Se diciamo a qualcuno “si’ ’na meza cazetta” (ovvero lo accusiamo di essere una mezza calzetta) di certo non gli stiamo facendo un complimento o un attestato di stima. Con questa espressione ci riferiamo infatti a una persona incapace, priva di competenze, di scarso valore, mediocre dal punto di vista fisico, intellettuale o professionale. Scopriamo meglio l’origine e il significato di una di questo modo di dire che usiamo quotidianamente durante la vita di tutti i giorni.
Cosa significa “Essere una mezza calzetta”
I lettori campani, napoletani in particolare, dovrebbero conoscere benissimo questo modo di dire. Esso è riferito a una persona di scarsissimo valore e competenza in un determinato campo, che, però, presuntuosamente (e con arroganza) si ritiene importantissima e affatto esperta. Di “mezze calzette” sono piene le scuole, gli uffici e le aziende. Ognuno di noi, quindi, è stato o sta “in contatto” quotidianamente con questi figuri.
L’origine del modo di dire
Ma perché la locuzione dovrebbe essere conosciuta soprattutto in Campania? Semplice, perché sembra che questo modo di dire sia nato a Napoli. Quando tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento vennero di moda, per le donne, le calze di seta poche potevano permettersele perché il loro prezzo era altissimo. Furono così inventate – sembra nel Napoletano, appunto – un surrogato: le “mezze calzette”. Queste calze erano molto più “abbordabili” perché di seta avevano solo la parte inferiore, il resto era di semplice cotone, che, però, restava “nascosto” grazie alla lunghezza delle gonne. L’espressione è passata, in seguito, a indicare – con uso metaforico – una persona di poco valore e presuntuosa, insomma, una… “mezza calzetta”.
Alcuni studiosi sostengono che l’espressione sia nata a Milano: noi vogliamo credere al proverbiale ingegno dei napoletani e alla loro innata capacità di trovare sempre espedienti, spesso geniali.
Tirare le calze, tirare le cuoia
E a proposito di calze, come non ricordare l’espressione – per la verità di uso prettamente popolare – “tirare le calze”, vale a dire morire? Non avete mai sentito dire: “Poverino, dopo tanto soffrire ha tirato le calze”? In locuzioni del genere – si intuisce – le calze stanno per “gambe”, con chiara allusione ai movimenti convulsi (delle gambe) che possono compiere alcune persone mentre esalano l’ultimo respiro.
Ed a proposito di modi di dire “funebri”, il tirare le calze è molto simile nel significato al sicuramente più celebre “tirare le cuoia”: Anche questa espressione, d’ambito d’uso familiare con sfumatura spregiativa, viene usata come sinonimo di morire. Le cuoia
sono la forma plurale femminile di cuoio, sostantivo maschile usato propriamente per indicare la pelle conciata di alcuni animali e, con significato estensivo, per designare la pelle umana.
Secondo alcune interpretazioni, l’espressione potrebbe fare riferimento alla condizione all’irrigidimento del corpo e di conseguenza della pelle dopo la morte. Spesso si utilizza l’espressione tirare le cuoia in contesti leggeri, con tono scherzoso.
Perché diciamo così
“Essere una mezza calzetta” e altre espressioni idiomatiche sono protagoniste all’interno del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), opera scritta dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio.
Un “libro di società” perché permette di essere condiviso e di “giocare” da soli o in compagnia alla scoperta dell’origine e dell’uso corretto dei modi di dire che tutti i giorni utilizziamo. Un volume leggero che vuole sottolineare l’importanza delle espressioni idiomatiche. Molte di esse sono cadute nel dimenticatoio a causa del sempre più frequente utilizzo di espressioni straniere e anglicismi.