Agosto di Federico García Lorca, poesia sul valore della terra e dell’infanzia

30 Luglio 2025

Scopri la magia di agosto grazie ai versi di Federico García Lorca, un inno poetico alla terra, al raccolto e all’infanzia, tra simboli, luce e sapori dell’estate.

"Agosto" di Federico García Lorca, poesia sul valore della terra e dell'infanzia

Agosto di Federico García Lorca è una poesia che riesce a racchiudere la potenza simbolica dell’estate come tempo sospeso, sacro e sensoriale. Non è soltanto una stagione calda, ma un momento in cui la natura mostra la sua pienezza e i bambini, ancora immersi nella magia dell’immaginazione, ne colgono l’essenza più profonda.

Con immagini che mescolano luce, frutti, cibo e sogno, Lorca ci guida in un viaggio poetico tra campi di mais e lune da mordere, tra pane scuro e zucchero, tra sole-nocciolo e pannocchie sorridenti, restituendo dignità alla terra e incanto all’infanzia.

Questa poesia è molto più di una semplice descrizione stagionale: è un ritratto lirico dell’origine, un inno all’identità contadina e al potere immaginifico dei più piccoli, capaci di nutrirsi ancora di luna e meraviglia.

Agosto fa parte della raccolta di poesie Canciones (1921-1924) di Federico García Lorca pubblicata per la prima volta nel 1927. Il libro fu composto dal poeta tra la Residencia de Estudiantes di Madrid e la sua casa di famiglia ad Asquerosa, due spazi esplorati in tutta l’opera: i suoi versi intraprendono un viaggio lirico dalla tradizione rurale andalusa della sua infanzia al movimento d’avanguardia che visse a Madrid e che lo influenzò profondamente.

Leggiamo quewsta intensa poesia di Federico García Lorca per coglierne la magia dei versi e interpretarne il significato.

Agosto di Federico García Lorca

Agosto.
Controluce a un tramonto
di pesca e zucchero.
E il sole all’interno del vespro,
come il nocciolo in un frutto.

La pannocchia serba intatto
il suo riso giallo e duro.

Agosto.
I bambini mangiano
pane scuro e saporita luna.

 

Agosto, Federico García Lorca 

Agosto.
Contraponientes
de melocotón y azúcar,
y el sol dentro de la tarde,
como el hueso en una fruta.

La panocha guarda intacta
su risa amarilla y dura.

Agosto.
Los niños comen
pan moreno y rica luna.

Splendore e gusto di agosto

Agosto è una poesia di Federico García Lorca riesce a fondere corpo e natura, realtà e sogno, facendo esplodere la densità simbolica della stagione estiva. È una poesia breve solo in apparenza. Ogni verso è denso, cesellato come un frutto maturo. Lorca riesce a evocare la profondità dell’estate non solo come stagione naturale, ma come esperienza dell’anima.

Il suo linguaggio, fatto di immagini concrete e simboli arcani, si muove tra i sensi e il mito. Questa poesia è un piccolo rito, una preghiera pagana alla dolcezza del tempo che si consuma, alla bellezza che si fa cibo, e alla magia che solo gli occhi dei bambini sanno ancora riconoscere.

Non siamo davanti a una poesia descrittiva in senso tradizionale, bensì a un’opera che si affida a una poetica della condensazione: l’immagine prevale sulla narrazione, il simbolo sulla spiegazione. Lorca scrive con la luce, con la frutta, con il pane e con la luna, come se fossero pennelli e pigmenti vivissimi. Ogni parola contiene una tensione tra ciò che si vede e ciò che si sente, tra il calore reale e quello emotivo, tra la concretezza del raccolto e la magia del nutrimento immaginario.

Siamo nell’universo della poesia pura, dove il “duende”, l’energia poetica viscerale e misteriosa tanto cara a Lorca, si manifesta nel modo più semplice eppure profondissimo. Agosto non è solo un mese: è un rito, un momento mitico in cui si coglie l’apice della natura e si intuisce la sua futura caduta.

La realtà rurale andalusa si intreccia con l’universo favoloso del paesaggio estivo, in una visione in cui infanzia e archetipo coincidono. Come nei quadri di Chagall o nei sogni ad occhi aperti dei bambini, anche qui il tempo si scioglie, si fa dolce e denso come zucchero fuso.

Agosto, dunque, è una poesia da leggere non solo con gli occhi, ma con la bocca, con la pelle, con il naso e con l’anima. È un’esperienza dove ogni senso viene coinvolto in un abbraccio caldo e malinconico, come quello del tramonto sulla fine dell’estate.

Il mese che matura l’estate

Federico García Lorca apre la poesia con una sola parola, “Agosto”, isolata. Non è un semplice riferimento temporale, ma un incantesimo. “Agosto” diventa soggetto e protagonista, evocato come una creatura viva, densa di sensazioni e riti. L’isolamento grafico dà al verso un valore epifanico: è l’apparizione improvvisa di un tempo assoluto, carico di simboli.

Non dimentichiamo che Agosto è il cuore dell’estate: tempo del raccolto, della maturazione, ma anche dell’attesa di un declino imminente. Lorca lo tratteggia con reverenza quasi mitica.

