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Shantaram, un libro per capire la filosofia orientale

Shantaram è un libro del 2003 di Gregory David Roberts. Ci racconta la vita di Bombay e la filosofia orientale in molteplici aspetti.

Shantaram è un romanzo autobiografico del 2003 scritto dallo scrittore australiano Gregory David Roberts. Un libro perfetto per comprendere – e amare follemente- l’india e la filosofia orientale. Un “mattone” ai livelli di Guerra e Pace che, con oltre 1000 pagine, ci fa addentrare nell’atmosfera di Bombay. A questo link potete vedere il video in cui Alberto Micelotta parla del libro Shantaram nella rubrica ospitata da Libreriamo “Alberto nel paese delle meraviglie”. 

Shantaram: un romanzo diventato un classico

Il romanzo racconta circa sette anni dell’incredibile vita di Roberts, dal suo arrivo a Bombay nel 1982 fino alla sua partenza da Bombay alla fine degli anni ottanta (anche se nel romanzo non abbiamo un resoconto della partenza, è implicito). Nel corso di questo tempo, l’io immaginario di Roberts, Lin, partecipa a numerosi episodi violenti, divertenti, commoventi e pericolosi, da quelli intimamente personali (innamorarsi) a quelli globali/storici (partecipare alla resistenza contro i russi in Afghanistan).

Lynn, il protagonista del libro, vive e racconta l’India hai degli anni 80 immersa nei traffici di droga e delinquenza. È proprio in questa atmosfera che egli vive tutte le sue esperienze, comprese quelle più emozionanti insieme a Karla, la sua donna amata. Lin è soprattutto un misterioso “uomo di fede violento”, un criminale compassionevole, un bianco “nativo” di Bombay (almeno alla fine del romanzo). Il libro “Shantaram”,  lo segue in un arco drammatico d’evoluzione, da criminale evaso a ospite d’onore in un remoto villaggio indiano, da medico dei bassifondi a mafioso internazionale. Per quanto il suo status cambi, tuttavia, alcuni tratti del personaggio rimangono costanti: Lin mostra un apprezzamento entusiasta per la filosofia, un amore profondo e puro per i suoi amici, e una propensione ad innamorarsi sia romanticamente che platonicamente. Lin è un personaggio complesso, in contrasto con la società.

 

Destino, scelte, rinascita

All’inizio del romanzo, Lin ci dice che le sue esperienze gli hanno insegnato a capire “la libertà”, “l’amore” e “le scelte che facciamo”. 

Shantaram racconta le scelte di Lin, anche quelle improvvise che portano la sua vita in una direzione nuova e definitiva. Decide, ad esempio, di fidarsi di Prabaker in base al suo sorriso raggiante da guida; questa scelta crea una rete di connessioni ed esperienze che definiranno la vita di Lin a Bombay. Allo stesso modo, nella baraccopoli, decide spontaneamente di aiutare le vittime di ustioni, una scelta che porta alla creazione di una clinica della baraccopoli.

Queste scelte di Lin sono l’essenza della sua complessa comprensione del destino e della libertà. Nella vita di una persona, si affrontano diversi momenti scelta, di verità, bivi dell’esperienza che fanno scattare l’inevitabile. In questi momenti si è più o meno liberi; dopo il punto di decisione e azione, però, si resta in balia del destino fino al prossimo momento di scelta. Questo schema ricorre ancora e ancora in Shantaram. Infatti, i momenti di scelta di Lin servono a cambiarlo in modo totalizzante. Egli assume nuove identità in questi istanti fatali.

La complessità della libertà

La grande tematica di Shantaram è la libertà. Nel secondo capitolo, il protagonista del romanzo cita la libertà come l’astrazione più importante della sua vita. Detto questo, Lin riconosce la natura paradossale del suo caro ideale: la “libertà” non è una semplice questione di avere il potere di fare ciò che si vuole, ma molto di più.

Un episodio del libro potrebbe spiegare questo punto: quando Lin è imprigionato in Australia, non può fare quello che vuole, quando vuole, non può muoversi o viaggiare a suo piacimento. Il suo corpo  viene picchiato e incatenato. Così, in questa condizione, desidera una fuga verso la libertà. Eppure, quando evade dalla prigione, è in qualche modo meno libero di prima. Non è più sicuro della sua identità (deve mentire per evitare di essere scoperto); è costretto a fidarsi del destino e dell’istinto, cogliendo le occasioni per fuggire quando e dove può; il dubbio tormenta il suo sonno, la paranoia avvelena le sue relazioni. Era dunque più libero in prigione, dove era almeno in grado di essere quello che è e di ammettere la propria storia?

Shantaram non risolve questa questione, ma ci mostra le sue complessità. La definizione con cui inizia il romanzo vale per gran parte di esso: la libertà è una questione di scelte mentali. Per quanto si sia schiavi del proprio corpo, si è liberi di odiare o perdonare i propri aguzzini. In un’esistenza come quella di Lin, la libertà di perdonare è quanto di meglio si possa sperare.

 

L’amore come libertà o come schiavitù?

Shantaram esplora la frattura tra amore e fiducia. In una delle affermazioni più pungenti del romanzo, Lin dice che il fuggitivo ama più persone di quelle di cui si fida, mentre chi rispetta la legge si fida più di quelle che ama. L’amore è quindi una caratteristica della vita in fuga: quando non ci si può fidare delle persone, ci si può fidare solo dell’amore.

Lin fa scelte difficili (folli?) perché ama Karla, perché ama Khader, perché ama Abdullah. E per quanto possa razionalizzare le sue decisioni irrazionali – in particolare la decisione di accettare la missione in Afghanistan – ci rendiamo conto che l’unico fattore motivante che conta è l’amore. Questo è vero anche per molti altri personaggi del libro. Molti di loro si innamorano (Vikram e Letitia), soffrono per amore (Modena), uccidono per amore (Anand Rao), fanno di tutto per amore (tutti i precedenti).

Così, in Shantaram, l’amore è più o meno la stessa cosa del destino: sebbene Lin sia filosoficamente e praticamente impegnato nella conquista della sua libertà, è schiavo di questa forza che non può essere spiegata o contrastata.

 

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