloba l’opera omnia del poeta: “Tutte le poesie“, edito da Garzanti con traduzione curata da Carlo Bo.

“Conchiglia” di Federico García Lorca

A Natalita Jiménez

M’hanno portato una conchiglia.

Le canta dentro
un mare di carta
Il mio cuore
si colma d’acqua
con pesciolini
d’ombra e d’argento.

Mi hanno portato una conchiglia.

Il testo originale in spagnolo

A Natalita Jiménez

Me han traído una caracola.

Dentro le canta
un mar de mapa.
Mi corazón
se llena de agua
con pececillos
de sombra y plata.

Me han traído una caracola.

Il mondo dentro a una conchiglia

Federico García Lorca compone “Conchiglia” nel 1926, durante il suo soggiorno presso la Residencia de Estudiantes di Madrid. La dedica a Natalita Jiménez, giovanissima figlia del direttore della residenza.

In effetti, l’armonioso flusso vocale che si avverte leggendo la poesia ad alta voce, così come il piccolo oggetto che ne è protagonista, rimandano alle filastrocche, alle cantilene, al mondo dei bambini e agli universi fantasiosi che essi riescono a creare attraverso la loro mente ancora aperta a tutte le possibilità.

“Conchiglia”, quindi, è prima di tutto un inno all’infanzia, ma anche a ciò che resta di essa dentro di noi quando cresciamo.

Leggendo i versi ci accorgiamo della peculiare forma di cui l’autore si è servito: “Mi hanno portato una conchiglia”, parole semplici e quotidiane come quotidiano è il gesto raccontato, avvolge il corpo del componimento come a voler proteggere il meraviglioso mondo che si schiude dentro la conchiglia: i “pesciolini d’ambra e d’argento” nuotano in un mare dolce che si versa anche nel cuore del poeta.

Protagonisti assoluti della poesia, infatti, sono proprio la “caracola” e il cuore, che in fondo un po’ si somigliano: nella loro forma, nell’essere guscio che protegge le cose fragili, nel cantare con un ritmo morbido, costante, scandendo gli attimi che abbiamo a disposizione.

Federico García Lorca

Federico García Lorca nasce a Fuente Vaqueros, in Andalusia, il 5 giugno 1898 da una famiglia agiata. Da giovane, trascorre un’infanzia spensierata sul piano intellettuale ma travagliata su quello fisico: Federico è molto cagionevole e si ammala spesso.

Studia a Granada, dove si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e passa poi a quella di lettere. In questo periodo, il giovane García Lorca si interessa soltanto alle lettere, all’arte e alla musica, sua grande passione sin da quando il padre gli ha fatto conoscere il pianoforte in tenera età.

Nel 1919, si trasferisce a Madrid per proseguire gli studi. Qui incontra intellettuali del calibro di Luis Buñuel e Salvador Dalí. A questo periodo risalgono le prime fatiche letterarie del giovane, che nel 1920 pubblica il “Libro des poemas” e mette in scena per la prima ed ultima volta “El maleficio de la maríposa”, un dramma teatrale che non ha il successo sperato.

Seguono altri esperimenti letterari che spaziano dalla poesia al genere teatrale, e inseguono la via del surrealismo. L’età adulta è, per Federico García Lorca, un periodo fatto di alti e bassi, in cui spesso si trova faccia a faccia con la depressione dovuta principalmente all’impossibilità di vivere con serenità la sua omosessualità.

È l’esperienza statunitense che, a partire dal 1930, ridà linfa vitale all’esistenza del poeta: interfacciandosi con la società e la cultura d’oltreoceano, si rende conto della disparità che esiste nel mondo e matura la consapevolezza della necessità di un nuovo mondo, più giusto ed equo nei confronti di tutti, indistintamente.

Anche durante il periodo trascorso a Cuba, García Lorca riesce a vivere piuttosto serenamente. Le nuove amicizie e gli impegni letterari lo tengono occupato e gli fanno sentire meno il peso dell’esistenza.

Rientrato in Spagna nel 1930, il poeta intraprende il progetto del teatro popolare ambulante e continua a scrivere e pubblicare opere di successo fino alla morte, avvenuta nel 1936 a causa della sua appartenenza politica. L’intellettuale viene infatti fucilato e gettato in una fossa comune dalle forze franchiste.

Con la dittatura, l’intera produzione del poeta viene messa al bando. È solo con la morte di Franco, nel 1975, che García Lorca ritorna finalmente nell’olimpo della letteratura spagnola.

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