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Umberto Eco, ”Con Bookcity Milano si trasforma in un arcipelago culturale”

Un'occasione unica per conoscere Milano attraverso le parole degli autori. E' questo il messaggio lanciato dagli organizzatori nel corso dell'inaugurazione di Bookcity, tenutasi ieri sera presso la Sala Sforzesca del Castello. L'assessore alla Cultura Stefano Boeri ha presentato l’incontro, nel corso del quale è intervenuto Umberto Eco, accolto da una grande folla di pubblico...

Ieri sera presso  la Sala Sforzesca del Castello inaugurazione ufficiale di Bookcity con la presentazione dell’assessore alla Cultura Stefano Boeri e l’intervento del celebre scrittore

MILANO – Un’occasione unica per conoscere Milano attraverso le parole degli autori. E’ questo il messaggio lanciato dagli organizzatori nel corso dell’inaugurazione di Bookcity, tenutasi ieri sera presso la Sala Sforzesca del Castello. L’assessore alla Cultura Stefano Boeri ha presentato l’incontro, nel corso del quale è intervenuto Umberto Eco, accolto da una grande folla di pubblico.

 

ORGOGLIO MILANESE – L’assessore alla cultura Stefano Boeri inizia ringraziando tutti coloro che  hanno permesso insieme al comune di mettere in piedi questa manifestazione, tra cui Enrico Formenton della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Gaetano Marchetti della Fondazione Rizzoli Corriere della Sera e Achille Mauri della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri. “Con Umberto Eco – spiega Boeri – abbiamo condiviso fin da subito l’idea di fondo di Bookcity, ovvero il fatto che in una città come Milano, tra le capitali del mondo del libro e della lettura, si potesse trovare una formula nuova per raccontare l’importanza che oggi riveste la filiera del libro dal punto di vista culturale, politico ed economico. Questo di Milano non è una fiera o un semplice festival, ma qualcosa di nuovo”. A prendere la parola quindi il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia. “Milano ancora una volta ha fatto centro. Sono orgoglioso di questa partenza. Due anni fa Stefano Mauri mi disse che era una vergogna che Milano, la capitale dell’editoria, non avesse un evento come questo. Oggi lo ringrazio per avermi spronato ad organizzare una manifestazione come Bookcity, come ringrazio tutti coloro che hanno contribuito affinché Milano tornasse ad essere punto di riferimento culturale”.

 

EQUILIBRIO CON LE ALTRE FIERE – Dopo l’intervento di Carla Chiaretti, la quale ha recitato a memoria “La ragazza Carla” di Elio Pagliarani, un doloroso ritratto della crescita di una ragazza nella Milano degli anni ’50, a prendere la parola è Umberto Eco. Lo scrittore esordisce ironizzando sul nome inglese dato alla kermesse culturale milanese, dedicata ai libri e alla cultura italiana. “Auspico che per la prossima edizione si dia un titolo in armeno, così da raggiungere la comunità dell’hinterland”. Eco spiega come Bookcity non sia nata in contrapposizione con il Salone di Torino o il Festival di Mantova. “Siamo di fronte ad una divisione dei compiti abbastanza ragionevole: Torino si svolge in un solo luogo, con folle di pubblico che vengono anche a comperare libri, mentre Mantova crea un’atmosfera cittadina per cui il festival continua anche quando ci si siede al bar. Milano ha optato per una soluzione dispersiva, si spalma su tutta la città, senza pretendere che l’intera cittadinanza sia conscia del grande avvenimento. E’ bene che ci sia questo pullulare di piccole iniziative, ma solo un pazzo cercherebbe di seguire tutti i 350 incontri. Spero che la soluzione trovata qui si equilibri con quelle di altre città, creando un nuovo tipo di offerta culturale”.

ARCIPELAGO DI ATTIVITA’ – Umberto Eco spiega alla folla di pubblico presente presso la Sala Sforzesca come Bookcity rappresenti un arcipelago di attività. “Mi piace che la massima parte degli incontri si svolga attraverso letture dei testi. La lettura dei testi ad alta voce è un’esperienza importante. Siamo grati agli organizzatori di darci questa possibilità di sentire delle letture”. L’esperienza della lettura che, spiega Umberto Eco, vuole continuare anche dopo i 350 incontri in programma. “Con Stefano Boeri abbiamo avuto un’altra idea: a Milano ci sono 24 biblioteche civiche. Si è pensato, ascoltando anche il parere di bibliotecari, di far adottare ad ogni editore una biblioteca civica per un certo periodo di tempo. Durante il gemellaggio, l’editore ha a disposizione quello spazio per organizzare incontri con i propri autori, far riscoprire libri pubblicati qualche anno prima e che non han avuto la fortuna che avrebbero meritato, creando situazioni di dibattito. Credo che se gli editori risponderanno positivamente, sarà una bella iniziativa, soprattutto per le realtà più piccole. La bellezza di una biblioteca non consiste solo nell’andare a trovare il libro che si cerca, ma soprattutto nello scoprirne di nuovi”.

 

CITTA’ DA RICONQUISTARE – Milano diventa quindi un arcipelago culturale, favorito anche dalla sua struttura dispersiva. “Questa iniziativa può essere certamente vista sotto lo slogan “I libri per la città”, un’iniziativa intorno ai libri che può far rinascere l’idea della città come centro di cultura. Attraverso i libri, può rinascere la capacità di riacquistare il senso della città in cui si vive”. Umberto Eco conclude il proprio intervento leggendo un passo di  “Storia del guerriero e della Prigioniera” di Jorge Louis Borges. “Tale è la storia del destino di Droctulft, barbaro, che morì difendendo Roma. Immaginiamo, sub specie aeterntiatis, Droctulft, attraverso un’oscura geografia di selve e paludi, le guerre lo portarono in Italia, dalle rive del Danubio e dell’Elba; forse non sapeva che andava al Sud e che guerreggiava contro il nome romano. Veniva dalle selve inestricabili del cinghiale e dell’uro; era bianco, coraggioso, innocente, crudele, leale al suo capo e alla sua tribù non all’universo. Le guerre lo portano a Ravenna e là vede qualcosa che non ha mai vista, o che non ha vista pienamente. Vede il giorno e i cipressi e il marmo. Vede un insieme che è molteplice senza disordine; vede una città, un organismo fatto di statue, di templi, di giardini, di case, di gradini, di vasi, di capitelli, di spazi regolari e aperti. Nessuna di quelle opere, è vero, lo impressiona per la sua bellezza; lo toccano come oggi si toccherebbe un meccanismo complesso, il cui fine ignoriamo, ma nel cui disegno si scorgesse un’intelligenza immortale. Forse gli basta vedere un solo arco, con un’incomprensibile iscrizione in eterne lettere romane. Bruscamente, lo acceca e lo trasforma questa rivelazione: la Città. Sa che in essa egli sarà un cane, un bambino, e che non potrà mai capirla, ma sa anche ch’essa vale più dei suoi dèi e della fede giurata e di tutte le paludi di Germania. Droctulft abbandona i suoi e combatte per Ravenna”.

 

16 novembre 2012

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