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Paolo Ambrosini (Presidente ALI), “La legge sul libro aiuterà le librerie”

Il Presidente dell'Associazione Librai Italiani racconta il mercato librario italiano, analizzando opportunità e scenari futuri delle librerie

Le librerie devono essere pensate come un luogo di aggregazione, la cui figura del libraio deve mantenere un ruolo fondamentale. Coloro che riusciranno a restare al passo con i tempi e saranno capaci di cogliere le esigenze dei lettori, continueranno ad esistere. Parola del Presidente dell’Associazione Librai Italiani Paolo Ambrosini, al quale sta molto a cuore la legge sul libro, nei giorni scorsi approvata dalla Commissione Cultura del Senato , e che permetterà alle librerie indipendenti di resistere con maggior forza in un mercato la cui concorrenza online e delle librerie di catena rischia di metterle fortemente in crisi. Ecco di seguito l’intervista al Presidente ALI.

 

Qual è la situazione delle librerie italiane oggi?

Prima di tutto occorre analizzare la situazione della lettura oggi in Italia: gli ultimi dati Istat dimostrano che il Paese è fermo a 17 anni fa come indice di lettura. Il mercato potenziale al quale le librerie possono rivolgersi non si è modificato nei numeri. Questo malgrado si fosse detto che con una strategia più aggressiva sul prezzo il numero totale dei lettori sarebbe aumentato. In questi 17 anni il mercato per le librerie è cambiato: si sono inserite le librerie di catena, sono nati il canale della GDO e la vendita online. Si tratta di segmenti di mercato che possono fare maggiormente leva sul prezzo. Complessivamente il mercato in cui si muovono le librerie è difficile ed aggressivo; tuttavia le librerie che hanno saputo aggiornarsi e cogliere le esigenze dei lettori resistono, ma non so quanto potrà durare alla luce dell’aggressività del mercato in cui operano.

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Cosa non funziona? Quali sono le difficoltà?

Esiste un disegno di legge (il ddl lettura) di cui comunque tutti i referenti politici ci garantiscono un’approvazione in tempi brevi. Se passasse, sarebbe un grande traguardo, un’inversione di tendenza rispetto a ciò che in tutti questi anni si è fatto per la promozione della lettura. Quest’ultima non passa da uno sconto, ma attraverso un’attività organizzata, anche istituzionalmente, prendendo esempio dagli altri Paesi europei. Il poter scontare un libro dal 15% al 5% non farà scomparire tutte le altre attività di promozione sul prezzo vigenti, per cui il consumatore non ne avrà un danno, anche perché la legge in vigore ha concesso agli editori di aumentare il prezzo, con conseguenza il fatto che il consumatore non ha mai speso di meno per comperare un libro.

Paolo Ambrosini (Presidente ALI), “Uno Stato che non crede nella cultura non è un bel segnale”

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Quali esempi europei virtuosi si dovrebbero seguire anche in Italia?

La Francia ha un Centro del Libro con un’ampia dotazione finanziaria che permette di attuare attività di promozione molto forti durante l’anno. In Germania, dove lo sconto massimo possibile è lo “zero”, vi è una grande partecipazione tra mondi istituzionali, con le librerie che collaborano a stretto contatto con gli editori, i quali hanno un’unica associazione di categoria. La Germania attua inoltre un modello di distribuzione intermedio molto efficace, che permette alle librerie tedesche di avere un livello di servizio altissimo, consegnando i libri in tempi brevi. In Italia mancano investimenti seri da parte dei grandi editori nelle strutture distributive: rispetto all’estero si è raggruppato il controllo della filiera in modo verticale, facendo disperdere risorse e deconcentrare gli obiettivi aziendali, con conseguente crisi della logistica: non è pensabile avere distributori primari che appena la domanda aumenta vanno in crisi, con tempi di consegna che si dilatano. Per le librerie italiane, quindi, è difficile reggere sul mercato con una concorrenza più efficiente sia sul piano dello sconto sia sul piano del servizio, senza una legge che tuteli i librai dalla concorrenza delle grandi catene e dei servizi online. Il libraio si sostiene vendendo i libri: questo devono capire i politici e i cittadini. La concentrazione verticale non permette di sviluppare il mercato.

La legge sul libro è stata approvata dalla Commissione Cultura del Senato

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Cosa ne pensa delle forme di contaminazione che stanno riguardando sempre più le librerie, in particolare le nuove?

Oggi qualsiasi tipo di attività deve essere un luogo di aggregazione, tanto più la libreria che tratta un bene che parla “di noi”, il classico prodotto che richiede la socializzazione, cosa che non può avvenire applicando altri modelli distributivi. Ribadire la centralità della figura del libraio è fondamentale. In questo processo non ci dobbiamo dimenticare che il nostro lavoro si costruisce attorno ai libri: in tale direzione va la richiesta rivolta anche da parte dell’ALI agli editori ed ai distributori di trovare formule che consentano di avere i libri in assortimento. La libreria è principalmente fatta dai libri che il libraio è in grado di proporre, altrimenti diventiamo dei monomandatari di qualche marchio editoriale, non rispondendo all’idea di libreria che si è cercato di affermare nel nostro Paese. Molte librerie in crisi sono rimaste in piedi grazie alla formula del franchising pagando i libri, a differenza del libraio indipendente, una volta venduti, cedendo tutto il suo fatturato alla casa madre, che acquisisce una quota nel mercato del libro che le permette di aumentare la sfera d’influenza; è questo il caso di Mondadori e Ubik, dietro ai quali ci sono degli editori “verticali”, con i limiti di sviluppo del mercato librario sopracitati.   

Ci fa piacere l’attenzione mediatica da parte di stampa e opinione pubblica che si registra quando una libreria chiude, ma occorre andare oltre la denuncia e trovare soluzioni, come l’approvazione della legge sul libro, al momento ferma in commissione bilanci. Con la volontà le cose si realizzano.

 

 

 

 

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