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Katerina Poladjan, “Vedo il presente come un momento di sconvolgimento”

Katerina Poladjan sarà presente al Salone del Libro di Torino per presentare il suo romanzo ancora inedito Zukunftsmusik (“Musica futura”)

Katerina Poladjan, nata a Mosca e cresciuta a Roma e Vienna, vive in Germania. Autrice di testi teatrali e saggi, è conosciuta in Italia per il suo romanzo La restauratrice di libri, pubblicato da SEM nel 2021, e sarà presente al Salone del Libro di Torino domenica 22 maggio alle 15.15 in Sala Internazionale per presentare il suo romanzo ancora inedito Zukunftsmusik(“Musica futura”) all’interno del ciclo di incontri “Parole oltre i confini” organizzato da Goethe-Institut e Frankfurter Buchmesse.

L’intervista a Katerina Poladjan

Abbiamo intervistato l’autrice Katerina Poladjan in occasione della sua presenza al Salone del Libro di Torino.

Il suo ultimo romanzo, Zukunftsmusik, intreccia le vite di quattro generazioni di donne che vivono in una kommunalka in Siberia, il giorno dell’ascesa al potere di Gorbaciov. Ci può dire com’è nato? Quanto attinge alla sua infanzia nell’Unione Sovietica?

Ho lasciato l’Unione Sovietica con i miei genitori nel 1978, quando avevo sette anni. Il romanzo è ambientato l’11 marzo 1985, quindi ero via da molto tempo. Certo, ho potuto attingere alle mie conoscenze culturali e familiari quando ho scritto il romanzo, ma la maggior parte è finzione e invenzione. Non ho mai vissuto in una kommunalka. La mia fonte principale è la letteratura. Ed è da qui che è nato il libro.

“Zukunftmusik”, “la musica del futuro” era inizialmente un termine, talvolta derisorio, per indicare la musica di Richard Wagner e di altri compositori considerati troppo ‘avanti’ per l’epoca. Qui è la marcia funebre di Chopin, che risuona costantemente alla radio… la fine di un’epoca annunciata forse troppo presto?

Mi piace quest’interpretazione. “Zukunftsmusik” è un termine che credo sia abbastanza difficile da tradurre, perché in tedesco non si riferisce solo alla musica: può anche significare un evento che potrebbe aver luogo in un (lontano) futuro. Ma nessuno lo sa davvero, è un po’ nebuloso e vago. Questo doppio significato è ciò che mi piace del titolo. Per una possibile traduzione del libro in inglese, ho suggerito “Upheaval” [sconvolgimento, cambiamento radicale], che non si riferisce affatto alla musica. È un peccato, ma non si può avere tutto…

Si può dire che la kommunalka, spazio angusto che più nuclei familiari devono per forza condividere, diventa una sorta di lente d’ingrandimento sociale?

Sì, e sono assolutamente d’accordo. La kommunalka è il risultato dell’utopismo comunista, il desiderio di tornare a quel mondo primordiale dove le persone vivevano ancora insieme nelle caverne, dove non c’era proprietà privata, alienazione, individualismo. Ciò ha portato a una tragica, ma in alcune circostanze anche felice, condanna alla condivisione. E, naturalmente, questa idea non si è mai avverata, perché dove incontriamo persone, incontriamo sempre individui con desideri, preferenze, tratti caratteriali speciali.

A quale personaggio è più affezionata?

Mi dispiace, non saprei proprio dire! Li amo tutti in modo speciale.

Si può considerare un romanzo attuale, alla luce del periodo storico che stiamo vivendo?

Preferisco lasciare questo giudizio al lettore. Ma mentre lavoravo al romanzo, avevo spesso in mente un presente che si vede come un momento di sconvolgimento con un esito incerto. Certo, questa sensazione si è intensificata enormemente dal febbraio di quest’anno.

Ha viaggiato parecchio e vissuto in Paesi molto diversi tra loro: Unione Sovietica, Germania, Armenia, Austria, e anche Roma. Qual è il suo rapporto con l’Italia?

Rimasi bloccata a Ostia nel 1979 dopo che la mia famiglia fuggì dall’Unione Sovietica. Trovammo la nostra prima sistemazione in un ex bordello, non lontano dal luogo dove qualche anno prima era stato assassinato Pier Paolo Pasolini. Rimasi sul lungomare, mangiando un gelato alla stracciatella e meditando sui confini di questo paese, che ti bagnano i piedi se li attraversi.

Per molti anni, in seguito, l’Italia è stata solo un’amata meta di vacanza, ma l’anno prossimo avrò lo straordinario privilegio di essere ospite di Villa Massimo a Roma. Non vedo l’ora di iniziare un intenso scambio con la cultura italiana.

Credits: Andreas Labes

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