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Sabina Minardi, ”La lettura va promossa in primis a scuola, non solo sui social”

La lettura ti aiuta a tratteggiare ciò che conta per te, permettendoti di scoprire paesaggi interiori, più che fisici: l'avventura, la bellezza, il desiderio, il senso della giustizia. Dai libri, prima che dalle persone, si traggono i codici per interpretare rapporti e situazioni. E' quanto afferma Sabina Minardi...

MILANO – La lettura ti aiuta a tratteggiare ciò che conta per te, permettendoti di scoprire paesaggi interiori, più che fisici: l’avventura, la bellezza, il desiderio, il senso della giustizia. Dai libri, prima che dalle persone, si traggono i codici per interpretare rapporti e situazioni. E’ quanto afferma Sabina Minardi, giornalista de l’Espresso che scrive di Cultura e che dal 2008 tiene un blog dedicato ai libri, ‘Bookmarks‘, sul sito del settimanale. come occorre promuovere la lettura? Prima dei social, strumento utilissimo ma già al servizio dei lettori forti, occorrerebeb secondo la giornalista ‘lavorare’ più nel mondo reale, in particolare all’interno di scuole e librerie, dove è possibile formare i lettori di domani.

Come nasce la sua passione per la lettura e i libri?

Mi è difficile rintracciare la scintilla da cui è scoccata la mia passione per i libri. Si diventa lettori per contagio, per imitazione, perché impari sin da bambina che aprire un libro non è un gesto eccezionale ma quotidiano, esattamente come mangiare. Ho dei ricordi netti dell’emozione di fronte ad alcune letture: il mio primo Pirandello, “Le novelle per un anno”, o “I miserabili”, letto tutto d’un fiato, in un giorno d’estate. Ero onnivora, esattamente come oggi: spesso leggevo libri non adatti alla mia età, ma questo aumentava curiosità e voglia di capire. L’Istat ha da poco divulgato nuovi dati sulla lettura. Persino più del nuovo calo dell’indice di lettura degli italiani, mi ha colpito molto un fenomeno che si sta accentuando: tra i ragazzi tra i 6 e i 14 anni, legge il 66,9 per cento di chi ha madre e padre lettori e solo il 32,7 per cento di quelli che hanno i genitori non lettori. È una disuguaglianza molto grave.

 

Quanto la lettura ha influito nel corso della sua crescita, sia professionale sia umana?

Le mie scelte professionali sono sempre state influenzate dalla mia passione per la lettura: ben prima dell’Espresso, dove scrivo di argomenti culturali, ho contribuito a creare un circolo di lettura on line, Pickwick. Era il 1996. Negli anni successivi, su Repubblica.it appena nata, scrivevo di libri e raccontavo fenomeni editoriali provenienti dalla Rete.
Leggere, si ripete spesso, ti fa esplorare universi anche lontanissimi. È vero, ma non solo: dandoti un’idea della complessità del mondo, la lettura ti aiuta a tratteggiare ciò che conta per te. E parlo di paesaggi interiori, più che fisici: l’avventura, la bellezza, il desiderio, il senso della giustizia. Dai libri, prima che dalle persone, ho tratto i codici per interpretare rapporti e situazioni. Come una filigrana, le letture si sono sempre intrecciate alle mie esperienze di vita. Leggendo scopri la diversità, metti alla prova le tue opinioni, impari la tolleranza. «Un giorno lessi un libro e tutta la mia vita cambiò», ha detto, con disarmante semplicità, lo scrittore turco Orhan Pamuk, frase che la casa editrice romana Sinnos ha collocato in apertura del suo sito. È andata così. Il risultato è che oggi io diffido della gente che non legge. Non posso farci nulla: so in partenza che possiamo avvicinarci, condividere un cammino, volerci bene, ma parleremo sempre, nel profondo, due linguaggi diversi.

 

Lei tiene un blog dal nome “Bookmarks”. In che modo le community digitali, i blog e le testate dedicate ai libri contribuiscono a promuovere la lettura in Italia?

Le community sono già popolate da lettori forti. Penso che anche l’universo dei blog e dei giornali abbiano come lettori principali chi già è appassionato di libri. Tutte queste piattaforme sono stimolanti luoghi di confronto, di scambio di opinioni, di condivisione. Ma la lettura va promossa prima, a scuola. Va favorita puntando su esperienze concrete, che l’online non riuscirà mai a sostituire: incontri in libreria, gruppi di lettura, passaparola. Quanto è più potente, e contagiosa, la mano di un amico che ti regala un bel libro? E cosa raccontano, in fondo, i saloni e i festival sempre più affollati se non la voglia di stare insieme, di identificarsi in un gruppo con una passione comune, e col bisogno di scoprire, nelle pagine di uno scrittore, disarmato di fronte all’attualità, qualcosa che conti di più delle contingenze che rincorriamo ogni giorno?

 

A proposito di digitale, pensa che fenomeni come il selfpublishing e l’avanzare degli ebook in Italia possano essere un’opportunità in più o un ostacolo per i protagonisti della filiera dell’editoria come case editrici e librai?

Il selfpublishing non mi appassiona. Credo ancora nel lavoro di scouting e di cura di una casa editrice, come argine a un indistinto rumore di fondo, a scapito della qualità. L’ebook è un’altra storia: è un altro modo di leggere. Certo ci sono questioni aperte: tecniche, come il prezzo o gli standard dei file. E legate a una fruizione inevitabilmente diversa della lettura. In me, più che di ogni altra considerazione, prevale il senso di libertà che l’ebook mi dà: la leggerezza di portare ovunque con me i libri nuovi che voglio leggere, le bozze da valutare. O quei romanzi che sono per me fratelli, amici, amanti.

 

13 febbraio 2015

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