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Salento, voce e canto. Grazie a Mino De Santis

Salento, voce e canto. Non solo parole, quelle di Mino De Santis. In lui sono racchiusi pezzi di cuore legato ad una terra rossa e carnosa.In questo spazio ho l’opportunità di parlare di libri e di ciò che gira intorno a loro, nel mondo dell’editoria...

Salento, voce e canto.
Non solo parole, quelle di Mino De Santis. In lui sono racchiusi pezzi di cuore legato ad una terra rossa e carnosa.
In questo spazio ho l’opportunità di parlare di libri e di ciò che gira intorno a loro, nel mondo dell’editoria. Ma Mino De Santis mi ha fatto ricordare quanto sia necessario che le parole abbiano un sapore, un gusto, un odore. Siano esse riservate ad un romanzo o ad un testo musicale.

E dunque, oggi vi parlo di un cantautore che mette in musica ciò che vuole dire, e lo fa pizzicandoci la gola come avesse tra le dita una tenaglia, che arriva fino al cuore e non lo lascia andare.
Il cantautore salentino è appena tornato con “Muddhriche”, album prodotto dalla giovane etichetta musicale Ululati, dopo Caminante (2012).

Mino De Santis si fa ascoltare, con voce piena e puntuale quanto le sue idee, che si traducono in testi ricchi di significato, storia e senso di vita.
In lui e grazie a lui, vive il Salento. Non quello che balla quando suona un tamburello, ma quello che danza al ritmo naturale della vita, che scorre attraverso gli anni, incontra preti, “pizzoche” e “sbergugnate”. Ed ha sempre tempo per l’amore, il cuore. Il corteggiamento.

E c’è l’incanto della natura, degli ulivi pieni di nodi, dalle bellissime fronde. Ci sono i fichi e le mandorle. E nella bocca arriva il sapore della semplicità, quella sublime.
Ma tanto di più viene nella mente, se si lascia aperta la porta del cuore e ci si lascia andare al canto.
È proprio vero, siamo tutti – ma proprio tutti – sullo stesso palco.

A ben guardare, il titolo dell’album è esso stesso una tenaglia. Perché lo leggi e ti interroghi, interpreti. Immagini.
Cosa saranno mai queste “briciole”?
A tal proposito (tornando ai libri) mi è venuta in mente una storia che ho letto alcune settimane fa. L’ha scritta Catena Fiorello. Bene, anche lei – alle pagine dedicate alla sua famiglia – ha dato un titolo eloquente quanto delicato: Dacci oggi il nostro pane quotidiano.

Ancora una volta il pane, che non è miseria, tutt’altro! È ricchezza intima, necessaria, imprescindibile alla crescita umana.
E briciola dopo briciola se ne assapora il gusto, simbolo unico di dignità.

3 luglio 2013

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