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Più libri meno palloni: la protesta in Brasile

Ma davvero, i politici della terra, ci facevano così stupidi? Tanto inetti da accettare passivamente: corruzione, disoccupazione, mancanza di infrastrutture, di democrazia e del rispetto dei fondamentali diritti umani?

Ma davvero, i politici della terra, ci facevano così stupidi? Tanto inetti da accettare passivamente: corruzione, disoccupazione, mancanza di infrastrutture, di democrazia e del rispetto dei fondamentali diritti umani?

Evidentemente sì, se restano ancora stupiti davanti alle richieste dei loro concittadini che, stremati, non chiedono che vedere applicate le leggi e i diritti che hanno ottenuto.

Senza risposta e senza avere la possibilità di confronto con il “Governo” nascono le rivolte. Alcune hanno avuto il profumo della primavera araba, altre sono nate da un gruppo di studenti ad Istanbul e hanno portato alla costruzione di muri di libri contro la violenza e lo strapotere della polizia.

Adesso la protesta si é spostata in Brasile proprio durante, udite, udite, la Confederation Cup. Il rito del calcio che ogni estate si ripete, non importa che nome abbia, davanti al cui altare si immolano milioni di persone che sanno che nei prossimi 15-20 giorni avranno qualcosa da fare e qualcosa a cui pensare.

Una sorta di anestetico collettivo che supera tutti i confini e che ci fa stare buoni proprio lì, davanti alla scatola magica.

Ma i brasiliani, che sono forse gli unici ad intendere ancora il calcio come divertimento, non ci stanno e non vogliono che i soldi vengano buttati nella costruzione di impianti che dopo il mondiale 2014 non verrebbero utilizzati.

Che cosa chiedono, allora? Più infrastrutture, meno corruzione, più ospedali e soprattutto nuove scuole, perché se deve partire il rilancio di un paese questo non può prescindere dall’educazione.

Non importa che il tuo presidente sia stato un operaio e che ora sia una donna, ci sono interessi, soprattutto economici, da rispettare. Contratti con le multinazionali che promettono incentivi e posti di lavoro per poi sparire ai titoli di coda e ripresentarsi, puntuali, al canto degli inni nazionali nel prossimo evento sportivo.

Chiedono più libri e meno palloni, investimenti seri che credano nel rilancio di un paese che ha tutte le potenzialità per crescere e fare la differenza.

Blogario é il mio diario, qui su Libreriamo, e come tale deve raccogliere i miei sfoghi. Lo so, ultimamente é un po’ polemico, ma sono i fatti a farlo diventare così.
Voi che cosa ne pensate?

 

Blogario

 

22 giugno 2013

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