Avrete già sentito dire l’espressione “de gustibus non est disputandum”. Si tratta di una locuzione latina molto diffusa di origine non classica, che viene usata principalmente per sottolineare come non sia altro che tempo perso discutere sui gusti.
Nonostante si tratti di una locuzione molto utilizzata e comune, probabilmente non tutti conoscono l’origine di questo modo di dire. Scopriamola insieme.
Cosa significa “De gustibus non est disputandum”
Come indica l’enciclopedia Treccani, la frase latina traducibile in “sui gusti non si può discutere” è utilizzata molto frequente nel linguaggio comune per affermare che i gusti sono soggettivi e ognuno ha diritto ad avere i suoi, per quanto strani possano sembrare ad altri e in generale alla società d’appartenenza.
Molti utilizzano tale espressione nella variante “De gustibus non disputandum est”: classicamente, ovvero come ai tempi di Cicerone e Cesare, ci si aspetterebbe “non est disputandum” perché di regola una negazione “generale” tende ad essere posta all’inizio della frase o prima del verbo finito. Invece, la connotazione di “non disputandum est” suggerirebbe il significato di “non si deve discutere del gusto… ma invece lo si fa”.
L’origine del modo di dire
In molti attribuiscono il detto “De gustibus non est disputandum” a Plutarco, che a sua volta lo farebbe pronunciare a Giulio Cesare durante una cena nella quale viene servito un piatto immangiabile per i Romani: asparagi al burro. Il fatto sarebbe avvenuto fra il 59 e il 55 a.C., quando Giulio Cesare era governatore della Provincia della Gallia Cisalpina. In quell’epoca i nobili romani, amanti della vita gaudente, attribuivano al piacere della tavola uno dei massimi valori, e credevano che i propri gusti fossero i soli da ritenersi “civili”.
Una sera Cesare andò come ospite, assieme ai generali suoi più stretti collaboratori, nella domus milanese del ricco ed influente Valerio Leone. Tra le portate sarebbe stata servita una magnifica preparazione di asparagi conditi con il burro. Ai generali la pietanza non sarebbe piaciuta affatto, indicata come cibo “barbaro” non adatto al loro palato. Di fronte all’imbarazzante situazione Cesare, avrebbe placato gli animi con la frase: “De gustibus non disputandum est”.
In realtà, tale attribuzione è priva di fondamento. Tralasciando la considerazione che Plutarco scriveva in greco, e quindi in ogni caso la locuzione sarebbe opera del traduttore in latino, nelle numerose citazioni sul web e sui libri non appare mai la fonte esatta del passo.
Probabilmente si tratta di “Vite Parallele”, opera in cui però non si riscontra nessuna frase corrispondente. Tale attribuzione ha oramai assunto i contorni di una leggenda metropolitana e, in mancanza di fonti più precise, va considerata come una falsa citazione.
Alcune curiosità
La locuzione si è consolidata nell’uso moderno, al punto da essere talora richiamata con la forma ellittica “de gustibus”, sottintendendo il resto dell’adagio e il suo significato. Dal punto di vista grammaticale, la frase presenta un complemento di argomento, introdotto da De + ablativo, seguito da una perifrastica passiva con il gerundivo.
Tale modo di dire ha influenzato anche il mondo della arti: “De gustibus non est disputandum” è infatti anche il titolo di un dramma giocoso per musica composto da Carlo Goldoni nel 1754.
Il libro sui modi di dire
Non solo “de gustibus non disputandum est”: altre espressioni idiomatiche di origine latina, come ad esempio “per aspera ad astra” sono protagoniste all’interno del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), opera scritta dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio.
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