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Aurea o aura? I dubbi della lingua italiana spiegati attraverso l’etimologia

Continua il nostro viaggio nelle sconfinate terre della lingua italiana per scoprire le curiosità legate all'origine delle parole

Da non confondere con “aurea” (che è il femminile dell’aggettivo “aureo”), “aura” è una delle parole più affascinanti della lingua italiana, la cui storia affonda le radici nel latino. Torna in auge nella prima metà del Novecento, grazie all’opera di Walter Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

 

L’origine etimologica

La parola Aura deriva dal latino “aura”, il cui primo significato è “brezza”, “venticello”. Quando parliamo di “aura di sacralità, o di mistero”, più che a un venticello ci si riferisce all’atmosfera che avvolge qualcuno o qualcosa, a un alone che lo circonda.

 

L’aura di Walter Benjamin

A consolidare il significato di “aura” nel senso di alone – quasi religioso – fu il filosofo tedesco Walter Benjamin, che adoperò il termine “aura” per indicare il carattere individuale e di unicità dell’opera d’arte originale, prima dell’epoca della sua riproducibilità tecnica, cioè prima dell’avvento della fotografia.

Che cos’è, propriamente, l’aura? Un singolare intreccio di spazio e tempo: l’apparizione unica di una lontananza, per quanto questa possa essere vicina.

 

Halo, l’aura in inglese

Come canta Beyoncé in uno dei suoi brani più famosi (“baby, I can feel your halo”), un altro modo per indicare l’aura, inteso come l’alone emanato da oggetti e persone, è la parola “Halo”. Dalla parola greca “álos”, che significava in origine “aia” (perché le aie erano circolari), e poi il cerchio luminoso attorno al sole, “halo” è uno dei corrispettivi in inglese del concetto di “aura”.

 

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