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Nadia Wassef e la realtà delle donne egiziane aldilà degli stereotipi

L'autrice de "La libraia del Cairo" a Pordenonelegge racconta cosa vuol dire essere una donna imprenditrice e una madre in Egitto oggi

Cosa significa essere donne in Egitto. C’è un’isola sul Nilo al Cairo, Zamalek, un piccolo gioiello con una grande parte verde squarciata da un’arteria che oltrepassa il fiume. È lì che l ‘8 marzo 2002, con la sorella Hind e l’amica Nihal, Nadia Wassef inaugurava Diwan, la prima libreria moderna e fieramente indipendente d’Egitto. Ora Nadia racconta quest’esperienza in un memoir edito da Garzanti, La libraia del Cairo, presentato a Pordenonelegge.

Il rapporto con Diwan durato vent’anni

Diwan in arabo ha molti significati da canzoniere a dogana a – lo sappiamo bene per la facile assonanza – divano perché i burocrati del sultano non usavano sedie, ma tappeti e cuscini per le lo riunioni, E Diwan è stato un posto accogliente e coraggioso in un momento in cui nell’intero paese non esisteva nulla di paragonabile, la cultura faticava a emergere sotto il peso del malgoverno, e i libri erano considerati un lusso e non una necessità. Ed esisteva un problema di lingua, da una parte una produzione in arabo classico, paludata e conservatrice, dall’altra la produzione in lingua inglese e francese accessibile solo agli egiziani ricchi e colti.

Aprire una libreria in Egitto

“L’Egitto – spiega Nadia Wassef in conferenza stampa – è stato da sempre un posto di melting pot fin dall’antichità e in tempi recenti una terra di colonizzazione. Nei primi anni Duemila, al momento dell’apertura della libreria non c’era un clima ostile tutt’altro: abbiamo anzi colto il momento di spinta di una finestra temporale positiva in cui vigeva ottimismo e molti studenti stavano tornando dall’estero. Ed ha funzionato, perché prima di tutto quel posto piaceva a noi. Poi col tempo tutto è cambiato”.

E quell’insieme di circostanze positive è irripetibile tanto che – dice ancora l’autrice “Cerco di non provare nostalgia, ma racconto il mio rapporto con Diwan di Zamalek – la primogenita, perché poi alla prima libreria ne sono seguite molte altre – come fosse una persona con cui ho avuto un rapporto anche conflittuale per vent’anni e che ho poi risolto. Una memoria che posso solo condividere con Hind e Nihal: un ‘esperienza unica che non ripeterò”. La difficoltà maggiore, inizialmente è stata più la burocrazia che la censura”.

L’autrice non si sofferma a commentare la realtà politica dell’Egitto odierno e dice soltanto: “Ora in Egitto non siamo più in una situazione di sprint, come vent’anni fa, ma piuttosto ci troviamo in una maratona in cui vince chi ha la forza di andare avanti. Però ci sono dei segni importanti, ad esempio, prima esisteva solo la letteratura in arabo classico oggi si usa anche l’arabo di strada: una situazione inimmaginabile per Nagib Mahfouz ed è un segno importante non solo di cambiamento, ma anche di accessibilità a più persone.

Una storia di donne oltre gli stereotipi e un omaggio ai libri

La libraia del Cairo è anche un modo per raccontare la realtà delle donne egiziane aldilà degli stereotipi. “Tutti mi chiedono cosa vuol dire essere una donna imprenditrice, perché non lo si chiede anche agli uomini? Sono imprenditrice e madre e la fatica non sta nei cambiamenti di prospettiva, ma nella lentezza con cui avvengono in Egitto e non solo.”

Nel raccontare questo viaggio incredibile tra pregiudizi e atti di grande generosità, tenacia e riscatto, “La libraia del Cairo” ritrae tre donne che non si arrendono mai in un paese che corre verso la rivoluzione, e ricostruisce una storia che è una toccante lettera d’amore dedicata alle librerie, ai librai di tutto il mondo, e al potere infinito che hanno i libri.

Negli anni Nadia e i suoi collaboratori, infatti, con la forza di chi non ha nulla da perdere, hanno trasformato Diwan in un enorme successo con numerose sedi, centocinquanta dipendenti e tantissimi appassionati clienti, dimostrando che non è veritiero il detto income over impact cioè il reddito è più importante di ciò che determina. “ Non volevo questo- conclude l’autrice – ma dimostrare attraverso la scrittura di un saggio l’ importanza della lettura sulla vendita dei libri, perché il libro è un oggetto che tiene viva l’umanità”.

Alessandra Pavan

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