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Monica Martinelli, ”La violenza sulle donne non è un fenomeno contingente, ma strutturale”

Una casa editrice indipendente, un progetto di prevenzione alla violenza sulle donne, un impegno contro la discriminazione di genere. Da settembre nasce Settenove, la casa editrice indipendente fondata da Monica Martinelli...

La direttrice di Settenove illustra la linea editoriale della sua casa editrice e analizza come contrastare il fenomeno della violenza sulle donne in Italia

MILANO – Una casa editrice indipendente, un progetto di prevenzione alla violenza sulle donne, un impegno contro la discriminazione di genere. Da settembre nasce Settenove, la casa editrice indipendente fondata da Monica Martinelli, la quale ha scelto di pubblicare libri per ragazzi dedicati per eliminare fin dalal tenera età tutti quegli stereotipi relativi alla prevaricazione dell’uomo sulla donna. La direttrice di Settenove illustra la linea editoriale della sua casa editrice e analizza come contrastare il fenomeno della violenza sulle donne in Italia.


Come nasce la casa editrice Settenove?

Settenove è una piccolissima realtà, che nasce dalla mia volontà di fare qualcosa di concreto contro la violenza sulle donne. Da tempo seguivo il fenomeno, attraverso il mio lavoro all’interno di un’altra casa editrice, e un po’ anche grazie ad esperienze di studio in Spagna. Parlando con persone che da anni si occupano di questo tema, soprattutto con ragazze dei centri anti-violenza o studiosi che si occupavano del tempo da anni, ho sentito di fare qualcosa non solo per gli adulti, ma in particolare per i ragazzi, partendo dall’esperienza dei ragazzi per eliminare gli stereotipi di genere, e lavorare alla base per evitare più avanti discriminazioni, e quindi violenze. L’idea del progetto editoriale nasce da questo mio pessimismo personale nei confronti delle persone adulte, le quali hanno delle sovrastrutture, idee in merito al ruolo maschile e femminile un po’ troppo “inquinate” affinché vengano eliminate in corsa. Si deve, quindi  puntare su libri per bambini che eliminino questi stereotipi, relativo alla prevaricazione dell’uomo sulla donna. I libri per ragazzi, oltretutto, permettono di trattare questi temi con leggerezza, senza renderli respingenti.

Con quali tipi di pubblicazioni partirete?
Inizieremo con libri per ragazzi, uno si chiama “Cosa c’è di più noioso che essere una principessa rosa?”, e tratta proprio questo ribaltamento dei ruoli. Un altro è “Papà attende un bimbo!” che lavora sulla proposta di modelli alternativi. Il modello di Settenove attraverso i libri per ragazzi è proprio quello di promuovere modelli alternativi, quindi non solo fare denuncia di quelli esistenti, ma proporne di alternativi, e soprattutto dare visibilità a dei modelli positivi di comportamento tra uomini e donne che esistono. Il problema  è che nei libri per ragazzi spesso vengono cavalcati gli stereotipi esistenti, senza rappresentare quei modelli esistenti nella società attuale: ragazzi sensibili, bambini maschi spaventati, non coraggiosi, bambine femmine dinamiche, coraggiose, uomini collaborativi in famiglia. E’ importante che un bambino si senta rappresentato, si ritrovi all’interno del personaggio di un libro.


La sua è una casa editrice indipendente. Quali sono le difficoltà in questa prima fase?

Le difficoltà sono quelle che accomunano tutte le case editrici, anche quelle più strutturate. La visibilità è spesso ad appannaggio dei grandi colossi, che hanno l’opportunità di portare in libreria un grande quantitativo di libri. Per noi la difficoltà è doppia: oltre alla questione di mantenerci in vita, esiste anche il problema relativo alla visibilità. Può aiutare il puntare sulla specializzazione ritengo sia già una cosa positiva, in quanto si diventa punti di riferimento su un dato argomento, e sulla campagna stampa, cercando delle persone sensibili ai temi che si possono proporre e che quindi possono dare spazio all’interno delle loro testate.

Il tema della violenza nei confronti delle donne, ricorre, purtroppo, diverse volte sui giornali e sulla cronaca d’attualità. Secondo lei cosa occorre fare ancora per fermare su questo increscioso fenomeno?
L’Italia è fuori legge rispetto a delle convenzioni internazionali che, già dal 1979, richiedono degli interventi specifici. No di questo è l’istituzione di un osservatorio sul femminicidio, che in Italia non c’è mentre in altri Paese è richiesto. Questo darebbe la possibilità di analizzare meglio il fenomeno, e quindi combatterlo. Un’altra cosa da fare è investire di più sulla prevenzione: le istituzioni dovrebbero fare qualcosa, soprattutto nelle scuole. Una cosa che è richiesta dalle convenzioni internazionali, sia dalla CEDAW, la Convenzione Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, sia da quella di Istanbul, ratificata proprio lo scorso giugno dall’Italia, richiedono specificatamente alle parti aderenti, e quindi agli Stati, di eliminare gli stereotipi di genere dagli istituti scolastici. Ma la cosa primaria da fare sarebbe ridare i fonti ai centri antiviolenza, gli unici presidi territoriali che si occupano di accoglienza e soccorso nei confronti delle donne maltrattate. Ce ne sono pochissimi, e quelli che esistono sono con l’acqua alla gola e non riescono a lavorare. Nonostante questo sono gli unici, insieme ad altre associazioni, a fare formazione all’interno delle scuole, seppur con enorme fatica. La violenza sulle donne non è un fenomeno contingente, ma strutturale della società, che va affrontato in maniera diversa.

25 agosto 2013

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