Il tramonto non è solo luce, ma luce “di pesca e zucchero”, ovvero una luce che sa di frutta e dolcezza, che ha consistenza, colore e sapore. Il controluce evoca il confine, il passaggio tra giorno e notte, ma anche tra visibile e invisibile. Lorca usa immagini alimentari per materializzare la luce: la trasforma in cibo, in dolcezza tangibile. Pesca e zucchero rimandano a un’estate calda, molle, quasi decadente, ma anche alla sensualità dei sensi, all’infanzia, alla dolcezza naturale della terra andalusa.

Il sole è racchiuso dentro il vespro,  non è più luce che irradia, ma cuore interno, nocciolo caldo. L’immagine è potente e dolcissima: il sole è nascosto nella sera così come un nocciolo è contenuto nella polpa del frutto.

Il giorno non muore, ma si interiorizza nella notte. Il vespro è dolce come una pesca, ma anche fragile: il tempo si stringe intorno a un nucleo incandescente, ultimo fuoco prima della notte. È anche un’immagine di profonda trasformazione: dalla luce piena al buio, dal frutto maturo al nocciolo, simbolo della fine ma anche del seme che potrà rinascere.

Lorca trspoerta il lettore in una scena rurale concreta: la pannocchia, simbolo del raccolto, custodisce ancora i suoi chicchi. Quel “riso giallo e duro” è sia descrizione fisica (i chicchi duri del mais) sia trasfigurazione poetica: il riso della pannocchia è riso della terra, gioia silenziosa della maturità non ancora colta.

C’è un senso di sospensione: il raccolto è pronto ma non ancora raccolto. Agosto diventa così simbolo del tempo in bilico, in cui la pienezza è ancora trattenuta, quasi per pudore o rispetto della ciclicità naturale. L’aggettivo “duro” allude anche a una forza arcaica, a un’energia primitiva conservata nella natura.

Il ritorno ad Agosto dell’ultima strofa crea un ritornello quasi liturgico. È un’eco, una campana che richiama la percezione del tempo. La poesia è costruita come una composizione musicale: ogni strofa è una variazione sul tema dell’“Agosto”, inteso come tempo sospeso, materico, mitico.

L’immagine conclusiva è tra le più suggestive dell’intera lirica. I bambini mangiano pane scuro, che rappresenta il nutrimento reale, concreto, umile. Ma mangiano anche la “saporita luna” , un’immagine fantastica, che sovrappone la realtà al sogno.

Il pane scuro è legato alla terra, alla fatica, alla ruralità. La luna, invece, è simbolo del mistero, del femminile, dell’irraggiungibile che si fa cibo. Solo i bambini possono, nella loro purezza e immaginazione, nutrirsi della luna come se fosse reale. Questo verso fonde infanzia e mito, fame e sogno, realtà e fantasia. È una chiusura aperta, che lascia il lettore in uno stato di stupore e leggerezza.

Chi è Federico García Lorca

Federico García Lorca nasce a Fuente Vaqueros, in Andalusia, il 5 giugno 1898 da una famiglia agiata. Da giovane, trascorre un’infanzia spensierata sul piano intellettuale ma travagliata su quello fisico: Federico è molto cagionevole e si ammala spesso.

Studia a Granada, dove si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e passa poi a quella di lettere. In questo periodo, il giovane García Lorca si interessa soltanto alle lettere, all’arte e alla musica, sua grande passione sin da quando il padre gli ha fatto conoscere il pianoforte in tenera età.

Nel 1919, si trasferisce a Madrid per proseguire gli studi. Qui incontra intellettuali del calibro di Luis Buñuel e Salvador Dalí. A questo periodo risalgono le prime fatiche letterarie del giovane, che nel 1920 pubblica il “Libro des poemas” e mette in scena per la prima ed ultima volta “El maleficio de la maríposa”, un dramma teatrale che non ha il successo sperato.

Seguono altri esperimenti letterari che spaziano dalla poesia al genere teatrale, e inseguono la via del surrealismo. L’età adulta è, per Federico García Lorca, un periodo fatto di alti e bassi, in cui spesso si trova faccia a faccia con la depressione dovuta principalmente all’impossibilità di vivere con serenità la sua omosessualità.

È l’esperienza statunitense che, a partire dal 1930, ridà linfa vitale all’esistenza del poeta: interfacciandosi con la società e la cultura d’oltreoceano, si rende conto della disparità che esiste nel mondo e matura la consapevolezza della necessità di un nuovo mondo, più giusto ed equo nei confronti di tutti, indistintamente.

Anche durante il periodo trascorso a Cuba, García Lorca riesce a vivere piuttosto serenamente. Le nuove amicizie e gli impegni letterari lo tengono occupato e gli fanno sentire meno il peso dell’esistenza.

Rientrato in Spagna nel 1930, il poeta intraprende il progetto del teatro popolare ambulante e continua a scrivere e pubblicare opere di successo fino alla morte, avvenuta nel 1936 a causa della sua appartenenza politica. L’intellettuale viene infatti fucilato e gettato in una fossa comune dalle forze franchiste.

Con la dittatura, l’intera produzione del poeta viene messa al bando. È solo con la morte di Franco, nel 1975, che García Lorca ritorna finalmente nell’olimpo della letteratura spagnola.

© Riproduzione Riservata