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“Il nemico ideale”, il libro-inchiesta di Nathania Zevi sull’antisemitismo oggi

In vista del Giorno della Memoria, vi invitiamo a scoprire il nuovo libro di Nathania Zevi che affronta il tema dell'antisemitismo contemporaneo in modo schietto e approfondito.

La giornalista del Tg1 Nathania Zevi ha recentemente pubblicato per Rai libri “Il nemico ideale”, un libro d’inchiesta che guarda dritto negli occhi lo storico antisemitismo, un male capace di trasformarsi con ferocia, nel corso dei mutamenti demo-etno-antropologici, in subdole metamorfiche forme.

La Zevi ha esordito nel 2007 per Rizzoli con “Ti racconto la mia storia. Dialogo tra nonna e nipote sull’ebraismo“, scritto a quattro mani insieme a sua nonna Tullia Zevi giornalista, scrittrice e arpista alla quale nel 1994 fu assegnato il “Premio Nazionale Cultura della Pace”.

Il nemico ideale

La giornalista Nathania Zevi lo analizza e racconta partendo da fatti drammatici dell’attualità di propaganda antisemita come svastiche sulle case di famiglie ebree, stelle di David sui muri del Ghetto romano, frasi giudeofobiche gridate negli stadi, durante i cortei e/o sputate con ferocia tra i commenti sotto i profili social di persone ebraiche fino a dare un calcio alla memoria bruciando o gettando vernice nera sulle pietre di inciampo.

Nei tempi odierni, stereotipi ancorati nel passato e difficili da elidere, trovano canali di amplificazione sempre più potenti.

L’antisemitismo vive e si manifesta nella società reale e sul web, nei luoghi di lavoro come nella scuola e allo stadio.

L’antisemitismo oggi: intervista a Nathania Zevi

Ne abbiamo parlato con l’autrice la quale ci ha accompagnati in una riflessione sull’antisemitismo contemporaneo in Occidente che sfocia in giudeofobia e antisemitismo virus sociali ancora presenti nella cultura occidentale.

Cosa racconta di nuovo nel suo libro che sino a ora non è stato detto, e perché?

È un progetto ambizioso che nasce ad aprile del 2023 la cui mission è essere un compendio di viaggio nell’antisemitismo nella società contemporanea. Questo progetto mette insieme il reportage giornalistico basato sui dati, sull’osservazione e sulle interviste unitamente alla mia voce e personale testimonianza. Si tratta di un’inchiesta che si serve di tutti i canali di comunicazione fino a quelli di uso odierno come possono essere i social ma anche nello sport e tutte le nuove normative.

Per l’autrice si è trattato di – un lavoro complesso che si complica ulteriormente dopo il 7 ottobre quando accade un vero e proprio pogrom: Mi sento di ringraziare la Rai per la scelta coraggiosa di portare avanti una linea editoriale tenendo conto, come sarebbe stato impossibile non fare di tutto dopo tale avvenimento. Un libro che si è trasformato in un libro di attualità perché dal 7 ottobre come dice anche il Ministro dell’Interno Piantedosi gli episodi di antisemitismo sono aumentati e purtroppo abbiamo anche visto un quadro diventare sempre più pericoloso.

Ritengo doveroso sottolineare, ulteriormente, che molti degli ebrei presenti in Italia sono cittadini italiani, un fatto che spesso non viene tenuto presente. Vale ricordare che il conflitto esploso in Medioriente è per tutti noi il nostro 11 settembre, in conseguenza del quale vediamo cambiare la vita sia a noi cittadini italiani e più in generale a noi cittadini europei.

Il titolo è “Il nemico ideale”, perché la scelta è ricaduta su quell’aggettivo e perché ritiene che il popolo ebraico sia un nemico ideale e per chi?

Sono pochi, sconosciuti e indistinguibili dagli altri. È funzionale non conoscerli per poter vestirli di pregiudizi. Pochi sanno che nel corso della storia agli ebrei venivano vietate molte professioni o piuttosto gli veniva detto che “siete tutti troppo intelligenti” quando la realtà è che nell’ebraismo c’è sempre stato il divieto dell’analfabetismo. L’antisemitismo fa degli ebrei il suo nemico ideale proprio perché non sono realmente conosciuti, sono numericamente pochi ed è facile vestirli su misura di qualsiasi abito fatto di pregiudizi. Storicamente è stato sempre così. Da qui il titolo.

