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Perché si dice “coprifuoco”, il significato della parola

Tornato, purtroppo, di forte attualità negli ultimi giorni, scopriamo il significato della parola coprifuoco e la sua origine

La parola “coprifuoco” è tornata di forte attualità, con la decisione in Lombardia, Lazio e Campania di vietare la circolazione in città dalle ore 23 alle ore 5 del mattino. Un provvedimento preso per combattere il diffondersi della pandemia di coronavirus e contrastare la seconda ondata di contagi. Ma perché si utilizza la parola coprifuoco? Qual è il suo significato e la sua origine?

L’origine medievale della parola coprifuoco

Il divieto di uscire durante le ore della sera e della notte per motivi di ordine pubblico deriva il proprio nome da un’usanza medioevale. Questa prevedeva che, a una determinata ora della sera, il rintocco di una campana o lo squillo di una tromba segnalasse agli abitanti di una città l’obbligo di soffocare il fuoco sotto la cenere. Questo era, infatti, il modo più semplice per spegnere il fuoco senza generare fumo. “Coprire il fuoco” era quindi una misura precauzionale per evitare incendi accidentali. Allo stesso modo, in età moderna, poteva scattare l’ordine di rientrare tutti a casa dopo una certa ora.

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Il coprifuoco oggi

Con il termine coprifuoco si indica oggi un ordine imposto solitamente dalle autorità statali e/o militari a tutti i civili e a tutti coloro che non hanno un determinato permesso rilasciato dalle autorità, consistente nell’obbligo di restare nelle proprie abitazioni durante le ore notturne. Il termine, prima di quest’anno, era utilizzato principalmente durante le guerre, per esempio nel caso di rischio di bombardamenti e non necessariamente di notte. Oggi viene purtroppo impiegato quando per motivi di ordine pubblico: le autorità dispongono che chiunque non abbia un permesso sia tenuto a rimanere nella propria abitazione per non incorrere in sanzioni.

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