Ci sono errori grammaticali che tutti gli italiani (o quasi) commettono regolarmente quando scrivono un testo, un messaggio o una lettera, ma ci sono sbagli che diventano veri e propri “strafalcioni” diventando così più gravi di altri. Alcuni di questi sono sono talmente gravi da provocare fastidio in chi legge. Dopo avervi indicato gli errori grammaticali più comuni commessi dagli italiani, vi abbiamo chiesto quali siano gli errori che vi infastidiscono di più.
Queste le risposte della nostra community da 500 mila follower su Instagram ed oltre un milione su facebook che avete dato a questa domanda. Ed il numero di risposte ricevute dimostra come la tematica sia tutt’altro che abbandonata in un angolo. Insomma, sapere in maniera corretta, la grammatica della nostra cara ed amata lingua italiana, piace, serve, è utile e molto apprezzato. Anche in maniera sorprendente.
Ce n’è davvero per tutti i gusti: dai classici problemi con il congiuntivo ed il condizionale (la “consecutio temporum”…) alla gravissima “ha” senza la acca, dalla punteggiatura (il cui uso nei tempi dei social sta diventando sempre più complicata) alla differenza tra accento ed apostrofo, su cui cadono ancora migliaia di italiani, ogni giorno.
I 5 errori grammaticali nella lingua scritta che non sopportiamo
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1) L’h “morta” del verbo avere e l’h “resuscitata” nelle preposizioni
Un tempo questi errori abitavano nei testi dei messaggi degli adolescenti. Ora i social network, i post e i commenti, sono pieni di errori di questo tipo. Il dubbio è che nel linguaggio di alcuni questa sia diventata più un’orribile moda che altro. Se non fosse così, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. La mancanza dell’h davanti al verbo avere è diventato il più diffuso errore tra i giovani, mentre fastidiosa ma meno frequente, è l’aggiunta dell “h” alle congiunzioni o alle preposizioni.
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2) Il condizionale al posto del congiuntivo
Uno degli errori più diffusi, sia nella lingua scritta che in quella parlata. Le regole sono chiare, ma spesso non vengono seguite. In questo caso entra in gioco la concordanza dei tempi verbali, che corrisponde a grandi linee alla consecutio temporum della grammatica latina. Si tratta dell’insieme di regole che stabiliscono l’uso dei tempi e dei modi verbali della frase principale e della frase subordinata.
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3) La punteggiatura
Molti affermano come, con il passare del tempo, l’uso della punteggiatura sia sempre più approssimativo. Con punteggiatura si indicano le pause del discorso mediante segni grafici (la virgola, il punto, il punto e virgola, i due punti, il punto interrogativo, il punto esclamativo, i puntini di sospensione, le lineette, le parentesi, le virgolette), la cui collocazione risponde ad una esigenza pratica di chiarezza logica e a un determinato valore espressivo. Si tratta quindi di simboli fondamentali all’interno di un testo scritto. Gli errori di punteggiatura in un testo ne compromettono la lettura.
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4) Il raddoppio della consonante in alcune locuzioni
Questo è il caso di alcune espressioni come “a parte”, “a posto” e “a volte”. Le persone tendono a traslare nella lingua scritta il suono della lingua parlata. A volte, quindi, capita che alcune locuzioni vengano scritte tutte attaccate (apparte) invece che “a parte” che è ovviamente la forma corretta. Si tratta di errori grammaticali meno frequenti, ma comunque fastidiosi.
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5) La sbagliata attribuzione dell’accento e dell’apostrofo
Un esempio per tutti: il termine “fa”. Fa (senza né accento né apostrofo) può significare la quarta nota musicale, il verbo fare coniugato alla terza persona singolare (egli fa) e l’avverbio che indica un punto nel passato: “tempo fa”. Fa’ (con apostrofo, non con l’accento) è invece l’elisione della coniugazione all’imperativo del verbo fare alla seconda persona singolare (tu fai): “ehi tu, fa’ come ti dico!”. Fà (con accento) è invece sbagliato.
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