Agli amici di Primo Levi è una poesia piena di umanità, un inno all’amicizia, alla fratellanza, alla condivisione e a tutti quei sentimenti ed emozioni che l’esperienza di vita ci dona nello stare insieme alle persone che si vogliono bene. versi che esaltano il legame che unisce ognuno di noi al suo prossimo.
La poesia può considerarsi un tributo spontaneo che lo scrittore ha voluto dedicare per l’appunto ai suoi cari e che costituisce un dolce congedo da loro.
Agli amici è datata 16 dicembre 1985 e fa parte della sezione Altre poesie (settembre 1984 – gennaio 1987) della raccolta di poesie Ad ora incerta di Primo Levi. La poesia è stata pubblicata su La Stampa e in Racconti e saggi, editrice La Stampa, Torino, 1986.
Leggiamo questa meravigliosa poesia di Primo Levi per esaltarne i valori e coglierne il significato.
Agli amici di Primo Levi
Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purché fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.Dico per voi, compagni d’un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L’anima, l’animo, la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo
Prima che s’indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l’impronta
Dell’amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.
Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l’augurio sommesso
Che l’autunno sia lungo e mite.
Agli amici di Primo Levi: una poesia sull’amicizia, la memoria e il tempo che ci trasforma
Agli amici di Primo Levi è una delle riflessioni più intense che la letteratura italiana ci ha donato. Nei suoi versi, l’autore di Se questo è un uomo ci accompagna in un viaggio emotivo tra relazioni, ricordi e segni indelebili lasciati dagli altri nella nostra vita.
Una poesia che parla di legami, di umanità condivisa e della bellezza discreta dell’autunno dell’esistenza. In questo articolo analizziamo il testo, il suo significato e l’eredità di un poeta che ha saputo raccontare il dolore e la speranza con la stessa limpidezza.
Ciò che colpisce di questa poesia è il continuo rimando al legame che unisce e plasma ogni uomo. Versi a dir poco meravigliosi, che oggi più che mai risuonano nei nostri cuori.
C’è tanto bisogno di iniziare a guadare al prossimo come “amico”, come “fratello”. Siamo in un’epoca in cui la divisione sembra emergere come il valore più evidente. Ma ogni divisione per sua definizione toglie spazio alla reciproca conoscenza, alle emozioni, al bisogno naturale che ogni umano ha nel completarsi con l’altro per migliorare se stesso.
La lezione di questa poesia sembra non aver lasciato il segno, ma guardando al futuro con il dovuto ottimismo pensiamo, pensiamo che anche questi stupendi versi possono contribuire nel creare il cambiamento sperato.
Analisi della poesia “Agli amici” di Primo Levi: un inno all’amicizia e alla memoria
Non ci sono parole per descrivere quanto sia bella e profonda questa poesia. Se pensiamo, poi, che l’autore l’ha fatta recapitare ad ognuno dei suoi “amici”, ci rendiamo conto di come i versi che abbiamo letto siano espressione di un sentire personale ed intimo.
Agli amici è uno degli ultimi componimenti scritti da Primo Levi. In esso si avvertono tutte le tensioni che hanno caratterizzato anche le opere in prosa: l’esperienza del dolore della deportazione, l’amore per i classici della letteratura – Dante fra tutti -, l’importanza del legame con l’altro.
Fra rimandi alle Scritture, in particolare al libro del Qoelet, e riutilizzo del lessico dantesco, infatti, Primo Levi ospita in questi versi un saluto speciale per gli amici, e si preoccupa di spiegare che con tale termine non intende solo una cerchia di persone privilegiate, ma chiunque abbia incrociato il suo cammino e percorso un po’ di strada con lui.
L’amicizia è qualcosa di più
Già dai primi versi, Primo Levi amplia il concetto della parola “amicizia” per includere una vasta gamma di persone: familiari, compagni di scuola, conoscenti occasionali. A prevalere per l’autore è il significato del legame autentico che si crea tra le persone.
Purché fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.
Lo scrittore torinese evidenzia la “corda” che simboleggia il legame umano, anche fugace, che contribuisce a generare un legame emozionale.
