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Interiezione, il corretto uso e gli errori da evitare

L'interiezione, o esclamazione, è una parte della grammatica e della lingua italiana che usiamo tutti, sia nel linguaggio orale che in quello scritto. Ma sappiamo adoperarla correttamente?

Nel linguaggio comune, ci capita spesso di utilizzare espressioni come  “mah”, “oh”, “alt!”: nella lingua italiana, tali parole rientrano nella categoria “interiezione”. Ma siamo proprio sicuri di saper usare queste parole nel modo corretto? qual è la loro classificazione corretta? Scopriamolo di seguito.

Cos’è un’interiezione

L’interiezione o esclamazione è una parola invariabile della grammatica italiana che esprime una reazione improvvisa dell’animo (di gioia, dolore, sorpresa, diffidenza, sdegno: ah, oh, mah, ecc.) o manifesta, perlopiù accompagnata da gesti, un ordine (alt!), una preghiera (deh!), un saluto (salve!), un richiamo (senti!).

Graficamente, è spesso seguita da un punto esclamativo o da un punto interrogativo, quando si voglia indicare una reazione di meraviglia, perplessità, incredulità (eh?, davvero?) o quando abbia funzione fàtica (pronto?, si?, come?). Foneticamente, ogni interiezione ha una sua intonazione caratteristica; anzi, la stessa sequenza può cambiare radicalmente significato a seconda della curva prosodica con cui è pronunciata. Si pensi, per l’italiano, alla diversa realizzazione di eh in “eh, via!”, che esprime rimprovero, e in “eh, può darsi!”, che indica una risposta dubitativa.

Distinguiamo tra le interiezioni primarie, che hanno sempre e soltanto valore interiettivo (ohibò!, bah, sciò, ecc.), e le interiezioni secondarie, parti del discorso autonome che possono essere usate anche con questa funzione e che possono, se aggettivi o verbi, modificarsi a seconda del genere o del numero (aggettivi: bravo!, brava!, bravi!, brave!; avverbi: fuori!; sostantivi: guai!; verbi: andiamo!, guarda!, guardate!).

L’interiezione, primaria e secondaria, è alla base delle locuzioni interiettive, costituite da più parole (ahi me misero!) o anche da un’intera frase (Signore, aiutaci tu!).

Una caratteristica comune di ogni interiezione consiste nella loro capacità di realizzare il significato di una frase intera. Immaginiamo un insegnante che voglia ridurre al silenzio una scolaresca irrequieta: tamburella col palmo della mano sul tavolo, lancia occhiate severe alla classe e poi dice irritato: “Beh?”.

Se volessimo sostituire questa espressione così semplice eppure così eloquente – sarebbe giocoforza ricorrere ad altre interiezioni (“Allora?”, “Dunque?”; o anche, con intonazione imperativa: «Zitti!», «Silenzio!», «Basta!»), oppure a una frase verbale (ad esempio: “Volete finirla?”, “Finitela con questo chiasso!”, “Adesso sono proprio stufo!”, есс.).

Un altro tratto distintivo delle interiezioni è il loro impiego nel discorso diretto. In quello indiretto, possono essere citate so- lo precedute da un articolo e, se sono scritte, vanno di norma inserite tra virgolette o stampate in corsivo: “mutar lor canto in un ‘oh!’ lungo e roco” (Dante, Purgatorio, V 27); “Renzo arrivò tutto trionfante, fece il suo rapporto, e terminò con un ahn? interiezione che significa: sono o non sono un uomo io? si poteva trovar di meglio? vi sarebbe venuta in mente? e cento cose simili” (Manzoni, I Promessi Sposi, VI 57).

Interiezione: alcuni esempi d’uso

Mentre per le interiezioni secondarie ogni lingua ha la propria storia, molte interiezioni primarie che riproducono espressioni elementari di sentimenti o situazioni comuni sono quasi universali. Ad esempio, “ah!” viene usato per esprimere sorpresa o dolore. Tuttavia, non bisogna generalizzare. Anche tra due lingue molto vicine, sia storicamente che geograficamente, possono esserci notevoli differenze nel sistema delle interiezioni. Ad esempio, il francese e l’italiano concordano nell’uso di “bah”, ma si differenziano nelle interiezioni di richiamo (l’italiano non ha le forme “hé!”, “hem!”, “hep!”, che sono proprie del francese familiare).

Alcune interiezioni, specialmente quelle secondarie, hanno un valore abbastanza stabile in qualsiasi contesto d’uso: “zitto!”, “avanti!”, ma anche “puah!”, “uff!”. Altre, esprimendo un’emozione generica, si adattano a molte situazioni. Ad esempio, “ah” nei Promessi Sposi, come in qualsiasi altro testo moderno, può indicare vari sentimenti:

a) Rimprovero: “Ah figliuola! è una scappata grossa, me l’avete fatta” (capitolo VI, pagina 39);
b) Ira: “Ah cane! – urlò Renzo” (capitolo II, pagina 46);
c) Sorpresa: “Ah! – esclamò, arrossendo e tremando, fino a questo segno!” (capitolo II, pagina 59);
d) Desiderio: “Ah! se potessi, pensava il povero frate, se potessi tirar dalla mia i miei frati di qui, que’ di Milano!” (capitolo V, pagina 6);
e) Tristezza: “Ah! vedo che i miei ultimi anni ho da passarli male!” (capitolo XXIV, pagina 30);
f) Soddisfazione: “Ah! ci siamo” (capitolo III, pagina 24);
g) Conclusione: “Ah! è morto dunque! è proprio andato! – esclamò don Abbondio” (capitolo XXXVIII, pagina 18).

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