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Le “Occasioni” di Mario Grasso e l’ultimo epilogo di una stagione irripetibile della letteratura siciliana

Il critico Alessandro Centonze, consigliere della prima sezione penale presso la Corte di Cassazione, dedica alcune brevi riflessioni sull'ultima opera di Mario Grasso

Parlare dell’ultima opera di Mario Grasso, intitolata “Occasioni” e pubblicata presso la Casa editrice “Prova d’autore”, mi imbarazza e ancor più mi imbarazza parlare di Mario Grasso, come autore e come intellettuale, per l’eccelsa levatura di questa figura di intellettuale siciliano.

Mario Grasso è probabilmente l’ultimo esponente, quasi un sopravvissuto, di una schiera irripetibile di grandi eruditi della letteratura siciliana, che è nata, anche anagraficamente, nella prima metà del secolo scorso. Questa schiera ha in Giuseppe Antonio Borgese il suo precursore e attraverso Leonardo Sciascia, Antonio Pizzuto, Vincenzo Consolo, Sebastiano Addamo e, per ultimo, Mario Grasso, è giunta ai nostri giorni, lasciando tracce letterarie memorabili ma non, purtroppo, eredi.

La grandezza di questa generazione di eruditi consiste nell’essere riuscita a fondere il proprio impegno letterario vissuto ai più alti livelli con la ricerca – sia saggistica che editoriale – incessante di una Sicilia consapevolmente nascosta, nel tentativo, riuscito, di rendere la letteratura siciliana autonoma rispetto ai grandi nomi del passato: Verga, Pirandello, Brancati e poi Tomasi di Lampedusa e Sciascia.

Autonomia che, quindi, prescinde dal contingente successo editoriale dei suoi Autori e dal silenzio dell’Accademia, troppo spesso nemica della letteratura siciliana; autonomia testimoniata da memorabili scoperte di Autori nascosti e orgogliosamente provinciali, ma rivelatori della vera anima letteraria isolana: tra questi mi pare doveroso citare soprattutto Angelo Fiore e Lucio Piccolo, ma vale anche la pena di citare, sia pure con connotazioni di maggiore marginalità, Francesco Lanza, Bartolo Cattafi, Gesualdo Bufalino, Giuseppe Rovella e Turi Vasile.

Mario Grasso è dunque l’ultimo epigono di questa stagione letteraria memorabile e l’imbarazzo di cui ho parlato inizialmente si associa alla malinconia per non vedere all’orizzonte eredi, né diretti né indiretti, di tale compagine, così impregnata in questo incessante lavoro di ricerca e di riscoperta delle radici letterarie e culturali isolane.

 

Non è possibile citare, neppure sinteticamente, gli straordinari risultati letterari di Mario Grasso, nel corso della sua lunghissima carriera di scrittore e di poeta, ma alcuni di questi non si possono sottacere, collegandosi con le sue “Occasioni”, sia sul piano dei richiami letterari sia sul piano dell’idea di letteratura del nostro Autore, entrambi espressi attraverso un percorso biografico che è soprattutto un percorso memorialistico.

Mi sembra, innanzitutto, indispensabile citare il poema in quarantaquattro canti “Concabala”, pubblicato dalla Casa editrice Scheiwiller di Milano nel 1987, nel quale si compie un’eccelsa riflessione sul senso dell’esistenza visto dalla parte degli sconfitti e dei dimenticati, con un’impresa letteraria degna di essere posta sullo stesso piano dei “Canti barocchi” di Lucio Piccolo. Questa opera certamente costituisce il vertice assoluto dell’attività letteraria di Mario Grasso e di tale vertice si avvertono numerosi echi, alcuni evidenti alcuni nascosti, nelle nostre “Occasioni”.

Né possiamo dimenticarci del “Saggilemmario”, pubblicato presso la Casa editrice “Prova d’Autore” nel 2010, con cui Mario Grasso compie una straordinaria analisi delle parole, delle combinazioni di parole – moderne e passate, attuali e inattuali – e del loro significato, che rivela il suo amore, vissuto da ultimo quasi in solitudine, per Stefano D’Arrigo.

Né, infine, possiamo dimenticarci dell’impegno di editore e saggista di Mario Grasso – di cui vi sono molteplici tracce nelle sue “Occasioni” – portato avanti con la Casa editrice Prova d’Autore e con la rivista Lunarionuovo, che dirige da un trentennio e che, entrambe, oggi, costituiscono l’ultimo esempio di ricerca narrativa e saggistica nel panorama letterario isolano, essendo ormai scomparsa l’editoria siciliana, intesa nel senso al quale ci si riferiva in apertura di questo intervento.

