Non serve essere un avicoltore o avere un’azienda agricola specializzata per poter utilizzare l’espressione “conosco i miei polli”. Si tratta di uno dei modi di dire più diffusi nel linguaggio quotidiano, ma di cui pochi conoscono l’esatta origine. Scopriamola.
Il significato di “Conosco i miei polli”
Generalmente usiamo l’espressione idiomatica “conosco i miei polli” quando intendiamo dire che conosciamo molto bene una persona e che, dunque, sappiamo con chi abbiamo a che fare e siamo in grado di gestire la situazione e prevedere le mosse e gli sviluppi.
Origine del modo di dire
La sua origine è molto antica e risale all’epoca in cui la gente viveva nei villaggi di campagna e i polli razzolavano liberi per strade, orti e cortili. Questi animali erano una vera ricchezza, perché davano uova e carne nelle rare occasioni di festa; quindi le massaie dovevano distinguere i propri polli da quelli dei vicini, per evitare litigi.
Da qui il nome completo originario del modo di dire, che in pochi però probabilmente sanno, che è “conoscere i propri polli alla calzetta”. Ma perché alla calzetta? Perché in passato i polli venivano lasciati razzolare liberamente in mezzo alla strada e i proprietari, per poterli riconoscere, erano usi legare alla zampa dei pennuti un pezzettino di stoffa colorata. Infatti, anticamente si diceva anche “conoscere i polli alla calza”, cioè dalla stoffa che portavano legata alla zampa.
Conoscere le proprie pecore
L’espressione idiomatica “conoscere le proprie pecore” ha lo stesso significato di conoscerei propri polli, e deriva da una parabola del Vangelo, in particolare nel capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, ed è strettamente legato alla figura del buon pastore, che è Cristo stesso. Di seguito vi proponiamo alcuni passi del Vangelo.
“In verità, in verità io vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Ma colui che entra per la porta è pastore delle pecore. A lui apre il portinaio, e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le porta fuori. Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei”.
“Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie mi conoscono, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre; e metto la mia vita per le pecore. Ho anche delle altre pecore, che non sono di questo ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita, per riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me. Io ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Questo ordine ho ricevuto da mio Padre”.
Il libro sui modi di dire
L’espressione “Conosco i miei polli” e altri modi di dire diffusi nella nostra lingua sono protagonisti all’interno del libro del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), volume scritto dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio.
Un “libro di società” perché permette di essere condiviso e di “giocare” da soli o in compagnia alla scoperta dell’origine e dell’uso corretto dei modi di dire che tutti i giorni utilizziamo. Un volume leggero che vuole sottolineare l’importanza delle espressioni idiomatiche. Molte di esse sono cadute nel dimenticatoio a causa del sempre più frequente utilizzo di espressioni straniere e anglicismi.