All’indomani dell’esito elettorale e visto l’alta percentuale degli astenuti, mi sento di esporre questa mia riflessione personale: Chi rinuncia al diritto di voto si adegua.
In ogni caso si adegua e sicuramente si adegua al vincitore, chiunque esso sia. E già così, la questione assume un aspetto piuttosto comico tendente al tragico.
Da ciò deriva che è da considerarsi poco opportuno pensare che l’astensionismo assurga a un ruolo di protesta, in quanto non votando si favorisce solo il partito che conquista il podio.
Il quale partito, molto probabilmente è anche la causa principale che scatenò la scelta del cittadino di non votare. In altri termini l’astensionismo è la massima forma di contraddizione del cittadino, perché se è vero, com’è vero, che da una parte egli afferma il suo diritto di NON votare in quanto nessun partito è capace di rappresentarlo, sta anche affermando che è disponibile a farsi NON rappresentare da chiunque e l’inerzia non ripaga comunque.
In altri termini ancora, chi non vota rimane a braccia conserte ad aspettare che le cose accadano, qualsiasi esse siano. E se personalmente vedo l’astensionismo come una più o meno inconsapevole forma di ipocrisia, non me ne si voglia troppo. Non siamo molto lungi dal ‘me ne lavo le mani’ o ‘dal me ne infischio’ .
Claudia Magnasco
26 maggio 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA