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Da “pultroppo” a “non centra niente”, ecco gli errori più comuni che si commettono in grammatica

Il docente e scrittore Massimo Roscia ci illustra le espressioni italiane “a rischio di estinzione”, i neologismi di cui potremmo fare a meno e gli errori grammaticali più comuni

MILANO – Riabilitare la grammatica, ingenerosamente detestata e restituire a essa onorabilità e reputazione sociale. Con questo obiettivo è stato scritto “Di grammatica non si muore“, l’ultimo libro del docente e scrittore Massimo Roscia, o come ama definirsi lui “un umile prosatore”. Dopo “La strage dei congiuntivi” Roscia ha realizzato un libro per proporre la grammatica (ai ragazzi, per il loro rientro a scuola, ma non solo) in modo utile ma anche giocoso e divertente. Quali sono le espressioni linguistiche italiane “a rischio di estinzione”? I neologismi di cui potremmo benissimo fare a meno? Gli errori grammaticali oggi più comuni? Ad illustrarceli in questa intervista lo stesso autore.

 

Cosa differenzia “Di grammatica non si muore” da tutti gli altri libri dedicati alla grammatica?

La circostanza, certamente non trascurabile, che il libro sia stato scritto non già da un grammatico o da un linguista, ma da un umile prosatore, un modesto artigiano delle parole, un appassionato amante della lingua italiana. Passando dall’aspetto soggettivo a quello oggettivo, l’idea – invero semplice – che lo ha ispirato: riabilitare la grammatica, ingenerosamente detestata (perché legata ai terrificanti ricordi di matite rosse e blu, punizioni dietro la lavagna, ululati della maestra e polverosi volumi ricolmi di astratti tecnicismi, obblighi, divieti, regole ed eccezioni spesso incomprensibili), restituire a essa onorabilità e reputazione sociale e presentarla per come realmente è: popolare, moderna, dinamica, concreta, utile, divertente, giovane e sexy.

 

Quali sono le espressioni linguistiche italiane “a rischio di estinzione”?

Tra le specie linguistiche “estinte” c’è l’accento circonflesso, che è caduto in disuso ed è andato a fare compagnia ai floppy disk, ai videoregistratori VHS, ai gettoni telefonici e a Mazinga Z. Tra le specie “a rischio di estinzione” – e, almeno questa volta, non c’entrano i mutamenti climatici, l’inquinamento, la deforestazione o il bracconaggio – ci sono sostantivi, pronomi e modi verbali. A causa di un utilizzo sempre più pigro e passivo dell’italiano e della crescente diffusione di genericismi (parole polivalenti come bello, carino, grande, tipo, molto, cosa, roba, importante e fare), molti bei vocaboli rischiano di scomparire. Stessa triste sorte sembra toccare all’aggettivo o pronome dimostrativo codesto (gli ultimi esemplari sono stati avvistati in Toscana) e, in misura minore, al povero congiuntivo, troppo spesso sbrigativamente sostituito con l’indicativo, un modo verbale che richiede scarso impegno, è comodo da indossare come una tuta da ginnastica e facile da montare come una libreria di Ikea. Tra le specie “in via di estinzione” c’è invece il punto e virgola, l’elegante segno del mondo di mezzo, il panda della punteggiatura.

 

Quali, invece, le espressioni e i neologismi di cui, a tuo parere, occorrerebbe fare a meno?

La formazione di neologismi è come la fotosintesi clorofilliana; è un fenomeno naturale e spontaneo. Ogni giorno nascono nuovi vocaboli e nuove locuzioni che vivono, per un tempo indeterminato, tra simpatia e diffidenza, accettazione e rifiuto, effimero e duraturo. Il loro destino dipende dalla comunità dei parlanti ed è, ripeto, del tutto normale. Io stesso arricchisco costantemente il mio lessico personale con parole fresche di conio (create con l’aggiunta di prefissi o suffissi, prese in prestito da altre lingue, importate dalla tecnica o adottate dal frasario giovanile) ma, in alcuni casi, più per motivi di natura estetica che linguistica, non riesco a farle mie. A quali parole mi riferisco? Promozionare, situazionare, efficientare, attenzionare, ingressare, deliverare, brandizzare e debrandizzare, adultizzarsi, pedaggiare, agendizzare. E potrei continuare.

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Quali sono i 5 errori più comuni che si commettono in grammatica?

I cinquemila errori più comuni sono… Purtroppo (e non pultroppo), nonostante la buona tenuta dell’italiano – che è una lingua vigorosa, robusta, capace di resistere ai maltrattamenti e di generare gli opportuni anticorpi – gli errori sono sempre tanti, troppi. Mi limito ai più piccoli – intendo dal punto di vista grafico –, quelli che riguardano gli apostrofi (non centra niente, un’abbraccio, un ora, qual’è, d’avvero e daccordo), gli accenti (, stò, , , quì, quà, tré, ) e la punteggiatura (virgole gettate a casaccio sulla pagina come semi nei campi in una giornata ventosa; punti che compaiono come pruriginose bolle della varicella; punti che scompaiono lasciando il lettore in apnea; parentesi che sfidano il moto perpetuo e restano aperte all’infinito; puntini di sospensione che rompono gli argini e diventano sette, quindici, venticinque…).

 

È di stretta attualità la storia del prof che fa tradurre ai suoi studenti canzoni attuali dal latino all’italiano. Quale potrebbe essere un’idea per insegnare la grammatica italiana in modo originale, interattivo e soprattutto efficace?

Presentandola come un gioco. La grammatica, infatti, come ogni gioco, ha le sue regole, mette in competizione (sana competizione), misura l’abilità, stimola l’intelletto, migliora l’autostima, sviluppa le competenze, aiuta a gestire meglio le emozioni, rende più efficace la comunicazione, rallegra lo spirito e, in una sola parola, diverte.

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