Sigfrido Ranucci a Pordenonelegge ha presentato il suo libro “La scelta” (edito da Bompiani) ed è stato accolto da un lungo e caloroso applauso, entusiasmo che scandisce i suoi interventi anche i più spinosi e polemici. “La scelta” rappresenta il racconto della chiave un po’ particolare attraverso la quale il giornalista romano ha condotto le sue inchieste, ma c’è anche un Sigfrido segreto, un lato personale quasi parallelo caratterizzato da una forza che, forse, gli viene data ancora oggi da quel costume “da supereroe” regalatogli quando era piccolo e che oggi pare essergli cucito addosso.
Le grandi inchieste: da Falluja al crac della Parmalat
Ogni capitolo del libro è caratterizzato da una parola chiave. La prima, non a caso, è “Partire”. Il viaggio di Ranucci inizia con alcune delle inchieste più significative della sua carriera, come quella sugli attentati dell’11 settembre. Prosegue poi con quella sull’uso del fosforo bianco da parte degli Stati Uniti nella battaglia di Fallujah, uno scoop internazionale che ha avuto un’eco mondiale e che ha svelato crimini di guerra altrimenti occultati.
Le storie raccontate da Sigfrido Ranucci sono intrise di dettagli vividi e testimonianze di prima mano. Ad esempio, l’inchiesta sulle armi al fosforo bianco a Fallujah non solo ha rivelato crimini di guerra, ma ha anche portato alla luce la devastazione e la sofferenza delle vittime civili. Ranucci descrive con precisione gli effetti delle armi chimiche, l’orrore delle vittime e la mancanza di responsabilità da parte delle autorità militari coinvolte e ricorda “quell’ odore legato alle vittime, sia a Nyc sia a Sumatra sia a Sarajevo che nessun racconto alla radio o alla televisione può descrivere ma che mi è rimasto addosso”.
E in questo caso come nell’inchiesta sulla Parmalat è la gente comune ad averlo, in qualche modo, aiutato: Ranucci racconta di un vagabondo che ha giocato un ruolo cruciale nello scoop di Fallujah, aiutandolo a distinguere tra osservare e vedere o un tassista di Parma che lo ha aiutato a ricostruire un tassello importante nella vicenda. Ranucci svela i meccanismi di frode finanziaria e corruzione che hanno portato al disastro economico della Parmalat di Callisto Tanzi, causando danni enormi a investitori e dipendenti. La ricerca della verità in questo caso ha richiesto un lavoro meticoloso di ricostruzione dei fatti e di collegamento tra prove disperse, evidenziando la complessità del giornalismo investigativo.
Sigfrido Ranucci e il ruolo fondamentale della memoria
Ranucci sottolinea poi l’importanza della memoria storica e della lotta contro l’oblio. “La difesa della memoria – dice il giornalista- è una responsabilità fondamentale del giornalismo, essenziale per mantenere viva la consapevolezza dei diritti e delle ingiustizie”.
E accanto alla memoria pubblica quella personale: dalla famiglia d’origine – una famiglia semplice, di solidi valori – e alla famiglia “acquisita”: quella cioè che vede in Milena Gabanelli e in Roberto Morrione due “genitori” professionali, figure importantissime che l’hanno guidato nel servizio pubblico, in cui lui crede ancora tantissimo: “ Io mi sono sempre sentito libero di condurre le mie inchieste. Certo, è faticoso: ma è questo lo scopo del giornalismo d’inchiesta. Illuminare zone d’ombra, aiutare un Governo se sbaglia, aiutare il pubblico, avere come unico riferimento il pubblico che paga il canone. Questa è da sempre la mission di Report, che è rimasta il “romanzo dei fatti”, semplicemente. Ha conservato il suo DNA”.
“Ed è il contatto con la gente – dice ancora Ranucci – che mi ha dato tantissima energia, gente che ha bisogno della verità e di guide, con la percezione esatta della fatica che facciamo ad andare in onda in un contesto come quello attuale, in cui non sorprende la dichiarazione di Rita Dalla Chiesa a proposito dei mandanti dell’assassinio del padre, una verità conosciuta da tutti: stupisce piuttosto che sia emersa solo ora per una strana perversione della informazione italiana”.
“E il mio libro – conclude Ranucci – è anche un omaggio nei confronti della resilienza quotidiana di tantissime persone per bene, perché l’Italia è anche questo, che contribuiscono a tenere alta l’asticella della libertà di stampa”.
Alessandra Pavan