“Il mastino dei Baskerville”: il capolavoro di Conan Doyle che ha rivoluzionato il giallo gotico

7 Luglio 2025

“Il mastino dei Baskerville” è un’icona del giallo classico, opera magistrale della penna di Arthur Conan Doyle — il genio che ha dato vita a Sherlock Holmes — e regalo perfetto per chi ama perdersi tra ombre e deduzioni.

“Il mastino dei Baskerville”: il capolavoro di Conan Doyle che ha rivoluzionato il giallo gotico

Il mastino dei Baskerville” è un’icona del giallo classico, opera magistrale della penna di Arthur Conan Doyle — il genio che ha dato vita a Sherlock Holmes — e regalo perfetto per chi ama perdersi tra ombre e deduzioni.

Se non hai paura dei cani infernali, ma solo dell’inganno umano, aprire questo libro è un modo per ringraziare Arthur Conan Doyle per averci regalato uno dei detective più amati di sempre.

“Il mastino dei Baskerville”: il capolavoro di Conan Doyle che ha rivoluzionato il giallo gotico

Pubblicato per la prima volta a puntate tra il 1901 e il 1902, “Il mastino dei Baskerville” nasce in un momento particolare per Doyle.

Aveva già “ucciso” Sherlock Holmes nel celebre racconto “L’ultima avventura”, facendolo precipitare nelle cascate di Reichenbach; tuttavia, le pressioni dei lettori furono tali da spingere l’autore a riportarlo in scena, sebbene in modo “indiretto”: Il mastino dei Baskerville, infatti, è ambientato prima della morte di Holmes, una sorta di prequel narrativo che gli permise di tornare all’universo investigativo senza contraddirsi.

Ecco perché possiamo considerare “Il mastino dei Baskerville” come un romanzo autonomo e non solo un “ritorno”. Molti neofiti del giallo iniziano proprio da qui per approcciarsi al mondo delle indagini di Sherlock Holmes, e non a torto…

È un’opera a sé, curata e costruita con una maestria narrativa che ancora oggi colpisce. È un libro che si legge con piacere anche sapendo già come va a finire, proprio per il modo in cui riesce a costruire tensione, atmosfera e suggestione.

Una leggenda nella nebbia della brughiera

Tutto comincia con un’antica maledizione. La famiglia Baskerville, di nobile retaggio e indiscussa potenza. Questa sarebbe perseguitata da un mastino mostruoso, una creatura infernale che uccide i suoi membri uno dopo l’altro, come punizione per un’antica colpa.

Quando Sir Charles Baskerville muore in circostanze misteriose vicino alla sua tenuta nel Devon, e alcune impronte “non umane” vengono rinvenute accanto al cadavere, la leggenda si risveglia.

Entra in scena il dottor Mortimer, amico di famiglia, che si rivolge a Sherlock Holmes. Il nuovo erede, Sir Henry, sta per arrivare dall’America, e si teme per la sua vita. Holmes accetta di occuparsi del caso, ma con una mossa inattesa: decide di non recarsi subito nel Devon, e di mandare avanti il fidato dottor Watson.

È proprio quest’ultimo a diventare narratore della vicenda, riportando lettere, osservazioni e deduzioni, mentre Holmes sembra restare nell’ombra.

Ed è qui che il romanzo trova uno dei suoi punti di forza: Holmes non è sempre presente, e proprio per questo la sua figura emerge in modo più potente. Un aspetto ancora più ombroso e tratteggiato che rende l’investigatore un mistero a se stante. Quando finalmente compare nella brughiera, quasi a sorpresa, la tensione è già al culmine, e ogni sua parola ha il peso di un colpo di scena.

L’atmosfera prima di tutto: la brughiera narrata dagli occhi di Watson

Il vero protagonista del romanzo, in fondo, è l’atmosfera, che Conan Doyle tratteggia magnificamente. La brughiera del Devon, con la sua nebbia fitta, le paludi ingannevoli, i rumori lontani e i profili indistinti, diventa uno scenario gotico perfetto. Conan Doyle gioca con le tinte del romanzo gotico e le mescola al razionalismo del giallo classico.

Il lettore viene trascinato in un mondo sospeso tra leggenda e realtà, dove il mostruoso sembra sempre dietro l’angolo, ma la logica non smette mai di fare capolino.

Il mastino stesso, figura centrale della leggenda, viene evocato più che mostrato. Ed è questo il segreto: il terrore è tutto nella suggestione. Finché non si rivela per quello che è…

Holmes, Watson e la potenza del metodo

Il romanzo è anche un inno alla razionalità. Holmes, pur restando in disparte per buona parte della vicenda, guida l’indagine con freddezza, pazienza e acume. È lui a capire che dietro la leggenda si nasconde un piano umano, guidato dall’avidità. Ma è Watson, con la sua sensibilità e il suo spirito d’osservazione, a vivere in prima linea le emozioni e i pericoli della storia.

L’equilibrio tra i due è perfetto: Watson rappresenta il lettore medio, pieno di domande, paure e intuizioni incomplete. Holmes, invece, è la mente lucida che mette ordine nel caos. Eppure, proprio in questo romanzo, Watson non è solo spalla: è protagonista attivo, e la sua voce narrante guida e immerge nel romanzo, dando calore e umanità alla vicenda.

“Il mastino dei Baskerville”, un classico che non invecchia

“Il mastino dei Baskerville” non è un semplice enigma, è un viaggio nei miti e nelle paure, un romanzo che gioca con il folklore ma si rifiuta di cadere nella superstizione. È anche un’ode al metodo, alla ragione che illumina anche gli angoli più oscuri della realtà.

Conan Doyle, che nella vita credeva anche allo spiritismo, scrive qui una delle storie più razionali della sua produzione: un’indagine impeccabile mascherata da racconto di fantasmi. E questa ambiguità è ciò che rende il romanzo così moderno, così affascinante ancora oggi.

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