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Rileggere e riflettere

Anno nuovo, nuove letture. Siamo continuamente alla ricerca di stimoli nuovi, di storie appena scritte, di romanzi sconosciuti da usare per nutrire la nostra anima, per soddisfare la nostra voglia di trovare un senso...

“Un libro indegno di essere letto una seconda volta è indegno pure di essere letto una prima”

Carlo Dossi, Note azzurre 1870/1907 (postumo 1912/64)

Anno nuovo, nuove letture.

Siamo continuamente alla ricerca di stimoli nuovi, di storie appena scritte, di romanzi sconosciuti da usare per nutrire la nostra anima, per soddisfare la nostra voglia di trovare un senso. 

Io per prima stilo lunghissime liste di libri da leggere (“libromania”?) e mi aggiorno continuamente sulle nuove pubblicazioni, tanto che la mia pila dei libri “in attesa di lettura” cresce a dismisura.

Durante la pausa festiva mi sono trovata a riordinare una delle librerie e mi sono resa conto che ci sono dei romanzi che non ho solo letto, ma ho riletto più volte in epoche diverse della vita. La provocazione citata in testa a questo post è forse eccessiva, ci sono, a mio avviso, libri che meritano di essere letti una volta e in quella esauriscono la loro possibilità di dono nei confronti del lettore, libri che si leggono per passare il tempo, per curiosità, per affezione nei confronti di un autore che amiamo molto. Questi, solitamente, non avranno una seconda lettura. Ma nello scaffale accanto ci sono volumi che regalano uno spunto nuovo, una riflessione diversa ad ogni lettura, che hanno chiavi interpretative multiple che dischiudono mondi in relazione alla maturità del lettore e del suo momento di vita. Parlo di quei libri in cui ogni personaggio è un piccolo mondo, le storie si intrecciano con la complessità della vita stessa, i significati nascono e attendono di essere compresi.

Nei gruppi di libroterapia il confronto a più voci sul romanzo letto permette di condividere questa composizione di stimoli, ognuno sente non soltanto la propria ricaduta personale, quelle riflessioni che sono sorte spontanee durante la lettura, ma anche quelle degli altri. Altri che hanno età diverse, personalità diverse, esperienze diverse e quindi un diverso punto di vista e un diverso modo di dare significato a ciò che lo scrittore propone. Quando invece siamo soli nella lettura questa operazione di amplificazione non è possibile, quindi lo stesso libro riesce a darci solo la riflessione che siamo in grado di accogliere in quel momento in cui lo leggiamo. Anni più tardi, in momenti successivi della vita e con un bagaglio di esperienze arricchito, lo stesso romanzo ci fornirà spunti diversi, sul nostro io di allora (al momento della prima lettura) o il nostro io attuale. Anche il nostro inconscio, del resto, talvolta ci ripropone quei sogni di cui non abbiamo compreso il messaggio, con costante attesa che arrivi il momento giusto perché possiamo trarne una riflessione generativa.

I libri per bambini non sono mai soltanto tali e ogni tanto rileggere un libro di fiabe o qualcosa che di importante abbiamo conosciuto nell’infanzia può aprire nuovi universi (mi vengono in mente i libri di Calvino, che solitamente sono letture consigliate nel periodo scolare e che rilette da adulti non smettono di stupire) e qualunque libro ci abbia toccato nel profondo, anni dopo permette di “fare il punto” sui cambiamenti intercorsi e sul nostro trascorrere.

Oltre a questo ci sono i libri letti “troppo presto”: per chi, come me, è stato un giovane lettore curioso, di quelli che non resistevano ad attingere alla libreria degli adulti per saziare la loro voracità, alcuni dei testi saranno arrivati prima che la maturità personale ne permettesse la piena comprensione. Fidatevi, ve lo dice una che ha letto “Storia di una capinera” nei primi anni delle elementari, non traendone molto oltre alla cronaca degli eventi narrati: non potevo a quell’età comprendere cosa intendesse Verga quando scriveva “Era morta, povera capinera! Eppure il suo scodellino era pieno. Era morta perché in quel corpicino c’era qualche cosa che non si nutriva soltanto di miglio, e che soffriva qualche cosa oltre la fame e la sete”.

Anni dopo, rileggendo il romanzo, ho potuto riflettere maggiormente sul senso di quell’opera e anche su di me, domandandomi perché un romanzo così intriso di amore disperato e di mancanza di libertà avesse potuto affascinare una bimbetta che niente sapeva dell’amore e delle gabbie.

7 gennaio 2013

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