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Il cammino interiore di un giovane ragazzo in ”Bianco e Nero” di Filippo Gigante

''Bianco e Nero'', di Filippo Gigante, è una storia di sentimenti, di solitudine, di amarezza, di contemplazione verso quell'io che non vuol saper (almeno all'inizio) di uscire dal suo guscio...

Pubblichiamo la recensione di Gino Centofante per la sua capacità nel descrivere la storia e le tematiche del romanzo d’esordio di Filippo Gigante

“Bianco e Nero”, di Filippo Gigante, è una storia di sentimenti, di solitudine, di amarezza, di contemplazione verso quell’io che non vuol saper (almeno all’inizio) di uscire dal suo guscio. Il protagonista è Alex, un ragazzo alla ricerca delle sue risposte attraverso il quotidiano, le amicizie, le sue chiacchierate interiori, l’estraniarsi dagli altri per una pura presa di coscienza, come un cocchiere con le sue briglie, o un burattinaio con i suoi fili, verso la beata vita.

Un rapporto contrastato con la mamma Marina sempre troppo indaffarata e presa ad uscire con le sue amiche e a scrivere articoli giornalistici per la testata dello zio Erminio; un dolore incancellabile dal petto scaturito dal dolce ricordo del padre Domenico che è il protendersi in un certo qual modo del suo affrontare la vita. Il mare è lo sfondo della narrazione e un compagno placido, silenzioso, confortante, spiraglio di tante risposte portate in alto dalla brezza marina.

Figure centrali del libro sono secondo me la nonna Paola e il nonno Sato affascinato dalla cultura orientale ed espressione comune dell’amore senza limiti, perché l’amore è anche sopportazione, riflessione, impulso e soprattutto passione anche quando gli anni sono trascorsi. Insieme ad Alex veniamo trasportati dagli amici Cris, che dovrà affrontare una lotta con il vivere, Betta, che ama stare nell’immenso giardino dei nonni di Alex nelle loro disavventure universitarie, e Beta.

Dal libro si rimane affascinati anche da diverse nozioni come la psicologia dei colori spiegata e teorizzata dal filosofo svizzero Max Luscher, che si basa sul fatto che l’uomo ha una determinata attrazione o repulsione verso un determinato colore, o anche la differenziazione del tipo di pagliacci che possono essere divisi in due categorie: il Bianco e L’Augusto. Il primo più saggio e autoritario, il secondo più stralunato e pasticcione.

I capitoli sono scanditi da respiri quasi come se progressivamente l’autore stesse facendo dei progressi nel suo percorso iniziatico. Alla fine del libro ci si trova dinanzi dei piccoli respiri come delle “boccate” d’aria, degli ossigeni verso una stanza troppo buia, afosa e con spiragli di luce che proiettano sullo specchio della coscienza luminescenze bicromatiche, talvolta bianche nei momenti di spensieratezza e gioia, talvolta nera nei momenti di combattimento verso il proprio essere. Una giornata al circo diventa l’allegoria della riappacificazione e del tanto sperato incontro, che non è scandito dal leggero scorrere delle lancette, ma dall’effettivo accadere, quasi fosse un miraggio in un oasi deserta. La lettura sottende la ricerca come fulcro per la nostra esistenza, c’è chi indaga e risorge come una fenice, c’è chi viene sconfitto. Adesso non mi resta e non ci resta che trovare la nostra dimensione attraverso un filtro particolareggiato che si affaccia sul “Monte Lontano”, paradiso dell’esistenza terrestre.

 

24 settembre 2012

 

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