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Paolo Crepet, “No comfort zone: i genitori devono insegnare ai figli il valore delle emozioni”

In occasione dell'uscita del suo ultimo libro "Mordere il cielo", Paolo Crepet sottolinea la necessità dei giovani di uscire dalla comfort zone e riscoprire le emozioni. E ai genitori dice: “credete in loro. Solo cadendo si impara”

Psichiatra, sociologo e scrittore, 73 anni, seguitissimo dai giovani sui Social, riempie i teatri con le presentazioni dei suoi libri. E’ il professore Paolo Crepet, autore di decine di bestseller per Mondadori: Baciami senza rete (2016), Il coraggio (2017), Passione (2018), Libertà (2019), Vulnerabili (2020), Oltre la tempesta (2021), Lezioni di sogni (2022), Prendetevi la luna (2023).

Ora Paolo Crepet in tournée con il suo ultimo libro “Mordere il cielo”, edito da Mondadori. Un libro che ci pone davanti ad un interrogativo urgente e necessario soprattutto al tempo della società digitale: “dove sono finite le nostre emozioni?”. La risposta è racchiusa in quasi 300 pagine, suddivise in agili capitoletti tra ricordi personali, incontri e riflessioni, in cui l’autore ci esorta con passione a ribellarci all’indifferenza.

Intervista a Paolo Crepet

In occasione dell’uscita del suo nuovo libro, Silvia Grassi ha intervistato il professore Paolo Crepet.

Dal femminicidio di Giulia Cecchettin uccisa a sangue freddo dall’ex fidanzatino, al doppio infanticidio di Chiara Petrolini che ha sotterrato i neonati che portava in grembo. Sempre più giovani sono autori di efferati delitti. Dove sono finite le emozioni e l’empatia che ci rende umani?

Una ragazza che partorisce due volte nel giardino di casa… Io questa deriva non la potevo nemmeno immaginare quando ho concepito il libro, due anni fa, eppure è successo anche questo. Il caso di Chiara Petrolini ci racconta di giovani, figli di genitori cresciuti con la tecnologia digitale, che vivono l’annullamento autistico delle capacità. Siamo tutti dentro una bolla tecnologica anche se facciamo finta di non accorgerci.

Io per primo mi sono chiesto, come è possibile uccidere un bambino ed andare dall’estetista! E se pensiamo che sia un caso isolato, che sia solo quella ragazza ad avere quel tipo di “anestesia” siamo fuori strada.

Nel suo libro si parla proprio di questo: dell’indifferenza, dell’invisibilità dell’altro, dell’anestesia emotiva. Da psichiatra e sociologo cosa rileva?

Penso che queste tragedie non siano casi fortuiti; non possiamo catalogarle come fatti a sé stanti, le cose non accadono così a caso.
La gente mi ferma e mi chiede: “Come è possibile che un fidanzato non si sia accorto di niente?” Ma io mi domando: “Di cosa parlano i giovani quando si incontrano? Se vanno in vacanza quale è l’argomento di cui si discute?” Secondo me è del niente, dello zero assoluto; anche il sesso è diventato una routine.

“Mordere il cielo”, il suo ultimo libro è stato definito un manifesto contro la comfort zone. Io mi chiedo: ci diamo da fare tutta la vita per trovare la nostra comfort zone, perché una volta che l’abbiamo trovata la dovremmo lasciare?

La comfort zone è la cosa più terribile che possa capitare all’umanità. Quando stai comodo il tuo pensiero si ferma. Il nostro pensiero necessita di scomodità, di cercare soluzioni che non siano sempre facili: nel lavoro, nella vita relazionale, nel quotidiano. Noi invece cerchiamo sempre di ripetere le stesse cose: siamo la generazione più conformista che si possa immaginare.

In “Mordere il cielo” scrive che “la più grande forma di solitudine è passare il nostro tempo con persone sbagliate…”. Oggi che siamo così immersi nella tecnologia, siamo iperconnessi, abbiamo tutto a portata di click, non c’è il rischio di isolarci ancora di più, confondendo le amicizie virtuali con quelle reali?

Io non me la prendo con la GenerazioneZ perchè la GenZ è il prodotto della generazione precedente e precedente ancora. Cioè, se un ragazzino di 16/17 anni ha un padre che andava all’osteria, beveva un goccio con i suoi amici conosce il significato di socializzazione, di frequentazione, se ha un padre che parla solo con Alexa, che fa? Si imbeve di ciò che c’è, così questa generazione diventerà la più dannata della terra.

Se in questo mondo trionfa questo tipo di comunicazione non essere preoccupati è da scemi.

La comunicazione della GenZ è tutta sui social, li utilizza anche come mezzo di socializzazione. Che futuro prevede?

L’influencer è il capo dei conservatori perché essi vogliono che sempre più follower facciano quello che dicono loro. ⁠La mia preoccupazione è proprio questa, se ci sono influencer che hanno 20/30 milioni di ragazzi e ragazze che li seguono; lei capisce che è una sventura incredibile perché finiranno per mettere tutti le stesse scarpe. frequentare tutti gli stessi locali, mangiare tutti lo stesso tipo di cibo.

