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Marguerite Yourcenar rivive nel romanzo di Eugenio Murrali

Eugenio Murrali nel suo romanzo "Marguerite è stata qui" omaggia Marguerite Yourcenar restituendo un’immagine inedita della scrittrice, che ha contribuito a costruire la storia della narrativa mondiale, raccontata dalle figure che hanno fatto parte del suo viaggio esistenziale

Un omaggio a Marguerite Yourcenar. Del romanzo d’esordio di Eugenio Murrali “Marguerite è stata qui” ed edito da Neri Pozza, la Direttrice d’orchestra della letteratura italiana del Novecento, Dacia Maraini, ne riconosce la musicalità, l’accordo e l’intonazione letterarie tanto da definirlo come: «una piccola orchestra questo libro. Ci sono tante voci nel romanzo, che Eugenio Murrali dirige come un vero direttore d’orchestra».

Murrali omaggia l’impetuosa Marguerite Youcenar, pseudonimo di Marguerite Antoinette Jeanne Marie Ghislaine Cleenewerck de Crayencour, prima donna a essere ammessa alla prestigiosa istituzione letteraria dell’Académie française.

La scrittrice francese ha fatto rivivere con parole immortali l’Imperatore Adriano, l’alchimista Zenone dell’Opera al nero e Alexis, Sophie, Nathanaël.

Eugenio Murrali nel suo romanzo d’esordio, restituisce un’immagine inedita della scrittrice, che ha contribuito a costruire la storia della narrativa mondiale, raccontata dalle figure che hanno fatto parte del suo viaggio esistenziale.

“Marguerite è stata qui”, la sinossi

Una narrazione monodica accompagnata, in cui le voci si alternano, pagina dopo pagina, immergendo il lettore nella storia di Marguerite, iniziata con la sua nascita l’8 giugno 1903 in Bruxelles, l’inaspettata perdita della madre a pochi giorni dal parto, l’infanzia trascorsa in un castello tra gli alberi centenari della Fiandra francese nel Mont-Noir, le cure delle bambinaie Barbe e Camille, lo sguardo di Michel René, il padre incantato che la avvierà a sviluppare il sentimento per la conoscenza e bellezza.

Ma anche un vero e proprio viaggio nel corso delle geografie dei sentimenti e degli spazi: la costa olandese affacciata sul mare del Nord, la Grecia, l’Italia, l’America come nuova casa e quell’isola nel Maine, luogo di abbandono in cui la scrittrice conclude la tormentata stesura delle “Memorie di Adriano”.

Eugenio Murrali dà corpo al significativo itinerario di una donna coraggiosa e libera che ha percorso il Novecento, attraversando due conflitti mondiali, la guerra fredda e, nella vita privata, le passioni degli anni Trenta, il lungo amore condiviso con la sua compagna Grace, l’ardore doloroso degli ultimi anni con Jerry.

L’omagggio a Marguerite Yourcenar di Eugenio Murrali

Abbiamo parlato con Eugenio Murrali del suo “Marguerite è stata qui”

Partiamo dal titolo del tuo libro: “Marguerite è stata qui” mi pare di poter dire che l’avverbio qui è rintracciabile in molte località geografiche come nella letteratura e nella cultura contemporanee. È così?

Non sono in grado di rilevare una tendenza generale sull’uso del “qui” in letteratura o in geografia, ma posso dire cosa significhi per il mio libro. Il “qui” è indicazione di una traccia, ma anche di una persistenza dell’essere. Di un passato che si fa presente o come direbbero i latini di un hic et nunc, qui e ora.

Nella mia mente risuonava certamente l’incipit di Cassandra di Christa Wolf: “Ecco dove accadde. Lei è stata qui. Questi leoni di pietra, ora senza testa, l’hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietre ora, fu l’ultima cosa che vide”. In questo “qui” c’è poi un richiamo a un libro di Sandra Petrignani importante per la nascita della mia relazione con la storia e l’opera di Marguerite Yourcenar: La scrittrice abita qui, un’opera fortunata, anche in quel caso edita da Neri Pozza, che racconta le dimore di diverse scrittrici. Quel viaggio dell’autrice nel Maine, per visitare Petite Plaisance, la casa di Marguerite Yourcenar a Mount Desert Island, faceva sognare ed era un’ispirazione.

Dove possiamo rintracciare, attualmente, l’eredità umana, culturale e intellettiva della Yourcenar?

È forse presto per comprendere le conseguenze della sua figura e della sua opera, tanto più che il suo è il profilo di un’irregolare, più attenta a confrontarsi con i classici che a rientrare in una corrente letteraria. Direi che la sua vita e la sua scrittura si sono compiute spesso “in disparte”. Questo non significa che non si interessasse ai contemporanei, anzi, a volte rileggeva immediatamente un libro appena letto, per comprenderne e assorbirne meglio l’essenza. Importanti sono suoi saggi su Thomas Mann, Selma Lagerlöf e soprattutto su Mishima.

Tornando alla sua eredità, direi che il suo modo di raccontare il passato, la perfezione del suo stile, il rigore e la disciplina del suo approccio alla narrazione sono ancora oggi un modello, per lo più irraggiunto, per chi scriva del passato, del mito classico e non solo. Inoltre ci sono i suoi lettori, gli appassionati che vogliono sapere tutto di lei e della sua opera, le associazioni che tengono viva la sua memoria.

Penso in Italia al Centro Internazionale Antinoo fondato da Laura Monachesi, in Francia alla Societé Internationale d’Études Yourcenariennes, presieduta da Rémy Poignault, al CIDMY in Belgio e a tutto quello che ha scritto una delle sue biografe, Michèle Goslar, alla fondazione americana che si occupa del suo archivio, alla Hougthon Library di Harvard, e della sua casa-museo nel Maine, dove ho conosciuto un’altra biografa, Joan Howard.

