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Si dice “direttore” o “direttrice” d’orchestra? La risposta della Crusca

Direttore o direttrice? La musicista Beatrice Venezi sul palco dell'Ariston aveva chiesto ad Amadeus di chiamarla con il termine al maschile, dividendo il pubblico. Qual è la forma corretta? La risposta da parte dell'Accademia della Crusca.

“Chiamatemi direttore d’orchestra e non direttrice”. Con questa dichiarazione sul palco di Sanremo il giovane direttore (o direttrice?) d’orchestra Beatrice Venezi ha fatto parlare di sé sul palco dell’Ariston e ha diviso i social. C’è infatti chi l’ha contestata per aver perso un’occasione di dare visibilità alle rivendicazioni delle donne sulla parità di genere. Altri invece hanno apprezzato la sua capacità di non lasciarsi condizionare dal politically correct. E’ giusto in questo caso dire direttore o direttrice? A distanza di giorni, ecco la risposta dell’Accademia della Crusca.

Direttore o direttrice? La risposta dell’Accademia della Crusca

La questione di come denominare le donne che rivestono ruoli o svolgono professioni un tempo appannaggio esclusivo (o quasi) degli uomini è un tema che ricorre spesso sulle pagine dei giornali e nei dibattiti sui social, ogni tanto rinfocolati da qualche episodio mediatico o da certe dichiarazioni di personaggi pubblici (uomini o donne che siano), e probabilmente è destinata a durare ancora.

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L’Accademia se ne è occupata diverse volte, nelle risposte pubblicate sulle pagine del servizio di Consulenza e in varie altre occasioni. Torniamo a trattarne, “a grande richiesta” (come si dice nel mondo dello spettacolo), dopo che Beatrice Venezi ha preteso e ottenuto di essere presentata da Amadeus, al 71° Festival di Sanremo, come “direttore d’orchestra” e non come “direttrice d’orchestra” (fatto già commentato, in varie sedi, anche da autorevoli linguisti). Ma parleremo anche della scelta tra maestro del coro e maestra del coro e, più in generale, dell’uso di maestro o maestra come allocutivi, indirizzati appunto a chi opera in ambito musicale.

L’uso di direttrice e maestra

Iniziamo col dire che tanto direttrice quanto maestra sono nomi femminili attestati già nell’italiano antico: maestra (come si ricava dal corpus OVI) si documenta, a fine Duecento, nei Fiori e vita di filosafi e d’altri savi e d’imperadori (1272-1275), in cui la storia è detta “maestra de la vita”; nel Libro dell’entrata e dell’uscita di una Compagnia mercantile senese degli anni 1277-1282, che parla di 14 denari dovuti “a la maestra rimendatrice per rimendatura de li panni”; nel fiorentino Bono Giamboni, che nel suo Libro de’ Vizî e delle Virtudi si rivolge più volte alla Filosofia personificata con l’allocutivo “Maestra de le (o delle) virtudi (o virtude)”. Quanto a direttrice, nel senso di ‘colei che dirige, che guida’, si incontra (nella forma diritricie o dirittricie) in un testo degli anni 1318-1320, il Reggimento e costumi di donna di Francesco da Barberino (cfr. la voce del TLIO).

L’appropriatezza dell’uso

E’ giusto quindi dire direttore o direttrice? Ecco la risposta definitiva. “Dunque, la questione non sta nella correttezza grammaticale delle forme maestra e direttrice (che è fuori discussione) ma nell’appropriatezza del loro uso in certe espressioni e in certi contesti. In effetti non di rado tra nomi maschili e corrispondenti nomi femminili si è avuto uno squilibrio e l’uso dei femminili è stato considerato improprio o inopportuno per indicare certe cariche o certe funzioni per molto tempo occupate quasi esclusivamente da uomini, tanto che alcune delle stesse donne che oggi le ricoprono percepiscono il femminile come una sorta di deminutio (a volte, effettivamente, è usato per tale scopo da giornalisti maschilisti) e preferiscono essere indicate con il maschile.

Così segretaria è decisamente raro, nel campo politico e sindacale, come femminile di segretario di partito o segretario di un sindacato; lo stesso si può dire, in ambito universitario, per direttrice come femminile di direttore di dipartimento o di direttore generale, come pure per professoressa ordinaria invece di professore ordinario.

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Dunque, anche il retroterra storico legittima l’uso del femminile, che va certamente consigliato (e invitiamo senz’altro a farlo), ma che tuttavia non può essere imposto a chi, come Beatrice Venezi, lo ritiene (sia pure a torto) riduttivo e preferisce essere indicata con la forma maschile. Non è vero che il maschile sia, come lei ha detto, “il nome preciso” della sua professione.”

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