La creazione di neologismi e la diffusione di nuove parole sono fenomeno che evidenziano chiaramente la dinamicità e la creatività di una lingua. Soprattutto negli ultimi anni ne abbiamo sentiti e letti davvero tanti, anche di strani e bizzarri, perché sembra proprio che oltre ai linguaggi settoriali che richiedono la coniazione di nuove parole, anche i nuovi media e i comuni cittadini siano sempre più portati a introdurre neologismi nel lessico quotidiano anziché usare o cercare parole già ben codificate.
Vediamo un po’ quali sono le dinamiche più comuni per far si che una parola nasca e si diffonda nella lingua d’uso o nei vari settori specialistici.
Neologismi: parole segno della vitalità della lingua
La necessità di introdurre una nuova parola può avere molteplici motivi: la richiesta di nominare nuovi oggetti o azioni, di rendere un testo più espressivo e incisivo o semplicemente per distinguersi e risultare originali. Tuttavia, la nascita di una nuova parola non ne garantisce automaticamente il successo, dato che l’uso costante è fondamentale per la sua affermazione.
Le nuove parole possono essere create combinando elementi già esistenti nella lingua, come nel caso delle parole composte con prefissi o suffissi (ad esempio “antivirus” o “ospitalità”), tramite il cambiamento di categoria grammaticale (ad esempio participi usati come sostantivi, come “successo” o “insegnante”) oppure con il cambiamento del significato di una parola già esistente (un esempio è “rete” nel contesto informatico).
Anche se è importante utilizzare elementi già presenti nella lingua e rispettare le regole di formazione delle parole, ciò non basta per assicurare che un neologismo si radichi nell’uso quotidiano. Spesso vediamo nascere nuove parole che sono legate a prodotti specifici o campagne pubblicitarie di breve durata, il che le rende effimere e incapaci di affermarsi nel linguaggio comune. Un esempio è la pubblicità di un’auto descritta come “comodosa, risparmiosa”. Sebbene “risparmioso” sia ancora abbastanza diffuso, “comodoso” non ha avuto lo stesso successo, diremmo per fortuna.
Anche i linguaggi specialistici contribuiscono alla creazione di neologismi, molti dei quali rimangono confinati a determinati ambiti, mentre solo pochi riescono a diffondersi nella comunicazione quotidiana e diventare parte della lingua comune.
I contatti tra diverse lingue e dialetti, in particolare con l’inglese al giorno d’oggi, facilitano l’introduzione di dialettismi e forestierismi, che arricchiscono il vocabolario.
Nella seconda metà del XX secolo, l’interesse verso i neologismi si è concentrato maggiormente sulla loro registrazione piuttosto che sulla loro censura puristica. Di conseguenza, sono stati creati molti repertori di neologismi, soprattutto negli ultimi decenni. I criteri principali per la compilazione di questi repertori si basano sull’inclusione di parole che si sono ormai stabilite o che hanno il potenziale per radicarsi nella lingua, accompagnate da documenti che ne attestano la prima apparizione.
Tuttavia, è evidente che le difficoltà maggiori riguardano proprio la determinazione della prima attestazione e il modo e i tempi in cui una parola si integra nella lingua d’uso. Mentre per le parole “d’autore” la questione è facilmente risolvibile, per i forestierismi, i dialettismi e le espressioni dei linguaggi settoriali è più complicato stabilire una data precisa, come dimostrano le frequenti retrodatazioni che seguono la pubblicazione di raccolte di neologismi.
Anche la questione della “durata” di uno status di neologismo è complessa: a volte parole percepite come nuove esistevano già, ma erano rimaste in ombra o limitate a certi contesti, per poi riemergere con una nuova diffusione.