Dopo il successo travolgente di “Triste tigre”, il memoir che ha conquistato il Prix Femina, il Goncourt des Lycéens e lo Strega Europeo, Neige Sinno torna a sorprenderci con “La Realidad” — tradotto da Luciana Cisbani per Einaudi —, un libro che alcuni definirebbero “narrativa di viaggio”, ma che allo stesso tempo è sia fisico che simbolico; un intreccio tra esperienza personale, riflessione politica e tensione letteraria verso un luogo che è anche un’idea.
“La Realidad” tra l’entusiasmo francese e l’attesa internazionale
Se “Triste tigre” aveva conquistato anche la stampa internazionale, “La Realidad” per ora resta circoscritto al dibattito francese. Forse non è ancora arrivato il suo momento, ma possiamo dire che in Francia Le Monde, Télérama, Libération, L’Obs — insomma, tutte le principali riviste culturali — hanno dedicato pagine appassionate a questo libro, definendolo “un romanzo impegnato” e “un racconto iniziatico”, un testo che “non fa sconti al lettore ma apre orizzonti”.
Alla ricerca di un altrove reale
Nel 1994, vicino alla frontiera del Guatemala, nello Stato del Chiapas, esiste un villaggio chiamato La Realidad — da cui prende il nome il libro di Neige Sinno. È proprio in questa zona che esplode una rivolta: il movimento zaparista (EZLN – Ejército Zapatista de Liberación Nacional) sfida il governo e, armi alla mano, pone l’accento sulla democrazia e sui diritti delle popolazioni indigene, occupando diverse città.
In questo contesto, Senna pone la protagonista del romanzo — suo alter ego. La fa partire nel 2003, spinta dall’urgenza di incontrare la comunità zapatista per raggiungere “La Realidad”.
Ma il romanzo non si ferma alla cronaca dell’itinerario geografico. Racconta la ricerca di “una terra che accolga”, come scrive Le Monde, e finisce per fare i conti con i propri limiti, i propri desideri, i propri fallimenti.
Il luogo tanto evocato non diventa mai una cartolina esotica. Anzi: resta invisibile, lontano, quasi un miraggio. Perché Sinno non ci offre una guida turistica. Un libro che, come osserva Télérama, si presenta come “un racconto di formazione superbo e profondo”, dove la narrazione dell’incontro mancato è solo la soglia per interrogare il nostro bisogno di realtà, di giustizia, di senso.
Una scrittura inconfondibile
C’è qualcosa di inconfondibile nello stile di Neige Sinno: un passo narrativo che unisce rigore e poesia, riflessione politica e lampi di intimità. “La Realidad” si muove tra registri diversi, alternando pagine di diario, squarci autobiografici e digressioni che sfiorano il saggio. Un ibrido che qualcuno ha definito “letteratura di combattimento”, e non a caso: Libération parla di “una letteratura amica in un mondo saturo di nemici”.
Il testo non cerca mai l’effetto facile. Non c’è retorica, non c’è estetizzazione del dolore o del conflitto. Piuttosto, c’è una lingua nuda, capace di far convivere l’analisi storica e la confessione personale. Netcha – e con lei Sinno – non si limita a descrivere: mette in discussione le categorie con cui pensiamo l’altro, l’esotico, la rivoluzione.
Dal privato al politico: la continuità con “Triste tigre”
“La Realidad” non è un libro isolato. È, per stessa ammissione dell’autrice, la continuazione ideale di “Triste tigre”. Se il primo era un urlo contro la violenza patriarcale, questo è un viaggio nella possibilità di una comunità diversa, più giusta e ospitale. Ma l’eco di quel trauma resta e riaffiora tra le righe.
In una recente intervista a Télérama, Sinno ha dichiarato che i due libri sono stati scritti “in una continuità completa” come movimenti di una stessa ricerca; e, in effetti, la scrittura conserva la stessa urgenza e lo stesso rifiuto di separare la vita dalla letteratura.
Un romanzo politico e fisico
Uno dei meriti maggiori di “La Realidad” è riuscire a parlare di politica senza trasformarsi in manifesto. La questione zapatista, il desiderio di giustizia sociale, il sogno di un’altra globalizzazione: tutto questo attraversa il libro, ma non soffoca la dimensione personale. Il viaggio di Netcha non è un pellegrinaggio ideologico, bensì un’avventura fragile, fatta di attese, di incontri mancati ed errori.
Come nota L’Obs, Sinno è “una voce di cui abbiamo bisogno in tempi come questi”: una voce capace di coniugare il bisogno di pensiero con la verità delle emozioni. Il romanzo ci ricorda che la realtà non è mai un concetto astratto.