“L’anima e il contagio” è il titolo dell’intervento di Massimo Recalcati di venerdì sera sul palco della Repubblica delle Idee. Il celebre psicanalista ha condiviso col pubblico una riflessione su quello che la gente ha vissuto durante la pandemia, analizzandone sentimenti e meccanismi psicologici che lo stato di quarantena forzata e restrizioni hanno generato nelle persone.
Trauma collettivo, nemico invisibile
Secondo Recalcati quello che è accaduto è un trauma non solo individuale, ma collettivo. “L’evento traumatico in quanto tale è inimmaginabile, impensabile, inaudito. Nessuno pensava potesse accadere ciò che è successo. Le cose poi si sono aggravate a causa di una gestione politicamente cattiva, parlo della mia Regione, la Lombardia, colpita a morte da questo virus.” Il trauma secondo Recalcati ha ribaltato le persone da una posizione di potenza a una di impotenza. “L’oggetto della nostra angoscia è invisibile, non ha un volto, è nell’ordine dell’ignoto. Questo solleva un’antichissima paura, quella che l’uomo ha nell’essere toccato dall’ignoto, di esporsi nei confronti di un nemico che è dappertutto, senza volto, invisibile, pervasivo.”
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La presunta rinuncia della libertà
Nel corso dell’intervento, Massimo Recalcati sottolinea come il confinamento ci abbia salvati, ma esso non è stato una rinuncia della libertà. “C’è chi dice che abbiamo scelto la sicurezza rinunciando alla nostra libertà. L’esperienza che abbiamo fatto del distanziamento sociale non è stata un’esperienza di privazione della libertà: per la prima volta dopo decenni, abbiamo fatto un’altra esperienza della libertà, non come proprietà individuale o arbitrio, ma abbiamo fatta un’esperienza alta. Ciò che stavamo vivendo era la libertà nella forma più alta della solidarietà.”
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Piantare la vigna
Massimo Recalcati nel suo intervento smentisce anche un concetto ripetuto da molti, secondo il quale il virus è democratico, non guarda in faccia nessuno. “Non è così: le persone che si ammalano, ha spiegato l’Istat, sono persone ai margini della società. La crisi può essere un’opportunità, ma non lo è mai per i ceti più poveri; essa è invece l’accentuazione della disuguaglianza.” Infine, Recalcati traccia un paragone tra la crisi del Covid e il diluvio universale. “Ci sono delle somiglianze tra Noé e la nostra esperienza: la catastrofe ecologica del diluvio. Il primo gesto di Noé, sopravvissuto, uscito dall’arca è quello di piantare la vigna, l’atto attraverso cui si fa esistere il futuro. Noi abbiamo bisogno di tanti Noè, di gesti capaci di piantare vigne, di far esistere l’avvenire ora.”