Relazioni tossiche: le parole da sapere per riconoscere un legame tossico

15 Giugno 2025

Quando le parole fanno male: con il contributo di Babbel e della psicoterapeuta Valentina Trespi scopriamo il linguaggio delle relazioni tossiche per accendere i riflettori sulle dinamiche disfunzionali

Relazioni tossiche le parole da sapere per riconoscere un legame tossico

Se i primi segnali delle relazioni tossiche partono dalle parole, occorre conoscerle per prevenire problemi che possono sfociare in tragedia. Le dinamiche relazionali sono molto complesse, influenzate da percezioni individuali e interpretazioni uniche: ciascuno vive le proprie storie di amicizia, d’amore e i legami familiari attraverso un bagaglio emotivo soggettivo. Proprio questa soggettività rende difficile, soprattutto dall’interno, riconoscere i segnali di un legame tossico.

Quando il controllo si traveste da premura, quando un consiglio diventa invasivo o quando un gesto speciale arriva con un secondo fine, la tossicità può insinuarsi senza clamore, ma lasciare segni profondi.

Il linguaggio delle relazioni tossiche

Babbel, l’app che promuove la comprensione reciproca attraverso le lingue, insieme a Valentina Trespi, Psicologa e Psicoterapeuta, ha analizzato il linguaggio legato alle relazioni tossiche con l’obiettivo di accendere i riflettori sulle dinamiche disfunzionali – sia a livello amoroso che tra amici e in famiglia. Lo scopo è aiutare a riconoscere e affrontare i comportamenti manipolatori, liberarsi da modelli relazionali dannosi e promuovere legami più rispettosi e consapevoli.

Dalle “scimmie volanti” alle “mura di pietra”: le forme di manipolazione di amici e amanti

Negli ultimi anni, numerosi termini inglesi sono entrati nel linguaggio quotidiano per descrivere dinamiche disfunzionali, aiutandoci a riconoscerle, tanto in noi stessi quanto negli altri. Secondo Sofia Zambelli di Babbel, nonostante le relazioni tossiche non rappresentino certo una novità, la terminologia che le circonda ha una genesi spesso più recente, legata al mondo del web.

Molti di questi concetti emergono infatti da nuove modalità di interazione, nate o ampliate in particolare attraverso piattaforme online o nelle app di incontri e poi analizzate e commentate anche sui social. Inoltre, alcuni termini hanno assunto nuove accezioni e connotazioni, proprio a causa della loro crescente diffusione sui social media.

1. love bombing: letteralmente “bombardamento d’amore”, si tratta di una forma di abuso psicologico ed emotivo che si manifesta in numerosi modi tra cui, per esempio, lodi ed adulazioni eccessive, una comunicazione esagerata del proprio affetto e regali non necessari ed indesiderati. Lo scopo di questo comportamento manipolatorio – talvolta messo in atto consapevolmente, altre volte inconsapevolmente – è conquistare la persona “amata” ed instaurare una forte dipendenza.

Dopo una fase iniziale di “luna di miele”, in cui può risultare difficile individuare il confine tra affetto genuino e manipolazione. Questo apparente romanticismo, in realtà, è spesso il preludio a forme di manipolazioni più gravi come il “gaslighting” (un meccanismo che induce la vittima a dubitare della propria memoria, percezione e lucidità mentale con espressioni del tipo “sei troppo sensibile” e “sei sicur* che sia andata davvero così?”) e l’abuso domestico per mantenere la relazione.

2. negging: consiste nel fare critiche mascherate da complimenti o battute ambigue, apparentemente scherzosi ed innocenti, con l’obiettivo di destabilizzare l’autostima dell’altra persona e renderla più insicura e vulnerabile al controllo di chi li formula, il cosiddetto “negger”. Un esempio potrebbe essere la frase “non pensavo che ci saresti riuscita, invece mi hai stupito”.

3. future faking: è un’altra forma di manipolazione in una relazione, specialmente amorosa, il cui significato letterale è “fingere il futuro”. Chi la mette in atto promette un futuro ideale insieme che comprende, per esempio, matrimonio, figli, casa, viaggi o altri progetti condivisi, senza però avere alcuna reale intenzione di realizzarlo. Si crea così un legame illusorio, alimentando aspettative che vengono sempre puntualmente deluse. La vittima resta così intrappolata in una narrazione idealizzata della relazione, confondendo promesse vuote con autenticità emotiva.

4. stonewalling: la parola deriva da “stone wall” (“muro di pietra”). Nelle dinamiche relazionali fa riferimento al rifiuto di comunicare o interagire in una conversazione o durante un conflitto ed al conseguente ostruzionismo emotivo; in altre parole, si erige un muro metaforico invisibile che impedisce il flusso della comunicazione tramite escamotage come il silenzio oppure risposte vaghe e sintetiche.

5. flying monkeys: le “scimmie volanti” sono persone come familiari, amici o anche conoscenti che agiscono, spesso senza rendersene conto, in difesa dell’abusante: in altre parole, manipolano, colpevolizzano o fanno pressione sulla vittima quando questa tenta di prendere le distanze dal/dalla proprio/a partner, contribuendo a mantenerla “intrappolata” in un ciclo tossico. Il termine è un chiaro riferimento al “Mago di Oz” in cui le scimmie eseguono gli ordini della Strega Cattiva dell’Ovest: allo stesso modo, queste persone svolgono il “lavoro sporco” per conto dell’abusante.

