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Stefano Bartezzaghi, ”La creatività è una scintilla che anima il fondo grigio dell’esistenza”

La creatività: un concetto così difficile da definire nell'era in cui a dominare sono i nuovi mezzi di comunicazione digitali. Sarà proprio questo l'argomento trattato questa sera da Stefano Bartezzaghi nel suo intervento a Parolario...

L’autore de “Il falò delle novità” sarà ospite questa sera a Parolario e parlerà della creatività ai tempi dei social network

MILANO – La creatività: un concetto così difficile da definire e così mutevole, nell’era in cui a dominare sono i nuovi mezzi di comunicazione digitali, primi tra tutti i social network. Sarà proprio questo l’argomento trattato questa sera da Stefano Bartezzaghi nel suo intervento a Parolario. L’autore parlerà del suo ultimo libro, “Il falò delle novità”, una riflessione sul concetto della creatività ai tempi dei social network. La riflessione che anima l’intero libro parte infatti dall’attenta analisi di più di cento tweet sulla creatività, raccolti, vagliati, dipanati come fili di una matassa multicolore. In questa intervista Bartezzaghi ci da la sua personale definizione di creatività e ci spiega come questo concetto, così labile e mutevole, sia però cambiato in seguito all’avvento dei social network.


Oggi a Parolario parlerà del suo ultimo libro “Il falò delle novità”. Qual è la sua personale definizione di creatività?

La creatività è una mitologia. Forse non è soltanto una mitologia ma lo è in grande parte. E’ un concetto che ci affascina perché può riguardare tutti, tutte le attività e anche le non attività, ovvero il tempo libero. Tutti vorrebbero potersi definire creativi. Dentro questa mitologia vi sono tante contraddizioni, perché appunto lo studio che ho fatto è quello sulle definizioni date dal pubblico del Festival della Mente sul concetto di creatività. E molte sono palesemente contraddittorie, vi sono degli aspetti che non possono essere messi in una definizione unitaria. Vi sono tuttavia delle grosse linee di tendenza, e una di queste linee è proprio quella che mi ha fatto dire nel libro che la creatività è uno spirito erogeno, è come l’organo del motore a scoppio che era capace di produrre scintille in serie. Molti nelle loro definizioni parlano della creatività come una scintilla, e quindi il creativo è colui che riesce a fare tante di queste scintille, che rendono animato il fondo grigio della nostra esistenza e sono capaci di innescare delle reazioni per mandarci avanti, esattamente come fa il motore della nostra automobile.


Nel suo libro si parla di creatività ai tempi dei social network. Quanto le nuove tecnologie sono state in grado di mutare il concetto di creatività tradizionale?

Ci sono due aspetti secondo me che vanno analizzati: il primo è un aspetto di format. I due maggiori social network, ovvero Facebook e Twitter, ognuno a modo suo danno una sorta di limite alla comunicazione individuale. Famosissimo è il limite dei 140 caratteri imposto dalla piattaforma di micro blogging, che assomiglia molto ad uno di quei giochi letterari che alla fine si sono sempre fatti anche a livelli prestigiosi, ovvero di scrivere romanzi di una riga sola o esercizi letterari di questo tipo. Quindi c’è questo aspetto della creatività che non è libertà assoluta, ma ha sempre dei vincoli. Tutto ciò da un lato ci ricorda questa letteratura definibile come “sotto vincoli”, come anche la poesia metrica, che è qualcosa di questo genere, ovviamente in termini più alti e prestigiosi dal punto di vista letterario. Si tratta di una sorta di illusione, in quanto uno pensa di essere libero, ma invece queste forme strutturano la nostra comunicazione, e noi finiamo per comunicare sempre dentro a delle forme che sono state inventate da qualcun altro. Queste ci danno l’illusione di essere quasi naturali. Il secondo aspetto è il fatto che i social network abbiano reso la creatività visitabile. Chiunque può provare a scrivere  all’account di un personaggio molto famoso e in questo modo può provare a farsi notare. Mentre prima l’estro creativo di una persona rimaneva confinato al giro delle amicizie private, adesso questo può finire ad essere conosciuta praticamente da tutti. I social network sono come dei campi liberi, in cui si può salire sul proprio sgabello e dire la propria idea, e magari essere apprezzato e seguito. Questo ovviamente funziona anche un po’ da stimolo: anche il grande twittatore si deve sforzare per avere sempre qualcosa di interessante ed accattivante da raccontare.


Lei oltre ad essere scrittore è anche insegnante. A suo parere la creatività può essere insegnata, inculcata o stimolata?

Dal mio punto di vista è un po’ difficile rispondere, ritenendo appunto che la creatività sia una mitologia e quindi ha più a che fare con le aspettative di chi vorrebbe apprenderla. Non sono però così rigido da negarne completamente l’esistenza. Noi sappiamo che una delle forme in cui la parola creatività si è imposta nella lingua italiana è stata anche quella delle scuole di scrittura creativa, che viene dal creative writing americano. Spesso in queste scuole viene detto che non si insegna a scrivere romanzi. Le idee sono qualcosa che vengono direttamente dal singolo studente. Possiamo dire però che la creatività si manifesta sempre attraverso il fare, e questo fare ha delle tecniche. Quello dunque che queste scuole vogliono scongiurare è che qualcuno che possiede un vero talento non sappia poi esprimerlo in forma compiuta. Per cui sicuramente la creatività dovrebbe essere l’impulso individuale che porta ad apprendere delle tecniche. E certamente queste possono essere insegnate. Dopo di che, il mio sospetto è che tutti pensino che creative siano le persone. In realtà creative sono le azioni. Per cui sono un po’ preoccupato dalla personalizzazione di questo argomento, e questo è un triste fenomeno della nostra epoca. In sé il fatto di volere dare il proprio contributo in termini di innovazione e cambiamento, riuscendo a fare qualcosa che possa essere ritenuto creativo, alla fine è un buon obiettivo e nei confronti dei ragazzi che magari non osano buttarsi in una avventura di tipo creativo per paura. Sotto questo aspetto, le università e queste scuole collaterali contribuiscono a chiarire alla singola persona quali sono le sue singole inclinazioni e come metterle in pratica nel modo più efficace.


3 settembre 2013

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