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Lingua italiana: si scrive “innanzi tutto” o “innanzitutto”?

Scopriamo tramite questo articolo se secondo le norme della lingua italiana è più corretta la grafia "innanzitutto" o la grafia "Innanzi tutto".

La lingua italiana è ricca di espressioni che, per diffusione e uso quotidiano, a volte nascondono una storia interessante e sollevano questioni linguistiche tutt’altro che banali. Una di queste è “innanzitutto”, avverbio comunemente utilizzato per introdurre l’elemento prioritario di un discorso, equivalente a espressioni come anzitutto, in primis, prima di tutto. La sua forma può però generare incertezza: è corretto scrivere “innanzitutto” come parola unica, oppure anche separato “innanzi tutto”?

Una questione grafica comune nella lingua italiana: unito o separato?

La forma più comune oggi è “innanzitutto”, univerbata. Questa è anche la grafia preferita dai principali dizionari contemporanei della lingua italiana, come il Vocabolario Treccani, lo Zingarelli e il Devoto-Oli, che la indicano come forma standard.

Tuttavia, la versione “innanzi tutto” — con le due parole scritte separatamente — non è da considerarsi errata. Si tratta infatti di una variante meno usata, ma comunque corretta, che mette in evidenza l’origine etimologica e sintattica dell’espressione.

Il punto, quindi, non è tanto se una forma sia giusta e l’altra sbagliata, ma piuttosto quale delle due sia diventata di uso corrente e stilisticamente più accettata nella lingua scritta. E su questo non ci sono dubbi: oggi si preferisce la forma unita “innanzitutto”, più compatta, fluida e coerente con l’evoluzione dell’italiano contemporaneo.

Origine e significato

La parola “innanzitutto” deriva dalla locuzione “innanzi tutto”, cioè prima di ogni altra cosa. Il termine innanzi ha origini antiche: risale al latino volgare in antea, poi diventato inanti o inanzi, con il significato di “prima”, “davanti”, “precedentemente”. Si tratta quindi di un avverbio di tempo e luogo che, unito a tutto, esprime la priorità assoluta di qualcosa rispetto ad altro.

Il significato dell’espressione è chiaro e inequivocabile: serve a introdurre l’elemento che ha maggiore importanza, urgenza o rilevanza in un discorso. È quindi usato in apertura di enunciati in forma argomentativa, elencativa o discorsiva. Ad esempio:

Innanzitutto, vorrei ringraziarvi per essere qui.

Dobbiamo pensare innanzitutto alla sicurezza dei cittadini.

Innanzitutto, è importante chiarire un punto fondamentale.

Sinonimi e contesto d’uso

Nel discorso scritto e parlato, “innanzitutto” trova spazio accanto a numerosi sinonimi, che condividono sfumature di significato e funzione:

Anzitutto

Prima di tutto

In primo luogo

Per prima cosa

Primariamente

In primis (espressione latina più formale)

Ognuno di questi può essere impiegato con maggiore o minore solennità, a seconda del contesto. “Innanzitutto” si colloca in una zona intermedia: è formale quanto basta, ma non eccessivamente aulico, e può essere usato con naturalezza sia in un saggio universitario sia in una lettera professionale, sia in una conversazione quotidiana.

All’opposto, possiamo considerare antagonisti semantici di “innanzitutto” espressioni come:

In secondo luogo

Poi

Dopo

Infine

Da ultimo

Questi servono a marcare una progressione o una successione logica, laddove “innanzitutto” segna la priorità assoluta.

Un’evoluzione naturale nella lingua

Come spesso accade nella lingua italiana, ciò che un tempo era una locuzione formata da più parole tende con il tempo a fondersi in una sola. È il caso, ad esempio, di ogni volta che diventato ogniqualvolta, oppure di a poco a poco che si trasforma in poco a poco. Lo stesso processo interessa innanzi tutto, che diventa con l’uso innanzitutto.

Questa evoluzione risponde a criteri di economia linguistica: si cerca una forma più agile, sintetica, facilmente riconoscibile e pronunciabile. È il segno della vitalità della lingua, che si modella sulle esigenze della comunicazione.

Quando usare “innanzi tutto”?

Nonostante sia ormai in minoranza, la grafia innanzi tutto è ancora impiegata da alcuni scrittori, soprattutto in contesti letterari o filosofici, dove si voglia sottolineare l’aspetto temporale dell’avverbio innanzi. È una scelta stilistica che può servire a dare un tono più arcaico o solenne. Ad esempio:

“Innanzi tutto, dobbiamo interrogarci sul senso del tempo stesso”.

In questi casi, la forma separata mantiene una sfumatura riflessiva, e richiama la provenienza colta della locuzione.

La parola “innanzitutto” rappresenta un esempio di come la lingua italiana si evolva nel tempo, trasformando espressioni sintagmatiche in forme lessicali compatte. Oggi, la forma unita è la più diffusa e raccomandata, ma non per questo innanzi tutto deve essere bollata come errore. Anzi, riconoscerne la legittimità e la storia aiuta a comprendere la ricchezza e la profondità del nostro vocabolario.

Saper scegliere tra le due forme, con consapevolezza del contesto e dello stile, significa esercitare quell’attenzione linguistica che è alla base di una comunicazione precisa, efficace e culturalmente consapevole. E, innanzitutto, significa amare la lingua per la sua meravigliosa complessità.

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