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Marco Belpoliti, “Nel mio libro spiego Dna della Pianura Padana e degli emiliani”

Marco Belpoliti a Pordenonelegge presenta "Pianura", il suo racconto di viaggio, di storia, di persone attraverso la Pianura Padana (versante emiliano ma con sconfinamenti nel Veneto)

“Piatta è piatta”, dice Marco Belpoliti all’inizio di Pianura, il suo racconto di viaggio, di storia, di persone attraverso la Pianura Padana (versante emiliano ma con sconfinamenti nel Veneto) uscito a inizio 2021 per Einaudi. Lo racconta in conversazione con Gianmario Villalta a Pordenonelegge. “Un racconto, un memoir, un nuovo modo di raccontare la letteratura attraverso immagini – lo incalza Villalta – attraverso un’attitudine a parlare di luoghi, perché siamo in fondo esseri geografici con i piedi ben piantati per terra. L’interlocutore è il tu che diventa un personaggio”.

Come nasce Pianura

“E’ una storia – spiega Belpoliti – nata vent’anni fa come un gomitolo che si dipana ed è diventato un filo narrativo. L’ho scritto perché è morta Irene Babboni, che era la mia editor in Einaudi, la moglie di Ernesto Franco, la persona a cui ero legato perché teneva insieme tutto un gruppo di amici. Intorno ai libri c’è molto altro: ci sono rapporti, amicizie. Lei mi telefonava ogni anno, due volte all’anno, per chiedermi il libro. Quando Irene è morta ho pensato che era ora e che glielo dovevo. Il tu, frutto delle mie letture di Primo Levi da “Il sistema periodico” a “La chiave a stella”, è un tu manipolato, però questa persona esiste davvero, anche se un po’ me lo sono anche inventato per dare continuità romanzesca al tutto.”

La centuriazione romana per spiegare il DNA emiliano

Si parte però da parte da Marco Emilio Lepido, il console romano che fece del limes uno strumento di rapporto politico e si inventò la centuriazione e attraverso di essa la divisione della proprietà: “Lo spunto – spiega Belpoliti – mi venne da una strana informazione e cioè che un danese – Christian Tuxen Fabe – aveva notato nei pressi di Cartagine degli strani quadrati di 708 metri di lato, che corrispondevano a quella che lui sapeva essere la divisione agraria romana. Praticamente per capire cosa è successo qui si è dovuti andare in Africa”. Ma se questo è l’avvio, il libro è un tentativo, riuscito, di spiegare il Dna della pianura e di chi ci abita, soprattutto agli emiliani attirati dal mito della velocità.

Qui vanno tutti veloci e qui è nata la Ferrari. “Veloci ma anche malinconici – dice lo scrittore – perché la pianura non è solo indifferente nel senso che non ha definizione, ma è un qualcosa che non si riesce ad affermare per il quale non si riesce ad individuare un orizzonte netto tra cielo e terra”. Un’indifferenza che si materializza nel magone cui è dedicato un intero capitolo: questa specie di dolore – spiega ancora Belpoliti – che é un po’ di nostalgia ma non completamente. Gli incredibili dolori della infanzia si stemperano nella forza di carattere che una volta si chiamava vecchiaia. Il magone di noi emiliani ti accompagna invece sempre e non ti abbandona mai .”

Gli incontri , i camei, le amicizie

Tutto nasce dal “paesello” ovvero Reggio Emilia, dove Belpoliti è nato nel 1954, ma non si può dire di Reggio e intanto tacere di Modena, tra le due città da sempre c’è una sfida nata nel Medioevo in cui a farla da padrona era Reggio con le sue torri, poi soppiantata da Modena che diventa un ducato, Questo è lo spunto attraverso il quale da Reggio a Modena fino all’intera Emila Romagna, si raccontano le rappresentazioni che della pianura si sono state fatte nei diversi decenni del Novecento, in film o sui libri, e Belpoliti lo fa incontrando decine di persone che alla Pianura hanno legato la loro vita e la loro arte, amiche e amici da Luigi Ghirri a Giovanni Lindo Ferretti.

L’orgoglio emiliano

Più che di città, infatti , Belpoliti va in cerca di persone, di volti, di avventure memorabili. Come Giulia Niccolai scrittrice de “Il grande angolo” con prefazione di Manganelli, poi anche poetessa in Tam Tam , rivista che continua il clima dell’avanguardia come beat generation e soprattutto fotografa quasi dimenticata. O Gianni Celati, “il primo – rivela Belpoliti – a trovare la periferia in campagna già negli anni ’80 e oggi – conclude lo scrittore – c’è un provincialismo come sentimento strisciante, una sorta di risentimento populista rispetto al globale. Si risponde con la ricchezza e con l’esibizione perché in sostanza non siamo riusciti ad entrare completamente nella modernità, ma a salvarci in Emilia c’è uno sfumato ottimismo perché, oltre alla praticità e al di là della diffidenza, della disponibilità e della sottile malinconia, c’è anche il fatto che le cose che piacciono a noi sono veramente cose da quasi nulla e ne siamo davvero orgogliosi”.

Alessandra Pavan

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