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Le donne coraggio della Resistenza Italiana

“E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”. Questo affermava il giudice Paolo Borsellino, consapevole dell’importanza di vivere con coraggio la propria esistenza, proprio quel coraggio di cui avevano vissuto decenni prima, non solo gli uomini, ma anche le donne della Resistenza italiana.

E sono proprio loro l’oggetto di questo pezzo, perche non soltanto uomini partigiani vi furono ma, tante, tantissime donne combattenti. Lo si può scoprire attraverso la lettura del libro Le donne della Resistenza di Ilenia Carrone edito da Infinito e che racconta come nel 1943 a Carpi, si consolida una forte Resistenza di pianura, e accanto agli uomini, le donne combattono e rischiano la libertà recapitando messaggi e volantini. O lo si può sapere attraverso la lettura del libro La resistenza delle donne edito da In dialogo. Un volume dedicato alla Resistenza delle donne fra il 1943 e il 1945. Con gli interventi a carattere storico di Giorgio Vecchio e Elisabetta Salvini, insieme alle numerose testimonianze raccolte. Il libro vuole colmare un vuoto dopo decenni nei quali si è identificata la Resistenza con la figura eroica del partigiano con il fazzoletto rosso al collo e il fucile in mano. Nel testo emerge infatti la consapevolezza di una molteplicità di altre importanti figure, tra cui quelle di molte donne, di ogni classe sociale.

O ancora, basta semplicemente documentarsi sul sito dell’ANPI, l’Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani, per conoscere le storie di queste donne e sapere che furono 35.000 le “partigiane combattenti” e circa 2 milioni le donne più o meno direttamente coinvolte della lotta partigiana. 20.000 furono le patriote, con funzioni di supporto, 70.000 le donne appartenenti ai Gruppi di Difesa, per la conquista dei diritti delle donne, 16 medaglie d’oro e 17 medaglie d’argento, 512 le commissarie di guerra, 4.633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti, 1890 le deportate in Germania.

Le donne nella Resistenza italiana sono quindi una parte fondante del movimento partigiano nella lotta contro il nazifascismo. Per troppi anni questa componente non ha ricevuto la necessaria considerazione, quasi nascosta. Chi era ad occuparsi dell’identificazione dei cadaveri e dell’assistenza ai familiari dei caduti? Da chi pensiamo essere composte le squadre di primo soccorso per aiutare i feriti e gli ammalati, contribuendo nella raccolta di indumenti, cibo e medicinali? Mentre altre, le più giovani, erano staffette e avevano il compito di garantire i collegamenti tra le varie brigate e di mantenere i contatti fra i partigiani e le loro famiglie. Altre ancora combatterono in prima fila, con le armi in mano.

 

Donne discriminate, perseguitate, disprezzate, e che quando venivano catturate venivano giudicate dalla morale maschilista prima che dagli organi preposti. La donna arrestata è descritta priva di intelletto e discernimento, prolungamento del volere di maschi, padri o amanti che siano. Se non proprio etichettate come prostitute per giustificare la loro partecipazione alla lotta. E allora, per rendere il giusto onore a queste fiere combattenti, ed in occasione della festa della donna, vogliamo ricordare qui, a loro testimonianza tutta, due fra le tantissime donne partigiane colme di coraggio, con la passione civile per la libertà e la democrazia.
La suora Enrichetta Alfieri, staffetta partigiana accusata dalle SS di alto tradimento e spionaggio, in favore della Resistenza, la quale fu rinchiusa il 23 settembre 1944 nelle celle di isolamento dei sotterranei del carcere milanese di San Vittore chiamate i “topi”. In seguito alla Liberazione, suor Enrichetta, il 7 maggio 1945 fu condotta trionfante a piazza Filangieri dal Comitato di Liberazione Nazionale. È stata proclamata beata il 26 giugno 2011.  Montanelli, carcerato anch’egli, scrisse di lei: “Suor Enrichetta era una stupenda figura di religiosa… Era amatissima da tutti i detenuti. Tutti noi ricevevamo, grazie alla sua regia, bigliettini e informazioni”.

E vogliamo ricordare l’eroica Irma Bandiera. Fu staffetta nella 7ª brigata Gap, la Gianni Garibaldi di Bologna, col nome di battaglia di Mimma. Venne arrestata dai nazifascisti mentre rientrava a casa da Castelmaggiore, dove aveva trasportato armi e documenti compromettenti. Per sei giorni i fascisti la seviziarono, ma Irma non disse una parola, non rivelò i nomi dei propri compagni. E così, dopo aver subito le peggiori torture, la portarono ai piedi della collina di San Luca e di fronte a casa sua: “Lì ci sono i tuoi – le dissero – non li vedrai più, se non parli”, ma Irma non parlò. I fascisti infierirono ancora sul suo corpo martoriato, la accecarono e poi le scaricarono addosso i loro mitra. Ottenne il 14 agosto del 1944 la Medaglia d’oro al valor militare.

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