In “Mordere il cielo” scrive anche che “Ognuno è ciò che lascia, non ciò che vive, e io vorrei lasciare qualche parola detta e scritta, imprecisa magari ma capace di suscitare un sobbalzo. Non posso ammettere che tutto sia superfluo. Credo di essere nato e di aver vissuto per avere opinioni, perché me ne dovrei vergognare?” Vede molta omologazione e paura di affermare le proprie idee da parte dei giovani?

La libertà è un esercizio molto faticoso, implica il confronto, l’ascolto e l’eventuale critica delle idee degli altri, e naturalmente avere delle idee proprie. Ma se ci hanno educato alla comfort zone, se ci hanno sempre insegnato che si sta meglio seduti in poltrona, piuttosto che in piedi, è chiaro che cominciamo a detestare la fatica quotidiana che comporta l’essere liberi.

E allora cosa si fa? Un tempo c’erano le vecchiette che la sera andavano in chiesa, il prete diceva loro tre cose e loro pensavano che quella fosse la soluzione. Oggi si va sui social e si seguono gli influencer che sono i nuovi predicatori.

Anche lei, però, è seguitissimo sui social, ha numeri da influencer, quasi 700 mila follower e fa il pienone di giovani a teatro, ma non è un comico, non è un attore, non è un cantante. E’ un autorevole psichiatra, ma anche un “influencer” perché con le sue “prediche” “influenza” migliaia di persone?

C’è una certa differenza: io non dedico un minuto della mia vita quotidiana ai Social. Non ho mai fatto un reel o una story di me stesso. Non mi metto su Facebook o Instagram o YouTube, lo fanno gli altri. È una cosa totalmente diversa. Se penso a quel poveraccio/a che fa l’influencer che si sveglia la mattina già perfetta col rossetto e posta un video già alle 8 di mattina e poi alle 12 e un altro ancora alle 3 e poi un altro alle 4 e così avanti tutta la giornata, penso a dei dannati. Io non vivo così.

Se poi qualcuno viene a riprendermi durante le mie conferenze e quel filmato lo mette sui social, lo ringrazio e finisce lì. Io non perdo il mio tempo in questo modo.

Prima dei figli bisogna guardare ai genitori. Quale modello educativo suggerisce per crescere giovani consapevoli e autonomi?

Dire oggi consapevoli e autonomi è una bestemmia. I genitori fanno esattamente l’opposto. Ho letto la notizia che vanno a scuola ad asciugare i capelli ai figli, per non parlare del taglio delle fettine di carne di cui parlo nel libro; io me le sono sempre tagliato da solo.

Ora i genitori fanno cose da deficienti totali, addirittura girano lo zucchero dentro al caffellatte ai figli, fanno cose che erano inimmaginabili fino a 40 anni fa! Hanno l’idea di dover proteggere i figli da tutto e così quando avranno 30 anni saranno dei perfetti idioti, persone che non sanno fare niente, neanche pensare.

Cosa dovrebbero, invece, fare i genitori per aiutarli a crescere?

I genitori devono insegnare ai figli a volare, non a rimanere in camera da letto. Devono avere il coraggio di credere in loro, nelle loro possibilità, dare loro la possibilità di capire i loro limiti e come superarli. Altrimenti saremo sempre noi ad essere i paracaduti per i nostri figli. Figli che non cadranno mai, non cresceranno mai e avranno una vita terribile.

Noi li stiamo condannando a una vita terribile: la comfort zone genera degli ebeti che stanno seduti sul divano a vedere una serie sul telefonino che dura 250 puntate.

Lei racconta che la fermano spesso mamme per chiederle consigli su come educare i figli e soprattutto su come comportarsi con gli insegnanti. Lei cosa risponde?

Ci sono dei genitori che mi scrivono in 10 righe il loro problema e mi chiedono un consiglio in 5 righe, come se rispondendo a quella e-mail potessi risolvere il conflitto in atto: questa è la superficialità dei tempi moderni. Come se i problemi che non ci fanno dormire di notte e ci attanagliano potessero essere risolti in 5 minuti attraverso una specie di “tutor”, che sarei io. La gente vuole questo: risolvere un problema complicatissimo nella forma più semplice e banale possibile.

Dignità, libertà e emozioni. Sono le tre parole su cui si fonda l’idea che l’ha portata a scrivere questo libro. Come ce ne si riappropria?

Prima di tutto la dignità, che è fare i conti con sé stessi la sera quando si va dormire, facendo un bilancio di quello che si è fatto di buono e di nuovo. Non per essere come Cristoforo Colombo, ma ciascuno di noi deve avere un proprio obiettivo, un progetto: non si possono vivere 90 anni alla giornata, non siamo più ai tempi degli antichi romani che vivevano in media 35 anni.

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