Un appello ai compagni di cammino
Primo Levi continua rivolgendosi a coloro che hanno condiviso con lui il percorso della vita, riconoscendo le difficoltà affrontate insieme. L’esperienza della resistenza, della reclusione nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, con le sensazioni di non poter più tornare a casa, di non avere salva la vita.
In tal senso, l’appello dell’autore è anche a chi ha perso la speranza, sottolineando l’universalità dell’esperienza umana:
Dico per voi, compagni d’un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L’anima, l’animo, la voglia di vita.
L’impronta indelebile del campo di sterminio
Nei versi successivi, l’autore riporta alla memoria in cui in quanto ebreo, insieme agli altri compagni di reclusione, si ritrova segnato con un numero, “Quando ognuno era come un sigillo.”
Primo Levi suggerisce che nessuno esce indenne da un’esperienza simile: tutti sono memoria vivente di ciò che gli altri sono stati reciprocamente.
Dell’amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.
Le brutte esperienze vissute insieme finiscono inevitabilmente per segnare la vita per sempre. Si diventa parte dell’altro, si partecipa per sempre ad un’esperienza in cui il destino finisce inevitabilmente per connettere per sempre.
L’esperienza dei deportati, così come coloro che ancora oggi sono costretti a vivere l’amare esperienza della persecuzione, della privazione, della detenzione, della sofferenza, della paura di perdere da un momento all’altro la vita finisce per segnare e legare in modo assoluto per tutta la vita.
Quando tutto ritorna alla normalità e alla vita
Finita quella tragica esperienza, malgrado i ricordi, la memoria che accompagna per sempre, quelle donne e uomini possono finalmente godere dell'”autunno” della vita, ovvero la fase della maturità che accompagna alla fine naturale dei giorni terreni.
Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l’augurio sommesso
Che l’autunno sia lungo e mite.
Adesso ogni giorno vissuto diventa un dono. E Primo Levi augura la cosa più bella “Che l’autunno sia lungo e mite.” Questo augurio sommesso rivela il desiderio di pace e dignità per sé e per gli altri dopo un tempo di orrore. È anche una forma di resistenza contro l’oblio e contro il rischio che la storia si ripeta.
Chi è Primo Levi
Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio 1919, da una famiglia di origini ebraiche sefardite. Il padre, ingegnere elettronico, lavora lontano da casa ma, pur essendo praticamente assente nella vita del figlio, gli infonde la passione per le scienze e la letteratura. Trascorre un’infanzia tranquilla, eccezion fatta per i problemi di salute che arrivano di frequente. Si iscrive al ginnasio e poi all’università, portando a termine il percorso di studi in chimica e laureandosi nel 1941.
A questo punto, la Storia entra prepotente nell’esistenza di Primo Levi, un giovane con tutta la vita davanti. Come tante altre persone innocenti, anche lui viene deportato in uno dei campi di concentramento ideati da Hitler. Prima viene mandato a Fossoli, uno dei due campi esistenti in Italia. Poi, viene trasferito a Buna-Monowitz-Auschwitz, dove resterà fino al 26 febbraio 1945, giorno in cui avviene la liberazione dei detenuti superstiti dal campo.
Ciò che permette a Primo Levi di sopravvivere alle sofferenze – fisiche e morali – di cui è testimone ogni giorno, è proprio la laurea in chimica. Il giovane, infatti, viene adoperato in qualità di “specialista” in una fabbrica di gomma. Al termine di questa terribile esperienza, l’uomo torna in Italia dopo un viaggio estenuante – raccontato nel libro “La tregua” – e sente l’urgenza di dover comunicare a tutti ciò che ha visto e provato durante gli anni di detenzione. Dalla penna di Primo Levi è uscito, così, “Se questo è un uomo”, un capolavoro della letteratura mondiale che è stato tradotto in moltissime lingue e ha commosso chiunque lo abbia letto.
Così, Levi ha continuato a scrivere e scrivere, raccontando le sue esperienze ma rendendole universali. “La tregua”, “Il sistema periodico”, “I sommersi e i salvati”, “L’ora incerta” sono solo alcune delle opere che ha scritto esplorando, sempre con successo, diversi generi letterari ma non riuscendo mai a superare del tutto la terribile sofferenza vissuta ad Auschwitz.
Muore l’11 aprile 1987 nell’atrio del palazzo in cui ha sempre vissuto.