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“Ambaradan”, l’origine della parola che usiamo frequentemente

Spesso abbiamo sentito la parola "ambaradan", ma non tutti conoscono l'origine di tale espressione ed il suo reale significato. Facciamo ordine scoprendolo

Spesso abbiamo sentito la parola “ambaradan” utilizzata all’interno di una frase o di una espressione con il significato di confusione, caos, grande concitazione. “Non è facile mandare avanti quell’ambaradan”; “Hai organizzato da solo tutto l’ambaradan” sono solo alcuni esempi legati al’uso di questa parola. Si tratta di un termine esotico, quasi uno scioglilingua: ed è forse proprio grazie a queste caratteristiche “sonore” che tale termine ha raccolto una così larga diffusione nel tempo.

Non tutti però conoscono l’origine di tale espressione ed il suo reale significato. Quindi “facciamo ordine” e scopriamo insieme come nasce questo modo di dire.

Il significato del modo di dire

Come indicato su Treccani, nell’uso comune la parola “ambaradan” sta ad indicare una “situazione confusa e caotica” o “Attività molto complessa, la guida della quale richiede impegno e notevoli capacità organizzative”.

L’origine della parola “Ambaradan”

L’origine della parola ambaradan si pensa che derivi dall’Amba Aradam, un altopiano montuoso (amba) dell’Etiopia, presso cui nel 1936 avvenne una cruenta battaglia tra italiani e abissini. La battaglia si articolò in attacchi e contrattacchi delle forze italiane al comando del maresciallo Pietro Badoglio contro le forze etiopi del ras Mulugeta Yeggazu.  Nel corso del conflitto le truppe italiane erano alleate con alcune tribù locali ma, a seconda delle trattative in corso, alcune di queste si alleavano a loro volta con il nemico, per poi riaffiancare i soldati italiani.

Al loro ritorno in Italia, questi ultimi, di fronte a una situazione disordinata e caotica, cominciarono a definirla “come ad Amba Aradam”, “è un’Amba Aradam”. Attraverso la crasi, le due parole si sono fuse in un’unica diventando “ambaradam”. Per dei difetti di pronuncia, protrattisi negli anni, la “m” finale si è trasformata in “n”. Tuttavia, è possibile trovare scritti e opere in cui si utilizzano indistintamente entrambe le consonanti finali.

Nonostante la crasi e le modifiche di pronuncia che l’hanno caratterizzata in ambito linguistico, l’Amba Aradam è invece sopravvissuta in toponomastica. Come segnalato sull’Accademia della scienza, vie e viali dell’Amba Aradam si ritrovano ancora a Padova, a Roma (dov’è particolarmente nota per ospitare la sede dell’Inps) e in altre località ancora, a testimonianza ormai semi-invisibile che quello degli “italiani brava gente” fu solo e soltanto un mito.

Come per altri casi analoghi – si pensi ai molti via Arbe (cioè Rab, l’isola croata sede del peggior campo di detenzione costruito dagli italiani nel corso della Seconda guerra mondiale) disseminati nelle nostre città – si tratta d’una piccola spia d’una memoria sempre più lontana, che occorrerebbe conoscere e saper pensare.

Analogo destino a quello di “ambaradan” è quello dell’espressione “fare un quarantotto”, “è successo un quarantotto”, modo di dire che si riferisce ai moti rivoluzionari che sconvolsero l’Europa nel 1848.

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Il libro sui modi di dire

Parole “scioglilingua” divenute espressioni idiomatiche come “ambaradan” sono protagoniste all’interno del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), opera scritta dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio.

Un “libro di società” perché permette di essere condiviso e di “giocare” da soli o in compagnia alla scoperta dell’origine e dell’uso corretto dei modi di dire che tutti i giorni utilizziamo. Un volume leggero che vuole sottolineare l’importanza delle espressioni idiomatiche. Molte di esse sono cadute nel dimenticatoio a causa del sempre più frequente utilizzo di espressioni straniere e anglicismi.

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