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Nunzia Penelope, ”Il problema della disuguaglianza e dell’evasione hanno privato l’Italia delle sue migliori forze”

L'Italia dispone di una ricchezza privata che è quasi cinque volte il debito pubblico, ma è nelle mani di una ristretta minoranza ed è spesso nascosta. È quanto emerge da ''Ricchi e poveri'', il nuovo libro-inchiesta di Nunzia Penelope - già autrice di ''Soldi rubati'' - in cui la giornalista analizza con estrema precisione, dati alla mano, il problema della disuguaglianza nel nostro Paese...
La giornalista presenta il suo nuovo libro-inchiesta, “Ricchi e poveri”, in cui analizza tutti gli aspetti e le conseguenze dell’ineguale distribuzione, in Italia, di un’enorme e spesso nascosta ricchezza privata
 
MILANO – L’Italia dispone di una ricchezza privata che è quasi cinque volte il debito pubblico, ma è nelle mani di una ristretta minoranza ed è spesso nascosta. È quanto emerge da ‘Ricchi e poveri‘, il nuovo libro-inchiesta di Nunzia Penelope – già autrice di “Soldi rubati” – in cui la giornalista analizza con estrema precisione, dati alla mano, il problema della disuguaglianza nel nostro Paese, mettendo in evidenza le conseguenze di questa ineguale distribuzione delle ricchezze per l’economia nazionale e soprattutto per l’intera generazione dei trenta-quarantenni di oggi.
 
Quali sono le fonti principali da cui ha tratto i dati riportati nel suo libro-inchiesta?
Lavoro  su moltissime fonti, ma sempre ufficiali. Nel caso di “Ricchi e Poveri” ho usato le ricerche che la Banca d’Italia ha dedicato alla ricchezza e ai redditi degli italiani, le indagini dell’Istat, i rapporti dell’anagrafe tributaria, e molto altro. Documenti di migliaia di pagine, zeppi di dati e informazioni non facilmente accessibili per i non addetti ai lavori,  che poi  io ‘’traduco’’ in fatti, storie e numeri comprensibili a chiunque.
 
A un certo punto del suo libro scrive che esistono studi approfonditi sulla povertà in Italia: ora sarebbe il momento di studiare la ricchezza del nostro Paese, di fare un’analisi sulle risorse a disposizione di quel 10% degli italiani che si dividono il 50% delle ricchezze nazionali. Quali metodi e strategie dovrebbe seguire uno studio di questo tipo? Quali difficoltà incontrerebbe e come si potrebbero superare tali difficoltà?
L’Italia dispone di una colossale ricchezza privata, oltre 8.600 miliardi, cioè quasi cinque volte il debito pubblico. Ma è una ricchezza spesso nascosta, che  in molti casi fa rima con evasione fiscale. Per esempio: la Banca d’Italia mi dice che ci sono 6 milioni di individui super ricchi con patrimoni da milioni di euro, l’anagrafe tributaria mi dice che abbiamo 2 mila jet privati, 100 mila yacht e 600 mila auto di lusso; ma nello stesso tempo al fisco risultano solo 682 persone che dichiarano redditi superiori a un milione. Chiaro che qualcosa non torna. Occorrerebbe più trasparenza, ma ogni volta che si parla di mettere on line i dati sui redditi qualcuno si appella al diritto alla privacy e non se ne fa nulla. 
 
Un quadro particolarmente nero è quello che ritrae la situazione dei giovani: un’intera generazione sacrificata quella dei trenta-quarantenni di oggi, quelli che vivono le maggiori difficoltà economiche e lavorative. Ci può riassumere i dati più rappresentativi di questa situazione? Quali conseguenze avrà sulle persone in primis, e sull’economia dell’intero paese poi, questo salto generazionale?
La riassumo così: oggi  un trentenne ha di fronte a sé tre opzioni, essere disoccupato, essere precario, o emigrare all’estero. E poi arriva pure qualcuno a spiegarci che i giovani italiani sono schizzinosi…. Basterebbe dare un’occhiata dietro le casse dei supermercati per trovare battaglioni di  laureati rassegnati a battere scontrini tutta la vita. Io credo che ci porteremo sulle spalle per decenni la responsabilità, pesantissima, di aver privato milioni di ragazzi di qualsiasi speranza e l’Italia delle sue migliori forze.
 
“Con la cultura non si mangia” titola un paragrafo del libro: la carriera universitaria nel nostro Paese è un calvario. Perché invece la cultura andrebbe valorizzata? Quale sarebbe il ritorno economico di un investimento in questo campo?
Il primo elemento di competitività economica è il livello di cultura e formazione dei cittadini. In Italia la metà della popolazione ha solo la terza media, 13 milioni di persone hanno solo la quinta elementare, gli analfabeti totali sono circa 2 milioni, e i laureati appena il 12%. L’ investimento fondamentale per rilanciare la crescita dovrebbe essere sulla scuola e sull’università. Invece si tagliano risorse. Per questo non siamo competitivi.
Alla fine del suo libro analizza le responsabilità dei media nel trasmettere all’opinione pubblica informazioni distorte sulla crisi che stiamo vivendo: quali sono le deformazioni di cui i media sono responsabili? Dove il pubblico può andare a cercare le informazioni corrette?
I media seguono la corrente: si insiste a scrivere che l’Italia è sull’orlo del baratro, ma si trascura di raccontare anche quanto sia grande la ricchezza privata nel nostro paese.  Però le informazioni corrette esistono, basta aver voglia di cercarle.  Da questo punto di vista, Internet è una grandissima risorsa. Tutte le relazioni e documentazioni che ho usato per il mio libro sono reperibili in rete, alla portata di tutti.
 
2 dicembre 2012 
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