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Coronavirus, è giusto utilizzare la parola “contagiato”?

Abbiamo chiesto al Presidente dell'Accademia della Crusca Claudio Marazzini se è corretto l'utilizzo delle parole "contagio" e contagiato" nell'attuale contesto sociale legato al Coronavirus

In questi giorni si utilizzano le parole “contagio” e “contagiato” per indicare coloro che risultano positivi al Coronavirus. Un termine che, a nostro parere, può risultare discriminante e in alcuni casi offensivo, come se costoro volessero mettere a repentaglio la sicurezza degli altri. A tal proposito, abbiamo chiesto al Presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini la sua opinione circa l’utilizzo di tali termini e gli eventuali sinonimi che possono essere usati al loro posto.

Litigi, polemiche e offese. E'arrivato il momento di dire basta.

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L’allarmismo

“Nei giorni scorsi ho ascoltato un esperto in tv dire ”C’è un eccesso d’allarme”. È ovvio: se la chiamassimo “influenza”, nessuno si preoccuperebbe. Invece, chiamandosi “Coronavirus”, la preoccupazione è molto più grande, dovuta anche al fatto che questo nome nuovo per il vasto pubblico ci ricorda che non si conosce ancora un vaccino o una via per l’immunizzazione sicura della popolazione più a rischio.

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La peste ieri e il Coronavirus oggi

Dal punto di vista dei medici, usare la parola “contagio” e “contagiato” è tecnicamente ineccepibile. È evidente: una malattia infettiva che si trasmette massicciamente ad altri configura un contagio. Penso ai contagi più famosi che conosciamo nella storia: la peste del 1630 raccontata da Manzoni, quella del 1348 narrata da Boccaccio, e tutte le malattie storiche raccontate negli anni dalla letteratura. A rifletterci bene, la situazione attuale è completamente diversa. Le epidemie storiche precedentemente citate provocavano la morte di metà dei cittadini, mentre l’attuale Coronavirus – se ho capito bene – comporta un tasso di mortalità totale attorno all’1% o poco più. I dati in proposito sono stati diffusi in maniera contraddittoria, anche in questo caso in modo da creare seppure involontariamente confusione e panico, ma restano comunque bassi e legati strettamente alla fascia di età. Il Coronavirus oggi però mette in crisi il sistema sanitario ed economico.

Da “contagiato” a “affetto”

Se nel nostro passato esiste un’idea di contagio legata alle grandi epidemie dovute alla peste e ad altri morbi assassini, la parola contagio può sembrare oggi sproporzionata, seppur tecnicamente ineccepibile. Ecco perché si potrebbe consigliare di sostituire la parola “contagiato” con “affetto da influenza da Coronavirus”. Ciò forse attenuerebbe, o addirittura eluderebbe, il rimbalzo emotivo. La differenza in realtà non è molta, perché contagiato è colui che trasmette una patologia, mentre l’affetto in certi casi la trasmette, in altri casi no, e con il Covid-19 la trasmissione esiste. Tuttavia diventa meno evidente chiamando “affezione” questa patologia. Del resto, si noti il peso delle parole: persino se diciamo “trasmettere” in luogo di “contagiare”, il termine meno ‘forte’ può far meno paura. Ma far meno paura è un vantaggio o uno svantaggio?

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L’opinione della Crusca

Si possono dunque usare sinonimi meno brutali della parola “contagiato”, ma certo non tocca all’Accademia della Crusca scegliere tra le parole da usare. La valutazione del rischio non è un fatto linguistico. Non siamo di fronte a una questione di semplice linguaggio più o meno “politicamente corretto”.  La scelta della parola dipende dal tipo di reazione che gli addetti ai lavori, ovvero i medici e i virologi, e poi i politici, vogliono suscitare nella popolazione. Le parole, infatti, vanno dosate a seconda di quello che si vuol dire, e secondo il peso che si vuole dare alla comunicazione del rischio. Certamente, la parola “contagiato”, riallacciandosi alla storia, fa pensare alle grandi catastrofi. Ma, non essendo la situazione attuale paragonabile alla gravità delle epidemie delle epoche passate, è possibile attenuare l’uso della parola “contagiato”, alternandola con “affetto da…”.

I “contagi” nella storia

“Contagiato” è una parola tecnicamente ineccepibile, come ho detto e come ripeto, ma nella reazione collettiva può generare panico e paura eccessivi. Infatti il “contagio” è sempre legato a situazioni gravissime. Non tutti avranno a mente la poliomielite o l’epidemia di spagnola, ma tutti o quasi ricordano la peste raccontata nelle opere del Boccaccio e del Manzoni. Leggere il Manzoni è comunque istruttivo anche in questo caso, per ammirare come racconta le reazioni della gente. La catastrofe era allora ben maggiore di oggi, ma le reazioni sono incredibilmente identiche con gli increduli, gli incerti, con le autorità che esitano a prendere i provvedimenti giusti, con gli incompetenti che pensano di sapere tutto, i profittatori che si insinuano nel caos, la colpa del contagio rovesciata su chi non ce l’ha. Gli errori del 1630 descritti dal Manzoni sono di un’incredibile attualità.”

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