6. indoor relationship e pocketing: con relazione “indoor” (“all’interno di casa”) si indica un legame affettivo che viene vissuto prevalentemente tra le mura domestiche. Non è di per sé tossico, ma può diventarlo se la scelta di vivere la relazione in modo isolato non è reciproca. In questi casi può sfociare nel “pocketing”, il comportamento di una persona che evita attivamente di presentare il proprio partner nella sfera sociale, confidando la relazione in una dimensione esclusivamente privata come se la “si tenesse in tasca”.

7. fauxapology: gli esperti di Babbel evidenziano come questo termine sia una “parola macedonia” (“portmanteau”) che unisce “faux” (dal francese, “falso”) e “apology” (dall’inglese, “scusa”). Si riferisce ad una “finta scusa”, ovvero una richiesta di perdono solo apparente, che manca di reale responsabilità o sincerità e viene spesso usata per evitare il conflitto, piuttosto che per rimediare davvero ad un errore. Fa parte di quelle strategie relazionali in cui il pentimento è solo di facciata e per questo motivo si può considerare un comportamento manipolatorio.

8. orbiting / smear campaign / hoovering: questi termini rappresentano sfumature diverse delle dinamiche che possono emergere alla fine di una relazione. Il concetto di orbiting (“orbitare”) descrive una situazione in cui una persona mantiene una connessione superficiale (spesso esclusivamente digitale) attraverso like fugaci, visualizzazioni o altre forme di “attenzione digitale”, senza però instaurare un vero contatto.

La “smear campaign” è invece una vera e propria “campagna diffamatoria” contro l’ex partner, finalizzata a screditarlo diffondendo informazioni false o tendenziose. Infine, il cosiddetto “hoovering” (dal verbo inglese “to hoover”, aspirare) indica un tentativo di “risucchiare” di nuovo l’ex nella relazione, spesso tramite promesse vuote o appelli emotivi, senza la reale intenzione di cambiare.

Le relazioni familiari: quando il legame diventa sbilanciato con confini “sfocati” e “sharenting” sui social media

Come sottolinea la psicoterapeuta Valentina Trespi, spesso si commette l’errore di pensare che le relazioni tossiche riguardino solo l’area sentimentale, quando in realtà coinvolgono anche le relazioni familiari. L’intimità familiare, infatti, viene spesso vissuta come uno spazio dove “tutto è permesso”, ma per il benessere psicologico è fondamentale saper riconoscere (e rispettare) i confini.

1. toxic enmeshment: si tratta di una condizione in cui i confini tra genitori e figli diventano sfocati, con una forte dipendenza emotiva e ruoli confusi, un vero e proprio “coinvolgimento tossico”. È il caso, ad esempio, della “mamma-confidente”, una dinamica in cui il genitore assume un ruolo amicale che può compromettere l’autonomia emotiva dei propri figli. Il prefisso “toxic” sottolinea il fatto che, anche se il legame può sembrare affettuoso o “molto unito” dall’esterno, in realtà può ostacolare la crescita personale e l’autonomia emotiva dei propri figli.

2. emotional dumping: un’altro comportamento critico è quello dell’“emotional dumping” (“scaricamento emotivo”), che si verifica quando una persona riversa tutte le proprie emozioni negative – paura, frustrazione e rabbia – su un altro membro della famiglia (spesso più empatico o vulnerabile), senza preoccuparsi dell’effetto che questo può avere. A lungo andare, il dumping emotivo può logorare il rapporto e creare forti squilibri relazionali.

3. sharenting: questo neologismo formato dalle parole “sharing” (“condividere”) e “parenting” (“essere genitori”) indica la pratica dei genitori di pubblicare sui social foto, video o informazioni riguardanti i propri figli, condividendo con i follower momenti della loro crescita. Se da un lato nasce da un desiderio di condivisione o orgoglio, dall’altro può violare la privacy del minore, costruendogli un’identità digitale non scelta e potenzialmente ingombrante nel futuro. Lo sharenting solleva inoltre interrogativi importanti legati a limiti, consenso e tutela dell’immagine dei più piccoli.

“Individuare dei nomi per le dinamiche che sottendono le relazioni tossiche aiuta ad identificare e stanare questi meccanismi, per riconoscerli anche nel nostro quotidiano; essi diventano qualcosa su cui riflettere, ci fanno accendere delle lampadine con le quali possiamo guardare meglio dentro le nostre relazioni e, in alcuni casi, possiamo fare una riflessione sulla salute dei nostri legami e sul nostro benessere” dichiara Valentina Trespi, Psicologa e Psicoterapeuta.

Conoscere queste parole non è solo un esercizio linguistico, ma uno strumento di consapevolezza. Saper dare un nome a ciò che si vive – o che si vede intorno – è il primo passo per disegnare relazioni più sane, equilibrate e rispettose. In caso di disagio personale o relazionale, è importante ricordare che esistono professionisti qualificati a cui rivolgersi, come psicologi, psicoterapeuti e centri di supporto psicologico, per ricevere aiuto concreto, sicuro e personalizzato.

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