Il pregiudizio in prospettiva sociale muove la sua natura nell’odio e nella paura di menti ostili. Si materializza in atteggiamenti sociali e anche in esperienze cognitive squalificanti.

L’antisemitismo non è mai stato realmente superato, può rimanere latente per anni per poi esplodere, in un qualsiasi angolo del Pianeta, in maniera violenta e devastante.

Facendo seguito ai suoi studi quale motivazione principale e discriminante si sente di aver individuato per affermare che l’antisemitismo non è mai stato superato?

Dal fatto che sia scoppiato un conflitto in Medioriente e la vita degli ebrei israeliani o europei piuttosto che americani e che le strade si riempiano di proteste, come quello che è successo in tutte le università italiane ma anche e soprattutto americane si dovrebbe dedurre che l’antisemitismo non ha bisogno di essere scatenato da un conflitto come appunto in Medioriente perché stava già deflagrando come quello che è successo adesso. L’antisemitismo – aggiunge- non ha neanche bisogno degli ebrei perché se domani i soli 35.000 ebrei che vivono a Roma sparissero da Roma credo che allo stadio intonerebbero le stesse canzoni antisemite.

L’antisemitismo può quindi essere combattuto solo attraverso la migliore conoscenza della cultura ebraica.

Come pensa possa intervenire didatticamente l’istituzione scolastica quindi insegnanti ed educatori per elidere barriere e pregiudizi sociali in ottica di una società realmente democratica e pacificata?

Da diversi studi condotti è emerso che gli studenti italiani possiedono una scarsa conoscenza sugli ebrei. Cambia qualcosa per quanto concerne il versante della Giornata della Memoria, lì si è fatto tanto. Le scuole si sono attivate accompagnando gli studenti ad Auschwitz per far conoscere di più della cultura ebraica. È importante che anche la Memoria debba essere al centro di nuove riflessioni. Si avverte una sorta di stanchezza nei confronti della memoria dovuta probabilmente al progressivo, purtroppo, scomparire della generazione dei testimoni e delle vittime della Shoah.

Noi stessi fatichiamo a comunicarci perché vorremmo far capire soprattutto alle nuove generazioni la fondamentale importanza dell’apporto che gli ebrei danno all’interno di tutte le società in cui vivono sul piano professionale ma anche civile ma bisogna sempre far fronte alle dolorose notizie di cronaca quali la vandalizzazione del memoriale della Shoah a Milano, annerimento delle pietre di inciampo così come la stessa guerra in Israele e quindi è molto difficile comunicare agli ebrei, per questo è necessario che la scuola faccia proprio questo lavoro qui.

Ritiene che possa essere un buon modo quello di partire dai fatti di attualità per poi andare a ritroso nel tempo affinché i ragazzi possano costruire una conoscenza e coscienza storica?

Per farlo è necessario saper leggere i fatti di attualità obiettivamente senza viziare le notizie e non essa stessa basata su alcuni pregiudizi come per esempio quello che Israele sia luce o baluardo colonialista. Bisogna invece parlare delle differenze anche tra chi sono gli ebrei e chi sono gli israeliani partendo quindi dalle basi. Far conoscere la cultura ebraica come patrimonio del nostro Paese.

Cosa vede di positivo e di negativo nella politica e nella società italiana rispetto alla trattazione e considerazione del fenomeno ebraismo a confronto con il resto d’Europa?

Le Istituzioni hanno fatto tantissimo anche in termini di attenzione e legislazione. Non ultimo nella conferenza di fine anno la Premier Meloni ha insistito molto in termini di contrasto dell’antisemitismo sostenendo che spesso si nasconde sotto il vestito buono dell’antisionismo. Anche a livello internazionale moltissimi dei corpus legislativi sono frutto dell’impegno sincronizzato dei vari Paesi.

L’impegno al contrasto all’antisemitismo quindi esiste ed è presente.

Uno dei volti dell’antisemitismo contemporaneo, sembrerebbe essere il web che si è rilevato un terreno fertile in cui viene manifestato l’odio antiebraico contro Israele con Fake news e hate speech che mettono in pericolo i valori di democrazia propri della società occidentale.

La lotta all’antisemitismo deve esser fatta sui social. Gli ebrei sono consapevoli che quello che apparentemente inizia come dibattito avvelenato sui social stessi può sfociare in altre forme come – conclude Zevi – l’attacco alla sinagoga di Pittsburgh.

a cura di Maria Laura Chiaretti

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