 

Il volume “Occasioni” costituisce una sorta di summa dell’impegno portato avanti da Mario Grasso nell’ultimo ventennio della multiforme attività letteraria, com’è desumibile dal sottotitolo dell’opera “Spasseggio tra flussi d’incoscienza e momenti civili, politici, religiosi d’inizio Terzo millennio”; attività letteraria portata avanti come Autore, sia come saggista, sia come editore

Le “Occasioni” costituiscono la riflessione intellettuale di uno straordinario erudito, siciliano ma non provinciale, portata avanti attraverso un’analisi acuta sul senso dell’esistenza, che ha il suo riferimento, letterario ma soprattutto metafisico, nella sua “Concabala” e nell’amore dell’Autore per il pensiero degli sconfitti e per i luoghi più nascosti, dove tali personalità trovano il loro spazio di sopravvivenza; questi ultimi, a loro volta, sparsi sul territorio isolano in una sorta di arcipelago del pensiero siciliano.

Queste riflessioni nascono dalle esperienze personali e intellettuali di Mario Grasso che vengono inserite all’interno di una delle due sezioni in cui è diviso il libro, a seconda che si sviluppino a ridosso di una vicenda vissuta dall’Autore ovvero che siano rielaborate a distanza di tempo e con un approccio retrospettivo; nel primo caso, tali riflessioni compongono la sezione intitolata «In volo», composta da quarantadue paragrafi; nel secondo caso, tali riflessioni compongono la sezione intitolata «Il binocolo ribaltato», composta da quarantaquattro paragrafi.

La sezione del libro intitolata «Il binocolo ribaltato» rappresenta in maniera esemplare il punto di vista dell’Autore e ci consente di comprendere la scelta espositiva seguita per raccontare il suo percorso memorialistico, perseguito appunto attraverso le occasioni descritte e sviluppato attraverso il tentativo di dire a se stesso e al lettore cosa è cambiato dal giorno in cui la pubblica opinione si è trovata di fronte a vicende più o meno eclatanti. Su ciascuna di queste vicende lo sguardo di Mario Grasso si sofferma con una riflessione sempre acuta, mai scontata e in grado di cogliere l’essenza dell’accaduto, con un tono semiserio ineguagliabile.

In questo stratificato contesto, si inseriscono le lettere aperte a personaggi famosi, non necessariamente conosciuti da Mario Grasso, che arricchiscono la sua riflessione esistenziale che è innanzitutto una riflessione sulla società che lo circonda, vista, come detto, in un’ottica retrospettiva. E’ il caso delle lettere a Renato Barilli (Premi e tavoli dei giochi), Walter Siti (In mediocritas stat virtus Rai), Salvatore Cuffaro (Tra la Madonna e gli stipendi d’oro), Beppe Grillo (In Sicilia a nuoto), Mariastella Gelmini, (Elogio del Caprimulgo), Rosy Bindi (Come eravamo), Camillo Ruini (Prima che tutto Ruini), Silvio Berlusconi (Sulla sibilante detrattiva).

 

A questa prima distinzione, a mio parere, occorre affiancarne una seconda, atteso che le occasioni che costituiscono la ragione delle riflessioni di Mario Grasso devono essere distinte anche in un’altra prospettiva, quasi criptica, a seconda che si faccia riferimento alle esperienze effettivamente vissute dall’Autore, che costituiscono delle occasioni vissute, ovvero alle esperienze auspicate o semplicemente desiderate, che costituiscono delle occasioni immaginate.

Nel caso delle occasioni vissute, infatti, ci si trova di fronte a esperienze di vita che compongono un mosaico esistenziale, intellettuale e culturale, stratificato nel tempo. Questo mosaico è alimentato dagli incontri dell’Autore con le grandi figure intellettuali, note e meno note, con cui si è confrontato nel corso della sua vita di Autore ed editore, come Leonardo Sciascia, Sebastiano Addamo, Luciano Erba, Angelo Fiore, Giuseppe Pontiggia, Roberto Sanesi, Manlio Sgalambro e Stefano Lanuzza.

