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Le 10 frasi più belle tratte da ”I Promessi Sposi”

Oggi ricorre il 141esimo anniversario della scomparsa di Alessandro Manzoni, considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi, principalmente per il suo celebre romanzo ''I promessi sposi'', caposaldo della letteratura italiana

MILANO – Che lo abbiate amato o no, che ve lo ricordiate o meno, ”I Promessi Sposi” rimane uno dei capisaldi della letteratura italiana. Solitamente studiato durante il periodo scolastico, per molti, il romanzo di Alessandro Manzoni è un classico da rileggere anche in età più adulta, per assaporare ancora di più le grandi doti dello scrittore. Una storia d’amore travagliata, quella tra Renzo e Lucia, che ha appassionato davvero tutti. Personaggi indimenticabili come L’Innominato, Don Abbondio e la Monaca di Monza sono tutt’ora figure vive nell’immaginario collettivo. Oggi, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Alessandro Manzoni, sono tante le iniziative promosse per ricordare il grande scrittore: come la Maratona Manzoni a Milano. Noi vi riproponiamo alcuni delle frasi più celerbi tratte dal romanzo. Voi ne ricordate alcune?

 

 

‘Or bene,’ gli disse il bravo all’orecchio, ma in tono solenne di comando, ‘questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.’

Il bravo a Don Abbondio

 

Gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante.

Nel capitolo 34

 

È uno de’ vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi.

Fra Cristoforo

 

All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle.

Avvocato Azzeccagarbugli a Renzo

 

Que’ prudenti che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; e il mezzo lo fissan giusto in quel punto dov’essi sono arrivati, e ci stanno comodi.

 

Con l’idee donna Prassede si regolava come dicono che si deve far con gli amici: n’aveva poche; ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le poche, ce n’era per disgrazia molte delle storte; e non eran quelle che le fossero men care.

Nel capitolo 25, Donna Prassede

 

Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l’erbe del prato.

La madre di Cecilia

 

E s’inoltrava in quell’età così critica, nella quale par che entri nell’animo quasi una potenza misteriosa, che solleva, adorna, rinvigorisce tutte l’inclinazioni, tutte l’idee, e qualche volta le trasforma, o le rivolge a un corso impreveduto.

 

Uno dei benefici dell’amicizia è di sapere a chi confidare un segreto.

 

Ma noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati, ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile.

Nel capitolo 28

 

 

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