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Si possono salvare le librerie con un tweet?

Robert Sansom, proprietario della Petersfield Bookshop nell'Hampshire, la scorsa settimana ha vissuto il giorno più buio della sua libreria

Robert Sansom, proprietario della Petersfield Bookshop nell’Hampshire, la scorsa settimana ha vissuto il giorno più buio della sua libreria. “Oggi ho venduto zero libri. Nemmeno uno, zero sterline. Per la prima volta, credo“. Ma poco dopo l’invio del twitt, Neil Gaiman, scrittore, giornalista, fumettista e sceneggiatore tv e radiofonico inglese e vincitore di numerosi premi letterari, la ha ricondiviso con i suoi 3 milioni di seguaci.

E in una sola notte la Petersfield Bookshop ha ricevuto ordini per circa mille sterline. Sansom ha affermato di aver sempre sottovalutato la potenza dei social network e ha aggiunto di esser rimasto stupito quando un cliente gli ha raccontato che aveva saputo della notizia da un amico che viveva a San Francisco.

Le battaglie di Gaiman

Gaiman non è nuovo a certe battaglie. Da settimane, infatti, si sta battendo per un’altra causa sempre nell’Hampshire, al motto di “Jane Austin si sta rivoltando nella tomba!”. Il consiglio locale sta per fare dei tagli ai finanziamenti per la cultura e sta per decretare così la chiusura di 14 biblioteche su 52, proprio nella regione d’origine della famosa scrittrice. Nel Regno Unito dal 2010 hanno chiuso più di 800 biblioteche e Gaiman ha deciso di dare inizio a una rivolta per difendere cultura e snso di comunità: “Il nostro futuro dipende dalle biblioteche, dalla lettura e dal sognare a occhi aperti”.

Ma è plausibile che le librerie possano essere salvate solo da gesti privati? Twitt e campagne social saranno sufficienti per contrastare la concorrenza di distributori on-line sempre più aggressivi e un mercato sempre più estraneo a logiche solidali verso realtà come la libreria Paravia di Torino?

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