“Lupus in Fabula” è un espressione di origine latina che ha una collocazione nel linguaggio comune ben precisa. Il suo stesso impiego attraversa i secoli, arrivando fino ai giorni nostri. Umberto Eco ha voluto alludere a questa locuzione intitolando il suo celebre saggio del 1979 Lector in fabula, che non ha un significato particolare in italiano.
Nonostante si tratti di un’espressione molto utilizzata e comune, probabilmente non tutti conoscono l’origine e il significato di questo modo di dire.
Cosa significa “Lupus in Fabula”
L’espressione Lupus in Fabula viene comunemente utilizzata per indicare l’arrivo inaspettato di qualcuno di cui si stava precedentemente parlando. Originariamente il modo di dire indicava l’arrivo di una persona che impediva il proseguimento del discorso. La locuzione si riferisce al fatto che nelle favole si descriveva il lupo come un animale cattivissimo, tanto che la sua presenza faceva ammutolire le persone.
Un suo corrispondente è l’altra locuzione altrettanto famosa “parli del diavolo, e spuntano le corna”. Un’interpretazione più “colta” lo fa risalire alla credenza degli antichi romani, per cui l’essere visti dal lupo portasse alla perdita della parola.
L’origine del modo di dire
L’espressione Lupus in Fabula è comunemente riferita alla frequenza del lupo all’interno delle favole di Esopo, da cui ha origine la traduzione usuale ma inesatta “il lupo nella favola”. La locuzione prende origine dal fatto che nelle favole si descriveva il lupo come un animale cattivissimo, tanto che la sua presenza faceva ammutolire le persone. Il lupo è infatti un personaggio ricorrente nella narrativa popolare e in particolare del genere fantasy. Appare soprattutto nei racconti che hanno scopo di ammonimento, come rappresentazione simbolica del male e del pericolo da cui guardarsi e tenersi alla larga.
Fra le fiabe che in maggior misura hanno fissato l’immagine del lupo cattivo nella cultura popolare troviamo Cappuccetto Rosso, Il lupo e i sette capretti, I tre porcellini e, nel mondo slavo, Pierino e il lupo. Quest’immagine si riconduce a una più antica tradizione di identificazione del lupo con il male, che dalle favole di Esopo arriva fino a San Francesco d’Assisi e al mito del licantropi.
In verità, troviamo questa espressione anche in tante altre opere: essa si trova in Terenzio (Adelphoe IV, 1, 21), e in forma poco diversa in Plauto, poi in Cicerone (ad Att. XIII, 33: de Varrone loquebamur: lupus in fabula venit enim ad me) per indicare il fatto che il sopraggiungere di una persona tronca il discorso che si stava facendo, con allusione alla credenza che quando qualcuno è veduto per primo dal lupo, perda la favella (cfr. Virg., Ecl. IX, 53: vox quoque Moerim Iam fugit ipsa: lupi Moerim videre priores «anche la voce stessa ha fuggito Meri: i lupi hanno visto per primi Meri»).
L’espressione Lupus in Fabula fu utilizzata anche da Leonardo da Vinci, a cui è attribuita questa frase: Ancora si dice il lupo avere potenza, col suo sguardo, di fare alli omini le voci rauche; da qui deriva anche il detto popolare ha veduto il lupo o è stato guardato dal lupo, per indicare chi ha la voce fioca per il freddo o altro.
Perché diciamo così
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