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“Caciara”, etimologia e significato del termine

Sempre più usato per descrivere il caos politico di questi giorni, il pittoresco termine “caciara” nasconde una storia molto interessante e piuttosto recente.

Quante volte avete sentito parlare di “caciara” anche non essendo a Roma o in compagnia di persone romane? Quante volte questo termine così pittoresco si legge sui nostri giornali e, soprattutto, si sente in televisione?

Se guardiamo, poi, ai contenuti giornalistici che stanno documentando la confusione che regna sovrana in questi giorni caldi – non solo per le temperature segnate dal termometro – in cui la situazione politica italiana sembra star degenerando, ci accorgeremo che il termine “caciara” è piuttosto presente a descrivere il caos del momento.

Andiamo allora alla scoperta di una parola che nasconde una storia piuttosto recente e, soprattutto, molto interessante, legata alle tradizioni della pastorizia abruzzese e romanesca ed evolutasi sino ad oggi, nella lingua italiana corrente.

L’etimologia di “caciara”

Sono pochissime le righe dedicate al termine “caciara” sul vocabolario dell’Enciclopedia Treccani:

s. f. [prob. da gazzarra raccostato a caciara nel senso di «luogo dove si fabbrica il cacio»], roman. – Trambusto, cagnara: far c.; che è ’sta caciara?

Capiamo immediatamente che si tratta di un termine di origine dialettale, in particolare tipico della parlata romanesca. “Caciara” era il luogo, piuttosto isolato dai centri abitati, dove i pastori cagliavano e poi mettevano a stagionare il formaggio da vendere nei paesi vicini.

Come fa una parola che descrive un luogo così silenzioso, immerso nella natura perché vicino ai luoghi di pascolo degli animali accuditi dai pastori, ad aver acquisito l’accezione di “trambusto”, “cagnara”?

Dalla pagina dell’Enciclopedia Treccani scopriamo anche che “caciara” sembra essere associato ad un altro termine del repertorio italiano che deriva però dalla lingua araba. Si tratta di “gazzarra”, che sempre secondo lo stesso dizionario è da definirsi come:

s. f. [dall’arabo ghazāra «folla, gran quantità», da cui anche lo spagn. algazara]. – 1. Chiasso, baccano, dovuto di solito ad allegria esuberante e scomposta: far g.; la g. dei ragazzi nel cortile; una indecente, vergognosa gazzarra. 2. ant. Strepito guerriero, d’armi o di grida, come manifestazione di giubilo: giunse l’ammiraglio … menando gran g. e trionfo (G. Villani); l’artiglieria … cominciò a fare una lieta e spaventosa g. (Varchi). Anche, sparo di fuochi artificiali.

Qui, in effetti, la sfumatura legata alla confusione e al caos è ben presente. Ma allora, quale storia nasconde il termine “caciara”? Come fa ad essere contemporaneamente legato alla “gazzarra” e al luogo di stagionatura dei formaggi abruzzesi?

Il significato e la sua evoluzione

È il professor Alessandro De Angelis, docente ordinario presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Messina, ad aver provato a rintracciare la storia di “caciara” in un articolo pubblicato nel 2020 all’interno del volume Il varco della Sfinge – Nuove etimologie nell’odierno orizzonte linguistico-etnografico.

Dagli studi di De Angelis, si evince che il termine “caciara” associato a “gazzarra” è attestato nella parlata romanesca solo in tempi recenti: la voce compare infatti per la prima volta nel “Vocabolario romanesco” di Filippo Chiappini (m. 1905), pubblicato postumo nel 1967 ma a cui lo studioso lavorò negli ultimi decenni della sua vita.

Concentriamoci allora sul legame fra “caciara” e il luogo dove si fabbricano i formaggi. Appare plausibile l’evoluzione che ha interessato altri termini che indicano dei luoghi, basti pensare al “casino” o al “bordello”, che al giorno d’oggi rimandano ad una grossa confusione ma in precedenza designavano dei veri e propri posti dove il caos regnava sovrano. Una traslazione, perciò: il termine che indicava il luogo dove avveniva la confusione diventa il termine che indica la confusione stessa.

Rimane vivo, tuttavia, l’interrogativo iniziale: il luogo dove i pastori fabbricavano i formaggi era tendenzialmente tranquillo, lontano dal centro abitato, spesso immerso nella natura, sulle colline abruzzesi o nelle campagne romane. Dov’è la confusione?

Il caciaro

La confusione è da ricercarsi più che nel luogo, nella persona. Il caciaro, che si recava nei centri abitati a vendere il formaggio, arrivava la mattina presto e, col suo “battisecchio” svegliava l’intera comunità. Un suono non proprio delicato, non proprio gradevole. Il battere ritmico del bastone sul secchio provocava proprio un gran frastuono, una grande confusione, per l’appunto.

La “caciara” era quindi il luogo dove il caciaro, con il suo “battisecchio”, originava un gran frastuono. Dunque, l’etimologia del termine “caciara” come lo conosciamo oggi sarebbe, secondo il professor De Angelis, la seguente: “caciaro ‘persona addetta alla lavorazione del cacio e alla sveglia mattutina tramite il battisecchio’ > caciara ‘luogo dove il caciaro fa rumore’ > ‘luogo rumoroso’ > ‘rumore, frastuono’”.

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