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L’arte di sbagliare, perché è importante fare errori per diventare grandi

"L’arte di sbagliare alla grande" è un libro di Enrico Galiano, una lettera a cuore aperto dedicata a tutti coloro che nella vita si sono sentiti e si sentono un po’ persi ed erranti.

L’arte di sbagliare alla grande è una lettera a cuore aperto dedicata a tutti coloro che nella vita si sono sentiti e si sentono un po’ persi ed erranti.

“Ci sono istanti, nella nostra vita, che sono come deragliamenti: treni che escono dai binari, perdite di senso, crisi. Eppure, a quel deragliare a volte fa seguito un procedere lungo binari più segreti e nascosti. Sono dei perdersi che, come gusci, nascondono in sé la luce di un qualche trovarsi.”

(Galiano, 2020).

Enrico Galiano nel suo libro “L’arte di sbagliare alla grande” tratteggia un itinerario dello sbaglio, seguendo le orme e i passi falsi nelle storie di di vita di Steve Jobs e J.K. Rowling, nelle parole de Il Giovane Holden, per poi tornare a parlare di sé.

Il fuori tema de Il giovane Holden

Nel libro “L’arte di sbagliare alla grande” Enrico Galiano cita una pagina meravigliosa del Giovane Holden di Salinger (1961), quella in cui Holden parla del gioco «fuori tema»: quando qualcuno, durante un’esposizione orale in classe, divaga troppo, tutti gli altri gridano: «Fuori tema!».

Ma è così sbagliato andare fuori traccia?

“Oh, certo! Mi piace che uno resti in argomento e tutto quanto. Ma non mi piace che ci resti troppo. Non lo so.”
“Il guaio è che a me piace quando una va fuori tema. È più interessante.”

Steve Jobs e il corso di calligrafia

Durante il celebre discorso ai laureandi dell’università di Stanford (2005), Steve Jobs ricorda quando, di punto in bianco, dopo aver mollato il suo percorso ufficiale al Reed College di Portland, decise di investire in una formazione apparentemente inutile e fuori strada: un corso di calligrafia.

Mosso dalla passione per il disegno accattivante di lettere e numeri, Jobs optò per una deviazione dal percorso prestabilito, un azzardo incompreso da molti, che si rivelò utilissimo dieci anni dopo, per la progettazione del primo computer Macintosh (Galiano, 2020):

“Se non avessi partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe mai avuto caratteri tipografici differenti o font spaziati in modo appropriato […]

Se non avessi mollato il college, non avrei mai frequentato quel corso di calligrafia e i personal computer potrebbero non avere le stupende capacità tipografiche che hanno al giorno d’oggi […]”

J.K. Rowling e il valore del fallimento

Durante la cerimonia di consegna dei diplomi ai neo-laureati di Harvard, J.K. Rowling, una delle scrittrici più ricche e famose al mondo, autrice della saga fantasy Harry Potter, propone un lungo e appassionato discorso sul valore del fallimento (2008).
“È impossibile vivere senza fallire in qualcosa, a meno di vivere così prudentemente che tanto varrebbe non vivere affatto. Nel qual caso si fallirebbe in partenza.”

Dal conflitto con i propri genitori rispetto all’indirizzo umanistico scelto dall’allora giovane J,K ai tempi del college, alle difficoltà economiche, dal matrimonio fallito alla vita da genitore single: come punti saldi, la fiducia nel potere dell’immaginazione e il continuo fallimento, personale, familiare e sociale, da cui far nascere il proprio riscatto.

“Perché parlo dei benefici del fallimento? Semplicemente perché fallire ha voluto dire spogliarsi di ciò che non era necessario. Ho smesso di cercare di far finta di essere qualcosa che non ero, e ho indirizzato tutte le mie energie in ciò che mi importava davvero”.

(Calza, G., Rowling, J. K. , 2017).

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La rassegnazione, secondo Enrico Galiano

Secondo quanto scritto ne “L’arte di sbagliare alla grande ” di Galiano, la rassegnazione è il più grande antidoto contro l’ansia della libertà perché, pur assicurando un vago senso di calma, riduce ogni scenario possibile, immobilizza la volontà e blocca ogni possibilità di azione.

“Rassegnazione è una parola strana: viene da re-ad-signare e significa “ritornare al segno”, inteso come segno altrui. Chi si rassegna è chi si dispone al segno altrui, chi mette la propria volontà in mano alla volontà degli altri, abdicando alla propria. Quindi: chi rinuncia all’idea di avere il potere di influenzare il proprio destino.”

La perfezione, secondo Enrico Galiano

“Perfezione viene dal verbo latino perficio: un verbo che significa “compiere, completare, finire, fare completamente”. Perfectum è il participio perfetto, appunto, che vuol dire “fatto, compiuto, concluso”, nel senso proprio di “chiuso con” […]”

All’analisi etimologica del termine perfetto, Galiano (2020) aggiunge un appello rivolto ad ogni persona in ascolto:
“[…] E, infine, non preoccupatevi se non siete perfettamente quello che vorreste essere, perché la parola perfetto significa in realtà concluso, chiuso, finito.

Non preoccupatevi, quindi, se non vi sentite perfetti: perché se non siete perfetti significa, semplicemente, che non siete finiti.
Se non siete perfetti significa che siete ancora vivi.”

L’arte di sbagliare alla grande

Al termine del saggio, Galiano indica il cammino dell’errare, nel duplice significato di vagabondare sperimentando e sbagliare, come via maestra per riscoprire la propria voce, per trovare la propria strada, per rispondere alla domanda: “ma io, chi sono?”.

“Per cui c’è solo un modo per essere sicuri di trovarla, quella risposta: provare quante più esperienze possibili. Sbagliare. Sbagliare tanto. Sbagliare bene.

Ma non a colpi di errori lenti, silenziosi, non con quei cambiamenti che sembra che non cambi niente, imperi che ti crollano dentro e tu non batti ciglio.

È quello il solo grande errore che si possa fare nella vita: lasciarsela scorrere di fianco. Scarabocchiare distrattamente un rien sul taccuino mentre è in corso una rivoluzione che ti sta togliendo la vita dalle mani.
Per diventare davvero grandi, l’unico modo è sbagliare alla grande.”

(Galiano, 2020)

di Annamaria Nuzzo

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