Nel caso delle occasioni immaginate, invece, ci si trova di fronte a esperienze di vita interiore dell’Autore, talvolta desiderate, talvolta auspicate, talvolta addirittura metaforiche. Si tratta, dunque, di occasioni non vissute ma pensate, che danno luogo, nella rielaborazione interiore di Mario Grasso, a delle metafore sul senso dell’esistenza umana di rara bellezza, come nel caso di Londra-Atene; A Geppo e Ippa; Il vino di Cana; Tra flussi d’incoscienza; L’ottava nota musicale.

 

Abbiamo già detto delle due vene, culturali e intellettuali, che compongono il mosaico memorialistico di Mario Grasso, ma occorre anche parlare di un ulteriore e fondamentale tassello del percorso compiuto nelle sue “Occasioni” da questo straordinario erudito siciliano: quello delle isole culturali siciliane.

Il riferimento alle isole culturali siciliane costituisce il momento di una riflessione sulla cultura e sulla letteratura isolana più ampio, che affonda le sue radici nell’amore dell’Autore, per un verso, per gli sconfitti e i dimenticati, di cui si è detto a proposito dello straordinario “Concabala”, per altro verso, per i luoghi dell’anima culturale siciliana, dove, spesso, le personalità più vivide della cultura isolana – non sconfitte ma inevitabilmente marginalizzate – trovano il loro unico e possibile spazio di sopravvivenza, altrimenti loro negato, com’è evidente dal riferimento allo straordinario paragrafo intitolato Liotria.

A queste isole culturali siciliane Mario Grasso dedica un apposito paragrafo, intitolato I luoghi del genio, anche se, in generale, l’intero percorso memorialistico condotto dal nostro Autore è permeato di questa ricerca dei luoghi dove l’anima culturale siciliana è riuscita a emergere prepotentemente grazie a condizioni, altrove non riscontrabili. In questa panoramica dei luoghi del genio siciliano Mario Grasso comprende Mineo, Comiso, Palazzolo Acreide, Chiaramonte Gulfi, Lentini e Carlentini, Modica.

Mario Grasso, infatti, associa a ciascuna di queste località siciliane alcune espressioni del genio artistico siciliano, che è opportuno, brevemente ricordare: a Mineo vengono associati Luigi Capuana, Giuseppe Bonaviri, Croce Zimbone e Gino Raya; a Comiso vengono associati Salvatore Fiume, Gesualdo Bufalino, Nunzio Di Giacomo, Angela Vona, Salvatore Adamo e Adalgisa Li Calzi; a Palazzolo Acreide vengono associati Antonino Uccello, Giuseppe Fava, Francesco Gallo, Giuseppe Rovella e Giuseppe Carracchia; a Lentini e Carlentini vengono associati Gorgia, il notaro Jacopo da Lentini, Sebastiano Addamo e Manlio Sgalambro; a Chiaramonte Gulfi vengono associati Vincenzo Rabito e Serafino Amabile Guastella; a Modica vengono associati Salvatore Quasimodo, Vitaliano Brancati, Grazia Dormiente e Giancarlo Poidomani.

Modica, invero, meriterebbe un discorso a parte, nella riflessione che abbiamo condotto su Mario Grasso e sulle sue “Occasioni”, atteso lo straordinario e meritato successo culturale che la città gli ha tributato negli ultimi tempi, grazie al ruolo propulsivo di Ivana Castello, una straordinaria figura di intellettuale iblea, anch’ella citata tra le espressioni del genio modicano, grazie al cui eccezionale contributo il nostro Autore ha conosciuto una vera e propria riscoperta letteraria – riscoperta perché per fortuna Mario Grasso non è mai stato dimenticato – rara nel nostro immemore Paese.

 

Un discorso, a parte meriterebbe la riflessione, sul piano letterario, dello stile utilizzato da Mario Grasso.

A una prima lettura le “Occasioni” sembrerebbero scritte da un epigono gaddiano, anche se, a un’attenta lettura, penso che il libro presenti echi più arbasiniani che gaddiani. Si tratta, comunque, di una sorta di superfetazione letteraria, perché, essendo Alberto Arbasino, come lui stesso si definisce, un nipote di Gadda – soprattutto ne “L’ingegnere in blu” – il discorso, in fondo, ha un’importanza relativa.

Forse Mario Grasso preferirebbe definirsi un epigono di Stefano D’Arrigo, ma, sinceramente il tono brillante e splendidamente semiserio utilizzato dal nostro Autore me lo fa collocare in un’area lontana da quella darrighiana, troppo epica e lontana da quest’opera.

 

 

Alessandro Centonze

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