Come hai scoperto la Yourcenar e cosa vi hai rintracciato di profondo e attuale così da proporla all’attenzione di quelle generazioni che ancora non ne conoscono i lavori letterari e gli intimi aspetti biografici?

La scoperta della Yourcenar risale ai tempi del liceo e devo questo incontro molto felice alla mia insegnante di francese, a cui ho dedicato il libro. Per rispondere alla seconda domanda devo forse precisare che, nel mio modo di vedere la scrittura, lo stile è in sé sostanziale quanto e più dei temi.

La maniera in cui Marguerite Yourcenar costruisce la frase o sceglie il lessico sono di per sé un messaggio di rigore e disciplina. La sua postura umana, fatta di libertà, coraggio, fedeltà a valori di rispetto per l’umanità e il cosmo, è un’indicazione che le vecchie e nuove generazioni possono far loro.

 Secondo te, un insegnante cosa può proporre dei pensieri della Yourcenar agli studenti in questo periodo storico?

Può parlare dell’imperatore Adriano che “si sentiva responsabile della bellezza del mondo” o di Zenone, l’alchimista-medico-filosofo cinquecentesco protagonista dell’Opera al nero, che per la sua curiosità e libertà intellettuale amava il viaggio, i punti di vista diversi, e affermava: “Chi sarebbe così insensato da morire senza aver fatto almeno il giro della propria prigione?”. Laddove la prigione è il mondo intero.

Mi soffermerei inoltre su tutto l’impegno pionieristico nella difesa della natura, scrisse persino a Brigitte Bardot, di cui ammirava lo slancio a favore degli animali, scrisse al Senato e al Congresso americano in difesa di certe specie o al Presidente francese Pompidou, per sollecitare la protezione del parco della Vanoise, non lontano dal confine italiano. L’ultimo discorso pubblico, tenuto in Québec, si intitola: “Se volessimo ancora tentare di salvare la terra.” Infine il rifiuto di ogni pregiudizio, diceva infatti di non amare nessuna “etichetta” e la sua vita lo dimostra.

 Si dibatte sempre di più sul nichilismo passivo, sulla noia, su una sorta di disinteresse e disimpegno politico che investe un numero molto elevato di giovani. Cosa direbbe Yourcenar e come cercherebbe di invitare i giovani ad assumere nuove consapevolezze, considerata la sua attenzione alle cose del tempo?

Era assertiva e solenne, ma non predicatoria, si sarebbe preoccupata di “fare” e di “essere” più che di “dire”. Mi sembra giusto riportare i “Quattro voti del Bodhisattva” per come lei li aveva rielaborati:

Per quanto numerose siano le mie mancanze,

cercherò di trionfare su di esse.

Per quanto difficile sia lo studio,

mi applicherò allo studio.

Per quanto arduo sia il cammino della Perfezione,

farò del mio meglio per percorrerlo.

Per quanto innumerevoli siano le creature erranti

nella distesa dei tre mondi,

lavorerò per salvarli.

Marguerite Yourcenar pensi si rispecchi intimamente in Adriano?

Quando le chiedevano se fosse lei Adriano si irritava, perché nella sua visione il personaggio è un essere che, come in una gestazione, ha uno scambio di sostanze con l’autore, ma una propria autonoma esistenza, un’identità. Con Adriano avevano punti in comune, come accade tra due amici, mentre con Zenone dell’Opera al nero sentiva una vera e propria fratellanza.

Adriano ha divinizzato il suo Antinoo tanto da ergere una città, Antinopoli, in sua memoria. Credi che la Y. divinizzasse la sua compagna che le è stata vicina per 40 anni?

Niente affatto. La amava integralmente, come quando si ama davvero una persona, accogliendone splendori e limiti. Presentando il libro leggo spesso un passaggio dei Taccuini di Memorie di Adriano che spiega il loro rapporto con brevi efficaci parole:

“Quando cerco di definire questo bene che mi è stato donato da anni, dico a me stessa che un simile privilegio, benché tanto raro, non può tuttavia essere unico; che a volte deve pur succedere che nell’avventura d’un libro riuscito o nell’esistenza d’uno scrittore fortunato, ci sia stato qualcuno, un poco in disparte, che non lascia passare la frase inesatta o debole che per stanchezza vorremmo lasciare; […] qualcuno che ci sostiene, ci approva, alle volte ci contraddice; che partecipa con lo stesso fervore alle gioie dell’arte e a quelle della vita, ai lavori dell’una e dell’altra, mai noiosi e mai facili; e non è né la nostra ombra né il nostro riflesso e nemmeno il nostro complemento, ma se stesso; e ci lascia una libertà divina ma, al tempo stesso, ci costringe ad essere pienamente ciò che siamo. “Hospes comesque”.

Eugenio Murrali

Eugenio Murrali è giornalista, scrittore e docente. Collabora con ‘Il Foglio’, ‘Vatican News’ e il ‘Corriere della Sera’. Autore di diversi libri, tra cui, con Dacia Maraini e prefazione di Dario Fo, « Il sogno del teatro. Cronaca di una passione » (BUR 2013) e sempre con Maraini, nel 2019, « Onda Marina e il drago Spento » (Perrone), ha pubblicato anche con Feltrinelli e curato libri per Solferino e altre case editrici. Insieme a Paolo Di Paolo ha curato il Meridiano « Romanzi e racconti » di Dacia Maraini. Con Edith Bruck ha curato « I frutti della memoria » (Nave di Teseo 2024). « Marguerite è stata qui » (Neri Pozza 2023) è il suo primo romanzo.

 

 

 

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